Le barricate di Mario Trimarchi arrivano a Milano
Equilibrio, fragilità, e sassi smussati raccolti sulla battigia. Sono questi gli ingredienti della poetica del designer Mario Trimarchi, concretizzati nelle sue barricate scultoree in mostra da Antonia Jannone
“Disegno per comprendere meglio le cose.” Sono queste le parole con cui Mario Trimarchi, architetto e designer compasso d’Oro, accoglie negli spazi espositivi della Galleria Antonia Jannone, in cui è esposta la sua mostra intitolata Barricades.
La ricerca creativa di Mario Trimarchi a Milano
Il valore del disegno come strumento di sperimentazione e percezione del mondo si dispiega nello spazio espositivo come principio fondante per generare le opere del designer. Il concetto di equilibrio è inteso come un momento paradossalmente mai statico, di eterna conferma e compromesso tra due poli. La ricerca creativa di Mario Trimarchi (Messina, 1958) parte dallo studio delle pietre e dei sassi trovati sulla battigia, riprodotti sulla carta “con una penna e mezzo” – come racconta lui stesso. Per tutta la sua carriera, l’artista ha catalogato ed esplorato il mondo naturale, facendolo emergere sulla carta arricchito di nuovi elementi. La bidimensionalità del foglio trascende, raggiungendo risultati in cui il design si fa scultoreo, e la componente artigianale dà sfoggio della sua potenza.
Le barricate di Mario Trimarchi in mostra a Milano
Nelle sculture si accende il tema dell’equilibrio: le diverse materialità giocano con la statica e ridefiniscono gli stati del bilanciamento. La barricata esemplifica ciò, intesa come un’architettura che è posta tra poli e dalle forme apparentemente aleatorie e non finite. Essa è per Trimarchi un’architettura del possibile. “Sono costruzioni eclettiche, antenne di trasmissione di messaggi e saperi. La loro grammatica si schiera per scambiare, riversare, condividere esperienze. Sono dispositivi per la commemorazione di un mondo che Trimarchi trattiene, salvaguarda e trasmette”, spiega Marco Sammicheli nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.
Il tema della fragilità si manifesta infine come corollario ai concetti sviluppati, da intendere come un invito alla cura. “Dovremmo guardare alla fragilità come a qualcosa di prezioso, un oggetto che ci invita così a muoverci con eleganza e calma, a parlare piano, ad allontanarci dal caos”. Nell’esposizione le opere si fanno portatrici di messaggi di speranza, di acuta osservazione del mondo, di possibilità di un ritorno ad uno stato di equilibrio.
Sophie Marie Piccoli
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