L’idea della nostalgia (III)

La nostalgia non è necessariamente un fenomeno negativo e regressivo, ma può essere riattivata e produrre comprensione, interpretazione e creazione intelligente, affiancandosi gli strumenti non più antitetici della comprensione storica. L’approccio nostalgico può portare cioè alla formulazione di versioni alternative e sotterranee delle epoche e dei periodi.

Pensiamo ai decenni: nulla vieta di accantonare momentaneamente la vulgata degli Anni Ottanta come lost decade e trionfo dell’edonismo, tutti spalline e disimpegno, per comporne una versione altrettanto reale e legittima che segua le tracce di tutta la cultura alternativa e della ricchissima produzione sperimentale prodotta in quel decennio, dalla sottocultura gothic alla fusione di psichedelia e grunge (Husker Dü, Meat Puppets, Screaming Trees, Love Battery) fino all’invenzione dell’industrial. Tutti questi anni Ottanta non sono un’invenzione, ma sono versioni diverse e, per così dire, laterali.
Si tratta dunque di un détournément debordiano applicato al passato, di una strategia ricostruttiva. Mentre la tattica che c’è dietro prodotti culturali come Transformers (Michael Bay, 2007; 2009; 2011) o G.I. Joe (Stephen Sommers, 2009) punta semplicemente alla “commodification” della nostalgia, a riportare lo spettatore/consumatore ad uno stadio infantile in cui la gratificazione passa attraverso il possesso (illusorio), la nostalgia attiva punta alla comprensione, all’avanzamento, al disvelamento. Attraverso percorsi deviati e paralleli, “prospettive rovesciate”.
Alcuni oggetti narrativi hanno condensato i vari passaggi di questa mutazione. Il primo è un romanzo semi-sperimentale di George R. R. Martin, famoso in seguito come apprezzato autore fantasy, che ne ha quasi stroncato la carriera: The Armageddon Rag (1983). Oggetto del libro è la ricostruzione della controcultura hippie attraverso la storia della band immaginaria dei Nazgȗl (un incrocio solo apparentemente improbabile tra proto-heavy metal con influssi tolkieniani e musica di protesta) e della sua tragica fine al concerto di West Mesa. Il fatto è che Martin racconta un’evoluzione della cultura degli anni Sessanta che non è mai esistita, o meglio, uno stadio che manca nella realtà (la storia ci dice infatti che la stagione dei figli dei fiori e dell’Acquario finì con il concerto dei Rolling Stones ad Altamont e con l’omicidio di Sharon Tate da parte della Manson Family), ma che avrebbe potuto esserci.

4 Charles Manson Life 1969 L’idea della nostalgia (III)

Charles Manson (Life 1969)

3 i rolling stones ad altamont 6 dicembre 1969 L’idea della nostalgia (III)

I Rolling Stones ad Altamont (6 dicembre 1969)

Anche Havana Glam (2001) di Wu Ming 5, alias Riccardo Pedrini, pur con qualche sovrabbondanza e sbavatura utilizza il genere fantascientifico per rileggere il glam rock degli anni Settanta fornendone una versione alternativa, in cui David Bowie diventa un appassionato della rivoluzione cubana e il suo manager è un agente segreto che proviene dagli Stati Uniti del 2045: “Il Glam potrebbe passare alla storia. Perché continuare a definire questa cosa Glam, innanzi tutto? Il termine servirebbe a mantenere in assetto qualcosa che tende a proporsi come mito. Il rischio è la sclerosi. L’esito perfetto è la riproduzione su altri livelli, in altri contesti. Indefinitamente allargati. Potrebbe passare alla storia, il Glam Rock, e anche questa storia potrebbe passare alla storia. Pagliacciate controllate che un manipolo di visionari sottoculturali e volgarizzatori eccellenti indirizzano verso un territorio vergine. Il territorio dove la cultura pop diventa troppo autocosciente per non tentare il suicidio. Un’implosione.”

Christian Caliandro

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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