Dal 2 marzo al 27 aprile 2024, Spazio 21 di Lodi ospita la mostra “Cosmologie” a cura di Angela Madesani, una riflessione sul tema del cosmo operata da 14 artisti: Francesco Carone, Pierpaolo Curti, Francesco Del Conte, Sabine Delafon, Francesco De Molfetta, Elena El Asmar, Serena Fineschi, Satoshi Hirose, Alberto Messina, Concetta Modica, Luca Pancrazzi, Paolo Parma, Carlotta Roda, Eugenia Vanni, Serena Vestrucci.
L’affascinante spazio ex industriale lodigiano accoglie venticinque lavori che vanno dalla scultura all’installazione, dalla fotografia alla pittura, di artisti italiani e stranieri, con background e appartenenze diverse, che nella loro ricerca analizzano, interpretano e plasmano il tema della mostra che indaga la conoscenza della struttura e dell'ordinamento dell'universo.
Lontana dalle ricerche di natura prettamente scientifica o filosofica, la rassegna racconta l’approccio degli artisti nei confronti della volta che ci circonda e sovrasta e che per molti versi rimane ancora avvolta nel mistero: «Le opere – precisa la curatrice – sono legate fra loro non tanto da comunioni stilistiche o linguistiche, quanto dalla regia curatoriale, senza pretesa alcuna di dare vita a una catalogazione di artisti che hanno lavorato e che lavorano in tal senso.»
Lo sguardo giovane di Carlotta Roda (1999) cattura attraverso strumentazioni specifiche - un telescopio guidato da uno strumento di precisione che permette di inseguire il moto di un astro nel cielo, e una macchina fotografica che offre una maggiore sensibilità alla luce – il mondo celeste con immagini di grande formato, scatti che diventano poi opere installative dove macro e microcosmo entrano in un dialogo non sempre prevedibile. I lavori fotografici di Francesco Del Conte (1988) guardano al cielo stellato da luoghi diversi tra loro, anche dal punto di vista dell’inquinamento ambientale, tenendo come punto di riferimento le costellazioni. Sono a prima vista romantici firmamenti celesti quelli del fotografo Paolo Parma (1958), svelandosi poi nella realtà quali riprese ravvicinate della polvere. Una simile ambiguità dello sguardo è presente anche nel lavoro di Concetta Modica (1969), in cui fusioni di sepali di pomodoro appaiono come stelle su tavole dipinte.
Una grande tela da biliardo consunta è leggibile come una volta celeste nel lavoro di Francesco Carone (1975), quelli di Pierpaolo Curti (1972) sono paesaggi apparentemente privi di una via di scampo.
La pittura gioca un ruolo portante nella mostra di Lodi, così nei lavori dei toscani Eugenia Vanni (1980), Elena El Asmar (1978), Luca Pancrazzi (1961), Serena Fineschi (1973).
Installative sono le opere del giapponese Satoshi Hirose (1963), che lavora da molti anni sul tema del cielo, e della francese Sabine Delafon (1975), che attraverso materiali ready-made dà vita a una sorta di grande stella con un chiaro riferimento al pittore olandese Rembrandt.
È invece un libro-opera il lavoro firmato da Serena Vestrucci (1986), in cui l’artista utilizza un volume di matrice astronomica di cui scava le pagine per dare vita a un fiore, in un rapporto intenso fra diverse entità.
Alberto Messina (1994)
porta dei lavori fotografici in cui le protagoniste sono le piccole stelle di pietra collocate sul muro del Planetario di Milano.
L’opera di Francesco De Molfetta è una fusione in bronzo di un cellulare con lo schermo nero vuoto. È un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso che dal suo interno non può uscire nulla, nemmeno la luce. |