Architetti a dialogo: Mario Cucinella intervista Dante Bini
Il prossimo 20 febbraio, a Bologna, l'architetto Dante Bini riceverà il Premio Emilia-Romagna Cultura. Intervistato per l'occasione dal collega Cucinella, è lui stesso a ripercorrere la sua storia
“Ti devo dire Mario: se non l’hai mai fatto, prendi un pezzo di granito, fattelo spaccare e lì senti il profumo dello spazio e del tempo”. Ecco uno dei passaggi più intensi della lunga conversazione tra due architetti italiani distanti per generazione di appartenenza, ma accomunati dal legame con l’Emilia Romagna.
Uno è Mario Cucinella, l’altro è Dante Bini: si incontrano sulle colline di Arezzo per un’appassionata conversazione, in cui il progettista del prossimo Padiglione Italia a Expo 2025 Osaka veste gli inediti panni di intervistatore. Insieme alla cantante lirica Raina Kabaivanska, Bini è stato scelto per l’edizione d’esordio del Premio Emilia-Romagna Cultura: martedì 20 febbraio 2024 saranno il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e l’assessore alla cultura e al paesaggio, Mauro Felicori, ad assegnare al progettista di origini modenesi, classe 1932, il nuovo riconoscimento.
Gli viene attribuito per “gli straordinari risultati conseguiti nella ricerca architettonica e nello sviluppo di tecniche costruttive innovative”. Il riferimento è, chiaramente, agli oltre cento brevetti sull’automazione di cantiere frutto delle ricerche di Bini, conosciuto a livello internazionale soprattutto per aver messo a punto, a metà degli anni Sessanta, la tecnica costruttiva nota come Binishell.
Costruire con l’aria: la storia dell’architetto Dante Bini
Si tratta di un sistema, adottato in centinaia di edifici in tutto il mondo e divenuto il tratto distintivo della sua produzione, che permette di costruire strutture a cupola in calcestruzzo armato sottile attraverso l’utilizzo congiunto di armature metalliche e casseforme pneumatiche da gonfiare.
Proprio nella sua città natale, Castelfranco Emilia, Bini riuscì – letteralmente – a sollevare la prima cupola realizzata con questa modalità: un risultato ottenuto in seguito a una serie di studi sull’efficienza statica delle strutture voltate. Ma è negli Stati Uniti che, poco dopo le prime esperienze nel modenese, il Binishell intraprese la sua ascesa globale, conquistando un significativo successivo trainato anche dalle “infinite variazioni di forma” che consente di ottenere.
Proprio il paese nordamericano, dagli anni Settanta, è divenuto la seconda casa di Bini, che qui ha scelto di vivere e di approfondire vari ambiti della progettazione architettonica, tra cui le strutture geodetiche e i metodi di prefabbricazione in legno e in acciaio.
Della sua carriera – profondamente internazionale (significativa l’attività in Australia) e itinerante – attraverso l’assegnazione del premio, la Regione Emilia-Romagna intende enfatizzare il “pragmatismo emiliano”, considerandolo un aspetto complementare del successo di Bini, accanto alla sua visionarietà e allo slancio verso la sperimentazione.
La “Cupola” di Bini per Antonioni e Vitti
Con le sue avvolgenti architetture Dante Bini riuscì ad “affascinare” perfino una delle coppie più popolari del cinema italiano del Novecento. Ampiamente nota è infatti la vicenda della cosiddetta Cupola, residenza estiva sarda del regista Michelangelo Antonioni e dell’attrice Monica Vitti.
Tuttavia né l’eccezionalità e il rilievo architettonico di questa struttura, né l’aver accolto figure influenti della scena culturale hanno sottratto la dimora dal suo destino di abbandono e degrado, denunciato da tempo anche dalla stampa. Sottoposto dal 2015 alla Dichiarazione di Interesse culturale, da parte del ministero competente, lo scorso luglio l’immobile è stato vandalizzato. Un evento portato alla ribalta nazionale dagli organizzatori del festival Abitare la Vacanza, che proprio in Sardegna avevano individuato uno dei tre poli di interesse della loro kermesse (includendo nel circuito anche l’opera di Bini).
Chissà che il riconoscimento regionale, attestando ancora una volta l’unicità di Bini e della sua produzione, non possa contribuire a tenere accesi i riflettori anche sulla sua più conosciuta opera italiana, incidendo sull’auspicata rinascita.
Valentina Silvestrini
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