Caravaggio a Napoli. In città arrivano la “Flagellazione” e “La Presa di Cristo”
Due mostre nel cuore della città celebrano il legame del pittore lombardo con il capoluogo campano, creando un itinerario ideale votato alla scoperta del Merisi accanto a “Le Sette opere di Misericordia” e al “Martirio di Sant’Orsola”
Caravaggio (Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610) a Napoli. In fuga dallo Stato Pontificio, dopo la condanna per l’omicidio di Ranuccio Tomassoni commesso a Roma, l’artista trovò rifugio nell’allora capitale del Regno borbonico alla fine del 1606. I mesi che seguirono furono densi di commissioni: al 1607 data la realizzazione della grande tela con Le Sette opere di Misericordia, dipinta dal Merisi per la chiesa del Pio Monte della Misericordia, in copia di un lauto compenso (400 ducati), ampiamente ripagato dalla qualità della composizione e dell’approccio luministico, che tanto avrebbe influenzato l’affermarsi del naturalismo a Napoli nel XVII Secolo.
Le opere di Caravaggio a Napoli
Oggi l’opera si apprezza ancora presso la chiesa e la Quadreria del Pio Monte della Misericordia, in via dei Tribunali. Ma non è l’unica traccia del legame di Caravaggio con il capoluogo campano, che conserva testimonianza anche del secondo passaggio dell’artista in città, tra il 1609 e il 1610 – poco prima di trovare la morte sulla costa laziale – di ritorno dal soggiorno a Malta e in Sicilia. Nel maggio del 1610, Caravaggio consegna la sua ultima opera, il Martirio di Sant’Orsola, commissionato dal banchiere genovese Marcantonio Doria, terminato con grande premura proprio a Napoli, prima di lasciare la città alla volta di Porto Ercole: il dipinto, spedito a Genova, vi rimase fino al 1832, quando fu riportato a Napoli da Maria Doria Cattaneo. Nel 1973 è stato acquistato dalla Banca Commerciale Italiana (attuale Intesa Sanpaolo) e oggi si ammira alle Gallerie d’Italia nell’ex Palazzo del Banco di Napoli, realizzato da Marcello Piacentini. Completa la triade dei capolavori di Caravaggio ospitati in città la Flagellazione di Cristo (1607) dipinta in origine per la chiesa di San Domenico Maggiore, e dal 1972 nelle collezioni del Museo di Capodimonte. Esposto a Parigi in occasione del gemellaggio tra Capodimonte e il Louvre – che ha prodotto la mostra Napoli a Parigi: il Louvre invita il Museo di Capodimonte, dal 7 giugno 2023 all’8 gennaio 2024 – il dipinto è da poco rientrato in città, ed eccezionalmente, dal 28 febbraio fino al 31 maggio, sarà esposto al Museo Diocesano di Donnaregina, prima di rientrare a Capodimonte.
Due mostre per riportare Caravaggio nel centro di Napoli
L’iniziativa promossa dal Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno ha intenzione di riavvicinare l’opera, per secoli esposta in centro città, al territorio, sfruttando l’opportunità per raccontare il contesto di provenienza e le vicende della famiglia Franchis, che commissionò il dipinto per la cappella in San Domenico Maggiore. Dunque approfondendo anche il cosiddetto “secolo d’oro” dell’arte napoletana, quel Seicento che vide fiorire grandi cantieri in gran parte legati alla decorazione di chiese e cappelle.
Ma l’omaggio di Napoli a Caravaggio, nel corso della primavera alle porte, si concretizzerà anche con l’arrivo in città del dipinto con La presa di Cristo, esposto a Palazzo Ricca a partire dal 2 marzo 2024. Su via dei Tribunali, a meno di trecento metri dal Pio Monte della Misericordia, il palazzo è sede dell’Archivio del Banco di Napoli, dove si conserva un contratto firmato dal Merisi che attesterebbe l’accordo per la realizzazione di un’altra opera commissionatagli in città, di cui però non si hanno notizie. L’esposizione della Presa di Cristo, a cura di Francesco Petrucci e Don Gianni Citro, invece, si concentra su un’opera della collezione Ruffo, esposta recentemente nel Palazzo Chigi di Ariccia, dopo un lungo periodo di oblio. Prima di ricomparire ad Ariccia, infatti, il dipinto fu esposto, alterato da diversi ritocchi, nel 1951 nella mostra su Caravaggio curata da Roberto Longhi al Palazzo Reale di Milano. Dopo un accurato restauro, e indagini diagnostiche che ne confermerebbero l’autografia, l’opera sta conoscendo una nuova fama. E la tappa napoletana lo conferma.
Livia Montagnoli
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