Il dialogo ininterrotto tra Preraffaelliti e Old Master. Importante mostra a Forlì
Più di trecento opere per raccontare la Confraternita dei Preraffaelliti e gli antichi maestri italiani che li hanno ispirati. Dipinti e sculture ma anche oggettistica, in mostra al Museo Civico San Domenico di Forlì
Nei progetti del Museo Civico San Domenico di Forlì è sempre forte l’attenzione al possibile dialogo tra i linguaggi artistici delle varie epoche e quelli dell’Ottocento. Per la primavera 2024 il comitato scientifico ha scelto di concentrarsi sui Preraffaelliti, quel gruppo di artisti che, a metà del XIX Secolo, ha saputo compiere un’autentica rivoluzione nell’Inghilterra vittoriana. E non solo lì, come emerge dal corpus di ben 320 pezzi che comprendono anche sculture e oggetti d’arte decorativa: dai disegni per vetrate a preziosissimi cofanetti, e poi maioliche, carte da parati, arazzi, oggetti d’arredo. Ma la peculiarità dell’esposizione è che per la prima volta i dipinti ottocenteschi vengono accostati a quelli degli “Old Master” italiani che hanno rappresentato i loro espliciti modelli. “Abbiamo raccolto circa 40 opere antiche”, spiega Cristina Acidini, una delle curatrici insieme a un team di studiosi italiani e internazionali, “dai lavori di Cimabue, Giotto, Simone Martini, e poi di Guariento, Beato Angelico, Botticelli, che è uno dei miti più amati dal Preraffaelliti. Abbiamo ‘convocato’ anche, per l’area veneta, Giorgione, Tiziano, Veronese, Palma il Vecchio: modelli di riferimento meno famosi ma che hanno ispirato i canoni della bellezza femminile. Quelle donne opulente, dalle belle chiome, riprese in primo piano, sono tutte ‘figlie’ di Tiziano e di Palma il Vecchio”.
Chi sono i Preraffaelliti
Nel 1848 in Italia si scatenarono le Guerre di Indipendenza. Nello stesso anno, in Inghilterra, la rivoluzione scardinò lo scenario artistico: “Tre giovanotti di circa vent’anni si discostarono dalla linea formativa della Royal Academy, dove pure erano studenti, non sopportando più gli stili dell’epoca. Si trattava di Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais e William Holman Hunt che decisero di rivolgersi alle suggestioni del gothic revival”, prosegue la curatrice. Nacque così la Confraternita dei Preraffaelliti, che elesse come riferimenti assoluti i capolavori italiani del Medioevo e del primo Rinascimento. Epoche la cui scoperta, in Gran Bretagna, avvenne soprattutto grazie a John Ruskin, una figura chiave per la formazione degli artisti: “Fu lui a lanciare l’arte del passato divulgandola attraverso testi, illustrazioni e acquarelli”, spiega Acidini. “Basti pensare al successo che ebbero i suoi libri, quali Le pietre di Venezia e Mattinate fiorentine”. Sull’onda dei viaggi di Ruskin, alcuni degli esponenti della Confraternita soggiornarono in Italia per studiare dal vivo i capolavori del passato, e in particolare Burne Jones giunse varie volte nel Belpaese, mentre Rossetti, nonostante le sue origini italiane, non mise mai piede nella Penisola. Il viaggio non era tuttavia l’unico metodo per studiare gli “Early Italian Painter”: “In quegli anni in Inghilterra stava infatti arrivando una grande quantità di opere italiane. Con l’età napoleonica molti luoghi di culto erano stati espropriati e i loro patrimoni requisiti, mentre andando verso l’Unità d’Italia le grandi famiglie si trovarono impoverite a causa dello spostamento degli equilibri politici e finanziari. Entrarono così sul mercato quantità massicce di opere che vennero acquistate alacremente dagli inglesi, dando luogo a collezioni straordinarie; fu in questo periodo che si formò la prima grande comunità museale di Londra, che poi diventerà la National Gallery” spiega Acidini.
La mostra sui Preraffaelliti a Forlì
Le opere realizzate prima di Raffaello fecero una profonda impressione negli artisti inglesi, ed ecco allora che gli Old Master sono protagonisti dell’incipit della mostra, ritornando pure in altre sale con accostamenti puntuali ai lavori dei Preraffaelliti. Dopo un focus su John Ruskin, segue l’approfondimento sulla nascita della Pre-Raphaelite Brotherhood. “La fase eroica e fondativa, trainata da Dante Gabriel Rossetti, comprende esempi molto importanti, come i primi studi su Dante Alighieri dello stesso Rossetti: emerge la tematica fondamentale dell’incontro tra Dante e Beatrice e l’interesse per la Vita Nova, quella produzione di prose e sonetti giovanili in cui il Sommo poeta racconta il suo amore totalmente immaginario”. Si ammira anche un dipinto di William Holman Hunt che raffigura Isabella e il vaso di basilico, una rivisitazione poetica di John Keats basata sulla novella di Boccaccio, a dimostrazione di quanto fossero importanti anche le fonti letterarie italiane. Il percorso prosegue con il secondo Preraffaellismo, basato sul sodalizio tra Rossetti, Edward Burne-Jones e William Morris. Quest’ultimo – che oggi chiameremo un grande designer – diede il via al movimento Arts and Craft, il cui stile informò per molto tempo l’estetica inglese, contribuendo al perdurare del gusto preraffaellita fino all’inizio del Novecento. La mostra accoglie inoltre espressioni cronologicamente lontane dal momento fondante, nonché diverse ispirazioni: Frederic Leighton, ad esempio, prese a modello anche Michelangelo e addirittura Guido Reni, mentre George Frederic Watts è al centro della sezione dedicata al “venetismo”. Si indagano inoltre i ruoli che ebbero gli inglesi che abitavano a Firenze: “Non soltanto mandavano in Inghilterra fotografie o copie fatte da loro stessi, ma pure opere d’arte, perché erano anche mediatori e mercanti. Per loro tramite arrivarono in Inghilterra materiali straordinari”, racconta Acidini.
Il cerchio si chiude con degli artisti italiani: anche nel nostro Paese, infatti, si sviluppò una sensibilità per il Medievale e il Rinascimento, ad esempio da parte di Giuseppe Cellini, Guido Aristide Sartorio, Adolfo De Carolis: tutti artisti che negli anni seguenti sfociarono nel Simbolismo e nell’Art Nouveau, accompagnando l’epilogo del Preraffaellismo.
Rossetti, le donne e le altre
La figura della donna è stata uno dei cardini della pittura preraffaellita. Sono ben note le vicende, anche tragiche, del rapporto tra Dante Gabriel Rossetti e le sue modelle, a cominciare dalla moglie Elizabeth Eleanor Siddall (che fu anche poetessa e pittrice, unica donna a esporre in una mostra dei Preraffaelliti nel 1857), a cui seguirono Fanny Cornforth e Jane Morris, consorte di William che è riconoscibile nel pastello esposto in mostra La donna alla finestra. Tuttavia le donne non furono solamente muse dei pittori preraffaelliti: i più recenti studi stanno infatti mettendo in luce il ruolo attivo della parte femminile che affiancava la Confraternita. Non si può non citare la sorella di Dante Gabriel, Christina Rossetti, che fu poetessa sensibile e che nella sua epoca era ritenuta una voce importante della cultura, poi dimenticata fino agli Anni Settanta del Novecento. In mostra si convocano alcune delle esponenti di quella che si sta oggi delineando come una “Sisterhood”: ne sono esempi i lavori di Evelyn De Morgan, presente con Flora, splendida reinvenzione dell’allegoria di Botticelli, o ancora le testimonianze di Maria Eufrosyne Spartali Stillman e di May Louise Greville Cooksey.
Marta Santacatterina
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