Fanatismo religioso, potere e guerra nel secondo capitolo di Dune di Denis Villeneuve
Arrivato nelle sale italiane il 28 febbraio 2024, il sequel ispirato alla saga firmata da Frank Hebert ha conquistato il pubblico per la sua spettacolarità. Una storia piena di particolari che, nonostante la matrice fantasy, affronta tematiche attuali
Il regista canadese Denis Villeneuve ha ripensato il genere blockbuster prendendo le distanze dalle produzioni eccessivamente commerciali per abbracciare una fantascienza adulta e complessa. Esempio concreto di questa capacità è Dune, il film sulla controversia tra Atreides e Harkonnen, ispirato al romanzo fantascientifico di Frank Hebert. Il successo del primo capitolo realizzato nel 2021 ha gettato le basi per il secondo, riscuotendo un grande successo sia negli addetti ai lavori che nel pubblico.
La recensione di Due Parte Due di Denis Villeneuve
La storia di Dune ha un substrato psichedelico che Villeneuve ha restituito nelle più belle immagini della storia di Paul Atreides (interpretato da Timothée Chalamet) e del suo percorso di iniziazione per diventare un ribelle, poi un Messia e forse un traditore. L’aspetto più affascinante del Secondo Capitolo è infatti la sua opacità. Dopo la morte del padre, Paul, insieme alla madre Jessica, che fa parte della sorellanza “illuminata” delle Bene Gesserit, si unisce alla tribù dei Fremen per combattere gli Harkonnen. Una Casata costituita da sosia di Billy Corgan, che levitano in spazi architettonici brutalisti. I Fremen invece sono una popolazione del deserto di Arrakis e rappresentano il grande conflitto irrisolto tra i valori dell’Occidente, fondato sulla techne, e lo Stato di Natura. Quella diffusa visione orientalista, per cui l’alterità che vive in armonia con la natura, viene considerata primitiva.
In questo grande film che termina con un’accelerazione narrativa funzionale alla prosecuzione della storia, merita una menzione speciale il personaggio di Feyd-Rautha, sapientemente portato sullo schermo da Austin Butler e catalizzatore dell’inserto più innovativo di tutta l’opera. In cui torna una riflessione sulla convergenza tra cinema e fumetto, anticipata dal capostipite sincretico 300 di Zack Snyder. Per gli amanti dei linguaggi basta questa parte per raggiungere l’euforia. Per coloro che ricercano le storie e il divismo, non mancano le soddisfazioni di fronte alla riluttanza e successiva esaltazione del lato oscuro di Paul Atreides; per chi invece non rinuncia alla macchina spettacolare: azione, esplosioni e battaglie sono serviti. Perché il Dune di Villeneuve è anche un film di guerra.
Carlotta Petracci
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