16 artisti italiani e belgi portano l’arte contemporanea agli Uffizi
Tavolette in 16:9 si confrontano con le grandi opere del passato conservate a Firenze. Mentre il museo cambia direttore si prepara una svolta per degli Uffizi più contemporanei?
Deve essere una magnifica ossessione per un artista contemporaneo esporre in un santuario che conserva la summa della storia dell’arte, dialogando con i maestri e potendo scegliere tra quelli che certamente più hanno ispirato, incoraggiato, incanalato la propria storia personale e professionale. Forse questo è un po’ ciò che avvenuto agli Uffizi a Firenze, con la mostra Land In Land Out, frutto della ricerca di un gruppo di artisti italiani e belgi – otto e otto in parti uguali – traghettata, scardinando le regole, e inaugurando forse una stagione contemporanea nel Museo, ideata e promossa con l’Associazione Modo con sede a Bruxelles, fondata dagli artisti Serena Fineschi, Laura Viale e Alessandro Scarabello, anch’essi in mostra.
Gli artisti della mostra Land in Land Out
Artisti che si fanno curatori in questo frangente, con la complicità di Francesca Sborgi per gli Uffizi e di altri 13 colleghi: Lucia Bru, Hans Demeulenaere, Edith Dekyndt, Stef Driesen, Hans Op de Beeck, Nathalie Du Pasquier, Tina Gillen, Marco Neri, Luca Pancrazzi, Serse, Pieter Vermeersch, Luca Vitone, Sophie Whettnall. C’è una grande delicatezza e una certa ironia nello scegliere di confrontarsi con i grandi del passato ribaltando la logica delle dimensioni che vogliono solitamente un’arte del presente monumentale e presentando tavolette in 16:9. Per Land in Land out i 16 hanno invece costruito un percorso espositivo articolato ma intimo, come intima è la conversazione tra le opere, inserendo un elemento di rottura che lo spettatore più attento – in quella che è spesso un po’ una visita complessa in un museo affollato come gli Uffizi – dovrà scovare nelle teche poste a mo’ di secretaire tra una stanza e l’altra.
Le opere nella mostra Land in Land Out
Avviene dunque che Serena Fineschi e Edith Dekynt si confrontino con l’Annunciazione trecentesca del senese Simone Martini. Il fondo oro torna poetico ed evocativo (una piccola madreperla fa da punctum mentre il colore digrada quasi fosse investito dalla penombra) anche nella Stella Maris della Fineschi, che probabilmente col “compaesano” Martini ci ha chiacchierato fin dall’infanzia, mentre la collega belga scarnifica il segno uscendo dalla seconda dimensione. Con Ambrogio Lorenzetti parlano Marco Neri e Tina Gillen, il primo creando come di consueto una finestra sulle forme dell’arte alternando alla luce dell’oro il nero della notte. Luca Vitone e Lucia Bru costruiscono nuove cartografie bicrome nel terrazzo delle carte geografiche, Alessandro Scarabello e Stef Diessen si lanciano in esercizi chiacchierando, con una preziosa coppia di tavolette, quasi miniature, di Fra Bartolomeo, visibile fronte retro.
L’opera di Scarabello, con la proporzione tra i vuoti e i grigi e con i rossi che dividono lo spazio sparigliando le carte, crea uno dei confronti più efficaci del percorso espositivo. I paesaggi surreali di Nathalie Du Pasquier e i solidi di Hans Demeulenaere fanno da contraltare all’Allegoria Sacra di Giovanni Bellini, mentre con Il Veronese dialogano Laura Viale e Pieter Vermeersch, verso l’annullamento del segno del tempo e dello spazio. Luca Pancrazzi e Sophie Whettnall scelgono di dare lustro alle geometrie e alle architetture tirandole fuori dall’Annunciazione di Lorenzo Di Credi.Chiudono il cerchio, ragionando col Tintoretto, Serse e Hans Op De Beeck, quest’ultimo dimostrando che la plastica può essere eroica anche se non è fatta di bronzo o marmo.
Santa Nastro
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