Intervista al disegnatore Daniele Serra. Ecco com’è il nuovo volto a fumetti di Dylan Dog
Brillante e sofisticato illustratore horror dalla cifra stilistica unica e inconfondibile, Daniele Serra, cagliaritano classe 1977, conquista un altro importante traguardo: disegnare Dylan Dog
Appassionato di disegno e fumetto, con il sogno fin da giovane di lavorare in questo campo. Prima di diventare un professionista in questo settore, la vita lo ha portato a fare diversi lavori e anche gli studi sono stati tutt’altro che artistici, “ma il mio desiderio e l’amore per l’arte”, spiega, “mi hanno portato alla fine a riuscire a realizzare quello che avevo in mente fin da piccolo, cioè riuscire a vivere grazie al disegno”. Nel 2024 una nuova scommessa: disegnare Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo ideato da Tiziano Sclavi ed edito dalla Sergio Bonelli Editore.
Chi è Daniele Serra e qual è stato il percorso che ti ha permesso di raggiungere la notorietà come illustratore e fumettista?
Ho 46 anni, ho sempre vissuto nella mia città natale: Cagliari. Faccio questo lavoro ormai da quasi 15 anni e mi sono potuto togliere molte soddisfazioni, sia come illustratore, nel collaborare con scrittori e case editrici che ho sempre ammirato, sia come fumettista. Il mio percorso è stato abbastanza “non lineare”, nel senso che ho fatto degli studi tecnici, per poi andare a studiare all’università e capire molto presto che l’ingegneria elettronica non era la mia strada, di conseguenza ho cercato lavoro. Per 6-7 anni ho fatto il grafico pubblicitario, lavoro che mi ha avvicinato alla creatività e all’ambiente artistico e mi ha aiutato a sviluppare professionalità. In quel periodo lavoravo di giorno e disegnavo la notte, fino a che ho iniziato a raccogliere un po’ di contatti e come sono iniziati i lavori come illustratore ho deciso di lasciare il lavoro come grafico e dedicarmi interamente all’illustrazione.
E i premi hanno iniziato a fioccare, parlacene.
Il 2012 è stato il mio anno di svolta, ho iniziato a collaborare con case editrici e sono arrivati i primi riconoscimenti, come il British Fantasy Award e altri premi inerenti al campo dell’illustrazione horror e fantasy. Questi premi mi hanno dato una forte spinta e un incoraggiamento a continuare su questa strada che comunque ho dovuto percorrere gradino per gradino senza mai fare salti, passando per tutti passaggi dalla piccola casa indipendente fino ad arrivare alle produzioni più grosse. In particolare, il BFA è stato significativo perché in Inghilterra è un premio molto importante per l’arte e la letteratura. Negli ultimi anni, oltre ad aver rivinto il BFA, ho avuto anche la soddisfazione di essere nominato per due volte nella short list del World Fantasy Award, che è il premio più ambito per la letteratura e l’arte fantastica, vinto in passato da grandissimi autori che considero miei maestri.
Hai illustrato centinaia di cover e innumerevoli albi. Come riesci a creare un immaginario prendendo le mosse da un altro immaginario?
Ho la fortuna di lavorare per progetti molto legati al mio immaginario personale; quindi, non mi è difficile calarmi nel giusto mood e riuscire a interpretare i mondi creati da qualcun altro trasformandoli in disegni. Ho davvero la fortuna, in linea di massima, di venire chiamato per progetti che sono molto vicini alle cose che amo, all’horror in particolare, di conseguenza la codificazione del testo letterario in disegni avviene in maniera naturale nella maggior parte dei casi. Per ora non ho avuto grossi problemi a livello creativo, sono sempre riuscito a ricreare mondi che avessero un senso all’interno dei progetti e spero che continui così anche in futuro. Sicuramente mi aiuta il fatto di guardare molto cinema e leggere molti libri, questo è un costante nutrire e mantenere viva l’immaginazione, la voglia di scoprire nuovi mondi e quindi disegnarli.
Definisci il processo creativo di una tua illustrazione.
Il mio processo creativo è istintivo, non faccio molti bozzetti preparatori ma mi lascio andare nel momento dell’esecuzione del lavoro. Fondamentalmente, una volta che mi viene dato il concept, l’idea su cui lavorare, la tengo in testa e comincio a pensarci per un po’ di giorni senza buttare niente sulla carta ma solo immaginando le cose nella mia testa, fino a che non inizia a crearsi qualcosa che abbia senso. Dopo di che, nel momento in cui ho chiaro quella che è l’idea di massima, la metto su carta e faccio il primo bozzetto che viene mandato all’editor per approvazione. È un bozzetto molto veloce che mette in risalto principalmente equilibri, luci e ombre e i pesi all’interno dell’illustrazione. Una volta che viene approvato passo alla realizzazione finale e alla definizione dei dettagli eseguita tramite acquerello. Di solito non faccio prove di colore ma lascio molto margine all’improvvisazione, sia per quanto riguarda i dettagli dell’illustrazione finale sia a livello di colore, mi faccio trasportare dall’illustrazione stessa, questo è permesso dall’acquerello che è un medium dove l’acqua ha un carattere forte e importante di indeterminatezza.
Hai cominciato una nuova avventura con Dylan Dog. Come sei arrivato a questo traguardo?
È arrivato in maniera naturale e graduale. Solo negli ultimi anni ho iniziato a lavorare in Italia, infatti principalmente ho lavorato all’estero. Ultimamente invece ho iniziato a collaborare anche con case editrici italiane, tra cui la Sergio Bonelli Editore. Sono stati anni molto interessanti e intensi che mi hanno permesso di intraprendere relazioni e collaborazioni con vari autori italiani e editor molto competenti. Questa estate è cambiata la curatela di Dylan Dog che è passata a Barbara Baraldi, la quale mi ha contattato subito dicendo che da parecchio apprezzava il mio lavoro e chiedendomi se avessi piacere di collaborare alla realizzazione di Dylan Dog. Per me è stato un momento di corto circuito, perché mi sono rivisto ragazzino quindicenne con tutta la sua collezione di Dylan Dog che sogna un giorno di essere nel team dei disegnatori. Al momento sto realizzando una storia per il Color Fest totalmente realizzata ad acquerello che speriamo veda la luce al più presto.
Ma questo non è l’esordio con Bonelli, giusto?
Giusto, non è l’esordio Bonelli, ho avuto precedentemente la fortuna di realizzare la graphic novel The Gentleman’s Hotel, tratta da un romanzo di Lansdale e sceneggiata da Luca Crovi, un po’ il mio battesimo di fuoco con questa casa editrice. Il volume è andato bene e così mi ha dato la possibilità di instaurare un rapporto più continuativo.
A novembre è stato pubblicato il tuo ultimo art book, ce ne parli?
Si, a novembre è stato pubblicato VISIONI, sempre per la Sergio Bonelli Editore, un art book che contiene la maggior parte delle mie illustrazioni degli ultimi cinque anni, tra copertine, illustrazioni interne, poster e lavori personali, è un po’ un riassunto, un mettere un punto sul mio percorso. È una cosa che avevo in mente di fare, e poterla fare con Sergio Bonelli Editore è stata per me la massima soddisfazione, anche perché questo editore produce principalmente fumetti e il mio è uno dei primi art book che ha pubblicato. Contiene circa 150 illustrazioni, all’interno è presente un’intervista e, soprattutto, ha l’introduzione di Clive Barker, cosa che rende per me il volume preziosissimo e mi riempie di gioia perché si tratta di uno dei miei miti che mi hanno accompagnato nel corso della vita.
Recentemente sei stato ospite al Fantasticon Film Fest con Dario Argento e Lamberto Bava. Com’è stata questa esperienza?
È stata un’esperienza veramente emozionante, poter essere invitato insieme a due maestri che mi hanno ispirato tanto con i loro film e poterci dialogare e confrontare, è stata veramente un’esperienza unica. Amo da sempre l’horror italiano degli anni 60-70-80, Bava e Argento si posizionano sicuramente tra i più importanti in questo panorama. La cosa bella è che, avendo un’età avanzata, hanno mostrato nei miei confronti un atteggiamento paterno che mi ha fatto veramente commuovere. Il festival è organizzato molto bene, con in programma tantissime visioni e incontri, io in particolare ho avuto un talk con Laberto Bava, Andrea Ferro dei Lacuna Coil, Luca Crovi, Paolo Barbieri grande illustratore italiano, dove abbiamo parlato di cinema horror, illustrazione e tanto altro. La cosa che ammantava tutto il festival e i suoi ospiti era proprio la passione e questo mi fa sempre ragionare sul fatto che l’amore per il proprio lavoro sia la cosa che più aiuta a raggiungere risultati.
Qual è il tuo concetto di bellezza?
Sto ragionando molto sul mio concetto di bellezza o su ciò che mi piace, penso che sia tutto strettamente collegato. Ho notato che sono sempre meno affascinato, più vado avanti, dalle capacità tecniche, ma sempre più dall’urgenza che porta un artista ad esprimersi, qualunque sia la forma d’arte. Quindi il mio concetto di bellezza è in qualche modo legato a doppio filo con il pensiero che sta al momento dell’atto creativo, con la forza interiore che fa vivere l’opera. Detto ciò, in questo momento della mia vita, sto scoprendo la bellezza anche in forme d’arte che fino ad ora avevo un po’ trascurato, come la poesia e la fotografia, che mi stanno aiutando a concepire il bello in una forma più completa.
Un tuo parere sull’intelligenza artificiale applicata all’illustrazione.
A dire il vero, sto ancora cercando di farmi un’idea più precisa di quello che sta nascendo riguardo queste nuove forme di tecnologia. Posso dire che sono scettico sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle forme d’arte, perché penso che l’arte sia un’espressione dell’essere umano, che nasce da una sua urgenza, da una sua esigenza proprio in quanto essere umano. Se l’AI rimanesse un supporto a sostegno dell’essere umano a creazione di arte, non vedrei problemi, ma se l’essere umano si dovesse ridurre a digitare dei comandi e l’opera venisse interamente realizzata dall’AI non so quanto senso potrebbe avere. Rimango curioso di capire bene cosa succederà in futuro.
A cosa lavori in questo frangente e quali sono i progetti futuri.
In questo momento sto lavorando a Dylan Dog, a una graphic novel tratta da un videogioco della Play station e ad alcuni libri illustrati e copertine. Come progetti futuri ci sono delle cose in ballo che ancora non posso dire, però spero che si realizzino perché mi farebbe davvero molto piacere. Sto lavorando comunque sempre nell’ambito dell’editoria, ma speriamo di poter sfociare anche in altri ambienti collaterali. Staremo a vedere!
Roberta Vanali
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