William Congdon – Essere-Uomo

Informazioni Evento

Luogo
CASA D’ASTE CAPITOLIUM ART
Via delle Mantellate 14/b-00165, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal lunedi al venerdì

10,00-13,30 /14,30-19,00

Vernissage
07/03/2024

ore 18

Artisti
William Congdon
Curatori
Daniele Astrologo Abadal
Uffici stampa
SCARLETT MATASSI
Generi
arte contemporanea, personale

Dopo cinquant’anni torna a Roma una mostra dedicata a William Congdon (1912-1998), artista spesso e con molte ragioni assimilato al gruppo degli espressionisti astratti americani, ma in realtà protagonista di una vicenda artistica ed esistenziale del tutto solitaria e che rappresenta un clamoroso caso unico nella storia dell’arte del dopoguerra.  

Comunicato stampa

Dopo cinquant’anni torna a Roma una mostra dedicata a William Congdon (1912-1998), artista spesso e con molte ragioni assimilato al gruppo degli espressionisti astratti americani, ma in realtà protagonista di una vicenda artistica ed esistenziale del tutto solitaria e che rappresenta un clamoroso caso unico nella storia dell’arte del dopoguerra.  

L’esposizione - aperta al pubblico da giovedì 7 marzo negli spazi di Capitolium Art Gallery con il titolo William Congdon. Essere-Uomo - si focalizza su un periodo ristretto ma cruciale della carriera di Congdon, il triennio 1949-1951, quello in cui l’artista mette a punto una sua peculiare ricerca in equilibrio tra la rivoluzionaria novità dell’Action Painting americana e la tradizione iconografica europea della pittura di veduta. 

 

La mostra

 

Il progetto espositivo curato dalla direzione artistica di Capitolium Art in collaborazione con The William G. Congdon Foundation si sviluppa attorno a otto opere di grandi dimensioni prodotte nel triennio 1949-1951, gli anni in cui - grazie al sostegno di Peggy Guggenheim e di Betty Parsons, la gallerista dei maestri dell’action painting - il mercato americano premia la pittura di Congdon  con quotazioni che, nel 1951, sono più alte di quelle di Pollock e di molti altri protagonisti della nuova avanguardia trattati dalla Betty Parsons Gallery.

Gli storici lavori in mostra, per lo più provenienti dalla collezione della Congdon Foundation e da un’importante collezione privata, compongono un allucinato Grand Tour attraverso l’Italia dell’immediato dopoguerra, un paese punteggiato dalle rovine di una civiltà millenaria e dalle macerie di un conflitto da poco concluso, portando il visitatore da Roma a Venezia passando per la selvaggia natura d’Abruzzo, l’Umbria e la Toscana.

I soggetti scelti da Congdon sono quelli canonici della pittura del Grand tour: il Pantheon, il Colosseo, la chiesa della Trinità dei Monti a Roma, la basilica di San Francesco ad Assisi, la Piazza dei Miracoli a Pisa e il Caffè Florian a Venezia, ma il linguaggio espressivo è quello avanguardistico della scuola di New York. Con il fare tipico dell’Action Painting, Congdon reinventa la pittura di veduta della tradizione europea. L’abbondante uso di pigmenti conferisce ai suoi lavori una matericità così pesante da richiedere l’uso di supporti rigidi come il compensato e la masonite, “eredi prosaici” - scrive Daniele Astrologo Abadal nel saggio critico in catalogo - “della tavola lignea italiana del Quattrocento”, superfici robuste capaci di resistere alla fisicità dell’assalto di un pittore che non lavora col pennello ma con la spatola e il punteruolo.

 

Congdon e l’Italia

 

In Europa, Congdon arriva durante gli anni del conflitto mondiale, come autista di ambulanze dell’American Field Service, un servizio volontario di sanità destinato a portare soccorso tanto alle truppe alleate quanto alle popolazioni civili colpite dalla guerra. Come erede di due illustri e facoltose famiglie di industriali del Rhode island, avrebbe tutte le carte in regola per porsi sulla scia dei tanti rampolli della migliore aristocrazia internazionale che, dal ‘600, considerano il tour nei luoghi della civiltà classica parte integrante della propria formazione culturale. A rendere diverso e originale il Grand Tour di William Congdon è però l’indissolubile intreccio tra le ragioni del suo impegno umanitario e quelle della passione per la cultura umanistica, due polarità che nella sua ricerca si completano e rafforzano a vicenda. Congdon si immerge nella sofferenza con la stessa passione con cui si immerge nella bellezza dell’arte, l’una e l’altra sono per lui esperienze necessarie, cercate con impeto spesso autodistruttivo.

 

Unico tra gli artisti americani di punta della sua generazione ad aver vissuto sul campo l’esperienza della guerra, Congdon finirà per legare il suo destino all’Italia, il paese in cui vivrà le esperienze più intense della vita, non ultima quella della conversione al cattolicesimo, la clamorosa scelta fatta nel 1959 e che porterà al crollo della sua fortunata carriera americana. Negli anni su cui la mostra si focalizza, Congdon è ancora l’originale artista wasp capace di emozionare Peggy Guggenheim, che di lui scrive: “William Congdon è l’unico pittore, dopo Turner, che ha capito Venezia…Il suo modo di esprimersi è moderno, la sua comprensione vecchia quanto la città stessa”. Ma sarà proprio la profonda spiritualità di cui le vibranti vedute celebrate da Peggy Guggenheim sono espressione a condurlo verso un inesorabile cambio di passo anche sul fronte della produzione artistica. Dopo la conversione, chiuso l’intenso capitolo del vedutismo rivisitato in chiave avanguardistica, Congdon si dedicherà con coerenza all’arte sacra, una scelta rigettata in pieno non solo dal mercato americano ma anche da quello europeo.

 

Lo scandalo della conversione al cattolicesimo

 

Del tutto indifferente ai verdetti del mercato, Congdon proseguirà la sua ricerca artistica in stretta correlazione con un percorso spirituale iniziato gravitando prima nell’ambiente della Pro Civitate Christiana di Don Giovanni Rossi e poi in quello del movimento di Comunione e Liberazione fondato da Don Giussani.  Alla fine degli anni Settanta, dopo un ventennio trascorso facendo base ad Assisi - si stabilisce a Gudo Gambaredo, in una casa-studio annessa a un monastero benedettino.  “Nella tristezza informe della Lombardia” nascono opere del tutto nuove, una produzione oggi studiata con grande interesse dalla critica d’arte italiana ed europea impegnata nell’approfondimento dell’originale contributo offerto da Willian Congdon allo sviluppo dell’arte del’900.