Ad Ancona la mostra che fa viaggiare tra le maggiori correnti artistiche del ‘900
La rassegna ospitata alla Mole Vanvitelliana si intitola “Dal Futurismo all’Informale”, ed è una lunga e corposa escursione alla scoperta degli episodi salienti dell'arte visiva, dai primi del Novecento agli anni Sessanta
Più che una mostra è un vero e proprio viaggio nelle evoluzioni dell’arte italiana dello scorso secolo, quello attualmente in scena negli spazi della Mole Vanvitelliana di Ancona. Concepita dal Mart di Rovereto, dove è stata già presentata nel 2023, e curata da Alessandra Tiddia, la mostra Dal Futurismo all’Informale è una lunga e corposa escursione alla scoperta degli episodi salienti dell’arte visiva dai primi del Novecento agli anni Sessanta. Sei decenni di storia, dunque, indagati attraverso le testimonianze più brillanti e rappresentative delle correnti stilistiche che si sono susseguite nel corso del tempo nel nostro Paese.
Le avanguardie del primo ‘900 in mostra alla Mole Vanvitelliana di Ancona
Nato da un’idea di Vittorio Sgarbi, e aperto al pubblico fino al 1° aprile, il progetto prende il via con l’omaggio al Futurismo. Ad accogliere il pubblico nei frangenti iniziali della mostra sono i capolavori degli artisti appartenenti a questa avanguardia: su tuttiFortunato Depero, qui posto in dialogo con i “colleghi” Giacomo Balla e Gino Severini, parte del gruppo fondatore del movimento (particolarmente suggestivo è il confronto tra l’arazzo di Balla e le tarsie in panno che Depero produsse per la sua Casa d’Arte, l’innovativa officina di arti applicate aperta a Rovereto nel 1919). Completano questa prima sezione i disegni e le tele degli aeropittori Tullio Crali e Mino Delle Site, autori di una visione inedita e vertiginosa del paesaggio. Pulsioni avanguardiste e aspirazioni classiche si incontrano invece nella pittura di Massimo Campigli, Carlo Carrà, Felice Casorati, Giorgio de Chirico e Giorgio Morandi, protagonisti dell’arte italiana tra le due guerre, che, declinando il dettato di “ritorno all’ordine”, trovano nel dialogo con l’arte antica gli stimoli per una nuova figurazione. Le opere esposte in questa parte del percorso condensano i motivi e le tematiche che più caratterizzano la produzione visiva degli Anni Venti: le infinite variazioni sul tema della natura morta in Morandi, l’atmosfera sospesa e la semplificazione delle forme in Carrà e Casorati, la stilizzazione arcaica delle figure femminili di Campigli e le atmosfere enigmatiche delle piazze e dei manichini di De Chirico. Per questi artisti la tradizione è il “porto sicuro” a cui fare ritorno per ripartire dopo il dramma del conflitto.
La pittura “comunista” di Guttuso e lo Spazialismo di Lucio Fontana alla Mole Vanvitelliana di Ancona
Dopo la parentesi dedicata a pionieri dell’Astrattismo quali Carlo Belli e Mario Radice, ci si sofferma sul confronto tra Renato Guttuso ed Emilio Vedova, scelti come riferimenti di due diverse tendenze che si consolidano nel secondo dopoguerra. Se il primo sceglie un linguaggio artistico più popolare e comprensibile, ricco di simboli e riferimenti all’universo comunista, il secondo muove verso una pittura di carattere gestuale: “Ora non mi preoccuperò più di tagliare profili netti, angolature esatte di luce ed ombra, ma scaturirà dal mio intimo direttamente luce e ombra, preoccupato unicamente di trasmettere l’immagine senza nessun revisionismo aprioristico, cosa che per lunghi anni avevo sentito”, scrisse l’artista veneziano. Si passa poi all’incontro con gli esponenti artistici che hanno dedicato le loro produzioni alla riflessione sul segno e sul simbolo: siamo negli Anni Cinquanta, ed è in questo contesto che si affermano le indagini di Giuseppe Capogrossi, Carla Accardi e Gastone Novelli. Assai più sovversive e radicali appaiono infine le azioni compiute da Alberto Burri e Lucio Fontana, ultimi protagonisti di questo lungo e suggestivo viaggio nelle più importanti correnti artistiche del secolo scorso. “Se Fontana si muove sollecitando il nostro sguardo a immaginare i grandi spazi lunari, un altrove siderale, guidato ora dall’oro, ora dal bianco, o dal colore acceso, Burri indaga le possibilità della materia, in relazione al tempo. Le sue combustioni sono tracce di un intervento passato, evocano un tempo trascorso, passato, ci ricordano la finitezza della materia ma anche del tempo, la sua la sua precarietà e fragilità”, racconta Alessandra Tiddia, curatrice della mostra.
Alex Urso
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