American Fiction, il film outsider agli Oscar che è diventato un caso
C'è un film in corsa agli Oscar che ha debuttato al botteghino USA in sordina, ma che è diventato un vero e proprio caso: si tratta di "American Fiction" di Cord Jefferson. Il trailer
American Fiction rappresenta una sorta di voce fuori dal coro. È un film candidato ai Premi Oscar 2024 come Miglior Film, ma fino a pochissimo tempo fa nessuno ne aveva sentito parlare.
In Italia non è uscito nelle sale cinematografiche e ha fatto il suo debutto direttamente, anche se un po’ in sordina, su Prime Video. Negli USA invece, dopo un discreto successo al Toronto Film Festival lo scorso settembre, è arrivato a fine 2023 nei cinema e in solo 7 copie.
A gennaio, con le nomination ricevute e un notevole passa parola, le copie sono passate a 1700 e in poco è diventato un vero caso, da oltre 20 milioni di dollari al box office.
Si tratta di una commedia scritta e diretta da Cord Jefferson (il suo nome si può leggere nei titoli di coda di Master of None, The Good Place e Watchmen) alla sua prima prova da regista. Un film che prende spunto dal romanzo Erasure di Percival Everett pubblicato nel 2001.
“American Fiction”, storia di uno scrittore e del suo peggior romanzo
Nominato uno dei 10 migliori film del 2023 dall’American Film Institute, American Fiction è la storia di Monk Ellison (Jeffrey Wright), uno scrittore e professore afroamericano non pienamente compreso dalla società.
I suoi romanzi, seppur oggetto di grande e positivo consenso in ambito accademico, si vendono poco e tutti gli editori rifiutano il suo ultimo manoscritto perché non “abbastanza nero”. Inoltre, per via del suo atteggiamento sfacciato con gli studenti, sempre su questioni razziali, l’università in cui lavora lo mette in congedo costringendolo a rientrare per qualche tempo nella sua città natale, Boston.
Qui partecipa ad un festival di letteratura e si imbatte in un panel dedicato a una scrittrice di successo che sta presentando il suo ultimo best seller, un libro che in tutto e per tutto asseconda gli stereotipi neri. A Boston la situazione non è delle migliori: la madre mostra i primi segni dell’Alzheimer, la sorella muore improvvisamente, il fratello è nel pieno trambusto di un divorzio.
Frastornato da tutto ciò e quasi per gioco, Monk scrive a tempo record un nuovo romanzo, un libro dal taglio satirico e ironico, servendosi di tutti i cliché letterari attesi dagli scrittori neri (non mancano droga e sparatorie!). E avviene l’impensabile: non solo gli editori fanno a gara per accaparrarselo ma c’è già chi ne vuole i diritti per farne un film – appunto – “da Oscar”!
Un film che racconta l’ipocrisia del nostro tempo
Cord Jefferson, ex giornalista ed editore di Gawker, prima di leggere il libro di Everett non immaginava minimamente di avvicinarsi alla regia cinematografica e invece, una volta arrivato all’ultima pagina ha avuto tutto chiaro.
A colpirlo così profondamente è stato il chiaro e lucido racconto di Everett sulle aspettative che negli USA si hanno nei confronti di un artista nero, su cosa la gente vuole da questo e su cosa pensa che dovrebbe essere l’arte nera. Ed è così, da queste riflessioni, che nasce American Fiction, un film semplice, che non ha molte aspettative, non mostra nessuna spocchia, e si presenta come un’intelligente racconto delle ipocrisie contemporanee.
Ipocrisie che riguardano gli uomini bianchi e neri, insomma tutti. Un film che sbeffeggia l’universo dell’editoria, del cinema e, oltre alle due industrie, anche il pubblico, colui che sempre più cade nei cliché con una facilità incredibile. American Fiction sa quindi essere un film sincero, che non risparmia nessuno e che dimostra che il non prendersi sul serio è – e può essere – un’arma vincente, esilarante e di successo.
Margherita Bordino
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati