L’esperienza del Male. Fabio Mauri e la sua mostra a Torino
Al Castello di Rivoli una grande rassegna dedicata a Fabio Mauri, tra i più rilevanti artisti e intellettuali italiani del Dopoguerra. Capace di leggere il Fascismo e il male come pochi altri
Il Castello di Rivoli presenta la mostra Fabio Mauri. Esperimenti nella verifica del Male. Non un artista, né uno studioso, ma la comunione stessa dei termini: Fabio Mauri (Roma, 1926 – 2009) è il punto esatto in cui l’idea si concepisce per poi concretizzarsi, è la giuntura intellettuale tra la pratica dell’arte e la sua riflessione filosofica.
Fabio Mauri e gli schermi
Mauri vive l’Italia segnata dalla Seconda Guerra Mondiale, sente nelle narici l’odore della morte, sulla pelle il retro di una realtà fantoccia, una propaganda subdola, dove lo schermo è il nuovo volto del mondo, il segno della nuova civiltà mediatica. Cinema e televisione entrano nel quotidiano offrendo una nuova immagine della società, semplice da cogliere e soprattutto strutturata in maniera tale da rielaborare l’idea di memoria e di finzione. Lo schermo non termina nella sua utile funzione di “canale” ma si snoda in un aspetto durevole e centrale: la volontà di portare a reazione e reagire ad una struttura comunicativa azzerata, che persiste in termini più sottili anche oltre le logiche del regime. Mauri si presenta così come un veggente, preannunciando il nostro oggi, con un anticipo impensabile: in pieno boom economico, nella grande Roma, vive e frequenta gli artisti intorno alla Galleria La Tartaruga, comprende per primo l’impatto dello schermo nelle nostre vite.
La sperimentazione del male nell’opera di Fabio Mauri
La scoperta dei campi di concentramento, dopo la guerra, porta Mauri di fronte ad un muro elettrico in continuo contatto, dove ogni scossa spacca l’anima, frantuma l’idea, mette in discussione l’intero genere umano. L’uomo, la creatura perfetta di Dio, è divenuto egli stesso un dio, un creatore di dolore, tanto grande da distruggere se stesso nel prossimo. Una condizione che l’artista tenta di elaborare, per comprenderne le spinte, attraverso un’immersione senza respiro nella religione e nei suoi testi. Percepisce di questa realtà tutto il suo freddo processo, ma l’idea di non comprenderne la natura, la motivazione, lo distrugge e lo conduce, attraverso la scrittura di diari e l’elaborazione di disegni, alla ricerca di una logica concreta.
L’esperienza del dolore è riflessione, lunghi momenti di silenzio, filosofia di una ragione inspiegabile. Per dirla con le parole di Natalia Ginzburg, “Una volta sofferta l’esperienza del male non si dimentica più”.
La mostra di Fabio Mauri al Castello di Rivoli
In collaborazione con lo Studio Fabio Mauri e a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, coadiuvata da Sara Codutti e Marianna Vecellio, Fabio Mauri. Esperimenti nella verifica del male è un percorso espositivo fatto di carne, paura, vita e morte, dove le opere dell’artista, disposte a cronaca di un’esperienza profonda e segnante, narrano la riflessione in chiave filosofica di una consapevole conoscenza. Una mostra che evidenzia la parte più intima della produzione dell’artista: oltre 170 opere su carta e installazioni, tra cui i suoi famosi Schermi, nonché una originale selezione di diari e libri provenienti dalla sua biblioteca. Tutto progettato al fine di evidenziare il suo “esperimento del mondo”.
Stanza dopo stanza, gli ambienti accompagnano il visitatore in un mondo il cui tempo è scandito dalla presenza di disegni di impronta religiosa, dove Mauri rappresenta il dolore della sua malattia attraverso le linee di una ricerca intima e costante, tra religione e filosofia.
Percorrendo gli spazi espositivi, il visitatore si immerge in un vissuto travolto da un vortice di “sperimentazioni” che hanno il compito di guardare oltre la manifestazione del fatto in sé oltre la dinamica nella sua costruzione, intendono vedere tra le righe di una storia crudele, tra le parole di una propaganda subdola.
Nella Sala 38, adiacente alla passerella al terzo piano, è presentata l’opera I numeri malefici, 1978, realizzata da Mauri per la Biennale di Venezia dello stesso anno e donata al Museo dagli Eredi Mauri in occasione dell’esposizione.
Mauri, anche nella sua infanzia privilegiata, cerca un senso, indaga e propone risposte tra le pagine dei diari esposti, tra visioni quasi ancestrali e allucinate. Il dolore, la sperimentazione del male assumono forme diverse ma tutte accomunate da un senso di colpa che non trova fine, o forse nella fine trova comprensione.
Grazia Nuzzi
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