“Dobbiamo attraversare il caos”. Intervista alla regista belga Caroline Leboutte
15 attori professionisti, una rete di 14 realtà teatrali nazionali, 2 giorni e mezzo di lavoro, una regista belga di fama internazionale: Caroline Leboutte. Questa la masterclass intensiva di regia teatrale organizzata dalla Rete Spettacolo Verona Professionisti
Lei è conosciuta in Italia per lavori come Lupus in Fabula/ Non gridare al lupo!, Carmen Remix e Milo, Maya e il Giro del mondo. Quest’ultimo ha vinto anche il premio Fedora – Rolf Lieberman Prize for Opera 2014. Recentemente ha firmato al Regio di Parma la regia di un Flauto magico ispirato all’omonima opera di Wolfgang Amadeus Mozart. Il percorso di Caroline Leboutte (1980) inizia all’Institut des Arts de Diffusion. Un diploma nel 2002 e la laurea due anni dopo al Centre d’Etudes Théâtrales, che ha completato nel 2004. Oggi, insegna al Conservatorio Reale di Liegi, CRLG.
Il workshop condotto da Caroline Leboutte
Con i partecipanti al workshop di Verona, ha condiviso le logiche e le pratiche della messa in scena teatrale: come si adatta un testo, come si scelgono stile e tecniche. Gli attori, dai background più diversi, hanno analizzato e praticato modelli di messa in scena cercando di costruire progetti di regia sul palco del Teatro Filippini. L’artista, fortemente voluta da Fondazione Aida, ha lavorato, tra gli altri, con Eric de Staerke, Dominique Serron e Daniel Donies e la sua poetica respira la follia dell’aria belga, alla Jan Fabre per intendersi, ma l’attenzione alla relazione tra corpo e spazio arriva dritta dritta da Pina Bausch… “Spesso mi chiedo, cosa si vede di me? È importante non assomigliare a nessuno, per questo lavorare con i bambini può essere congeniale”.
L’intervista a Caroline Leboutte
Come si strutturano i suoi workshop?
Cerco di dare la possibilità di essere creativi nella pratica del teatro: trovare il modo di riconoscere zone interessanti tra il corpo, lo sguardo, la voce, il contatto con l’altro. Zone libere da strutture preordinate.
Quindi la creatività è…?
La creatività è essere disponibili a ciò che succede. Mettersi in ascolto di ciò che può accadere veramente.
Cos’è per lei fare ricerca?
La ricerca è accumulo di materiali da cui poi si sceglierà ciò che darà una forma allo spettacolo. Ciò che si sceglie si sente e arriva da dentro, non arriva dalle luci, dalla musica, che spesso coprono la carenza di idee. Presenza e corpo, quello dà la vivacità e la vitalità al lavoro.
Quando arriva il testo nel processo creativo?
Il testo non può essere più importante del corpo o dello spazio. È un elemento che deve mantenere il contatto con il pubblico. Sul palco non siamo mai soli, la relazione con il pubblico è fondamentale.
Certo teatro storico di ricerca è particolarmente serioso nella sua auto-referenzialità. Manca di ironia…
Ho iniziato il teatro da bambina, se non siamo come bambini tutto diventa noioso. Bisogna lavorare con questa libertà.
Difficile essere liberi dagli obblighi delle produzioni e del botteghino…
Sì, è difficile, ma dobbiamo attraversare il caos, la confusione, questa per me è la strada, può essere faticoso ma rende liberi.
In alcune città dove manca una formazione continua e una rete con le istituzioni educative, i giovani preferiscono farsi un aperitivo piuttosto che andare a teatro…
Bene inventiamoci uno Spritz-Shakespeare!
Simone Azzoni
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