La Tomba Brion e non solo. Tutte le architetture presenti nel film Dune Parte Due
Come già nel primo capitolo della saga di Frank Herbert, anche la nuova prodezza di Denis Villeneuve è un inno all'architettura. Qui, a ogni Casa e pianeta appartiene uno stile
Una narrazione grandiosa, dall’afflato teatrale e dal forte commentario sociale, non può che richiedere anche un grande sforzo scenografico. E così è davvero in Dune Parte Due, nuovo capitolo della saga stellare anni Sessanta di Frank Herbert diretto da Denis Villeneuve, al cinema in Italia da fine febbraio. In piena continuità con il primo film, vincitore di sei premi agli Oscar del 2022, la seconda parte della storia di ascesa di Paul Atreides a Messia di un universo futuro è un trionfo di suoni, costumi, recitazione ed effetti speciali. Ma soprattutto di ambienti.
Tomba Brion è la casa dell’imperatore di Dune
Come già anticipato in fase di regia, location chiave del secondo capitolo della saga è la celebre Tomba Brion, capolavoro dell’architetto e designer Carlo Scarpa (Venezia, 1906 – Sendai, 1978) dove è ambientata la casa dell’imperatore galattico Shaddam Corrino IV, così come della figlia Irulan. Il complesso funebre monumentale all’interno del cimitero di San Vito, una frazione di Altivole (Treviso), e bene FAI è perfettamente in linea con il concept della famiglia imperiale, eterea e imperscrutabile, tesa tra apparente benevolenza e implacabilità politica.
Arrakis: l’architettura araba dei Fremen
Per dare una degna casa alle popolazioni indigene di Arrakis, i Fremen, il film segue il testo originale nella sua ispirazione dichiaratamente araba. Il production designer Patrice Vermette ha dichiarato di essersi ispirato all’architettura araba moderna e nabatea, e gli esempi più evidenti sono quelli degli architetti giordani Ammar Khammash e Sahel Alhiyari. Dopotutto è proprio in Giordania, nella Valle della Luna, che sono state girate alcune delle scene desertiche del film (in un’area celebre, dove già sono passati Lawrence d’Arabia, The Martian e diversi capitoli di Star Wars).
Arrakis: le ziggurat dei colonizzatori
Sempre su Arrakis, gli edifici che ospitano i colonizzatori sono invece un mix di ispirazione brutalista e di ziggurat mesopotamiche. “Ovviamente architettura brutalista, e soprattutto brasiliana, perché trovo le linee interessanti. Ho trovato estremamente stimolanti anche le imponenti strutture del Superstudio degli anni ’60 e ’70. Quando leggi il libro, c’è il senso delle proporzioni, e quando guardi il lavoro di Superstudio, è la stessa epoca. Sono gli stessi concetti psichedelici”, ha detto Vermette a The Architect’s Newspaper. All’interno del palazzo, oltre ai volumi derivati dai bunker della Seconda Guerra Mondiale, i bassorilievi sul grande verme sono di tradizione Art Deco.
Il sacrale regno bianco-nero degli Harkonnen
La dimora della temibile Casa Harkonnen, su Giedi Prime, appare sullo schermo tutta filtrata dai raggi infrarossi per simulare l’effetto di un Sole Nero. In una spinta opposta all’architettura del palazzo di Casa Atreides – che nel primo capitolo era ispirata alla Fallingwater House di Frank Lloyd Right nel suo essere compenetrata all’ambiente forestale del pianeta Caladan –, le stanze del potere hanno qui un gusto sacrale e un’architettura “a costole” simile a quelle di John Portman, in particolare negli interni del Marriott Marquis Hotel di Altanta. Per l’arena, dov’è ambientata la scena del combattimento dello spietato Feyd Rautha, l’ispirazione è quella classica del Colosseo (anche se triangolare), con l’inserzione di toni neri e di tanta plastica.
Giulia Giaume
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