A Brescia la mostra sui Macchiaioli con le opere più sconosciute
Brescia cavalca il fortunato trend dei Macchiaioli, ma a Palazzo Martinengo sono esposte opere raramente viste in mostra, molte delle quali provenienti da collezioni private
Un’altra mostra sui Macchiaioli? Proprio così, la moda della “macchia”, che negli ultimi anni ha acquistato grande vigore, giunge anche a Brescia, dove è in corso un’esposizione ampia, dai caratteri distintivi e che vede esposto un gran numero di dipinti provenienti da collezioni private, alcuni completamente inediti. Ammirare dei quadri che solitamente sono chiusi nelle case e nei caveau dei proprietari è quindi buon motivo per recarsi a Palazzo Martinengo, e non il solo. L’altro punto di forza del progetto espositivo curato da Davide Dotti e Francesca Dini è il finale del percorso, dove si sforano i canonici termini cronologici del movimento toscano e, approssimandosi al Novecento, si convocano gli esponenti della seconda generazione dei Macchiaioli, per poi dedicare un focus agli ultimi esiti prodotti dai padri fondatori.
I Macchiaioli, dalla Toscana alle battaglie lombarde
In tutte le sezioni in cui si suddivide la mostra si possono trovare perle che consentono di mettere a fuoco il contesto in cui prese forma quel gruppo di artisti: tra le prime opere che si incontrano vi è ad esempio il divertentissimo acquerello realizzato da Adriano Cecioni che ritrae, per via di caricatura, gli artisti che frequentavano il mitico Caffè Michelangelo. Si può inoltre individuare il momento in cui fa capolino la macchia, dopo il ritorno di Serafino De Tivoli da Parigi, dove aveva scoperto la pittura di paesaggio della Scuola di Barbizon. O ancora immaginare i rapporti reciproci tra quegli artisti “ribelli”, promotori dell’Italia unita e di istanze sociali e le relazioni con i loro territori. Ci sono anche dei punti di tangenza tra la Toscana, patria dei Macchiaioli, e il territorio bresciano: Giovanni Fattori attorno al 1862 dipinse l’Assalto alla Madonna della Scoperta ispirandosi alla Battaglia di San Martino, combattuta a poca distanza dalla città della Leonessa, mentre Telemaco Signorini raffigurò Il cimitero di Solferino (il muro di cinta è segnato dai colpi di arma da fuoco), altro luogo topico delle lotte risorgimentali in Lombardia.
Tra le sezioni più suggestive si segnala senz’altro quella dedicata a Castiglioncello, nella quale, oltre ai grandi nomi dei maestri, spiccano le personalità di Odoardo Borrani e Raffaello Sernesi. Nella stessa sala è esposto il celebre ritratto di Diego Martelli a Castiglioncello di Giovanni Fattori: è sorprendente come l’autore, in una superficie così piccina (13 x 30 cm) abbia saputo fondere la serena atmosfera campestre, la splendida luce estiva e la profondità intellettuale del critico d’arte e sostenitore dei Macchiaioli. E non si può non citare un’altra opera ad alto tasso poetico di Fattori, Silvestro Lega che dipinge sugli scogli. La mostra si sposta poi nella campagna della Piagentina, presso Firenze, dove viveva proprio Silvestro Lega: cambiano le ambientazioni, cambia la tonalità della luce e pure alcuni soggetti dei dipinti, come dimostra Le cucitrici di camice rosse – ovviamente quelle dei garibaldini – di Odoardo Borrani.
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La mostra dei Macchiaioli a Brescia: un epilogo horror
Nell’ultimo piano del palazzo, l’attenzione si sposta quindi sugli Anni Ottanta e Novanta del XIX Secolo, quando i naturalisti Eugenio Cecconi, Francesco Gioli e Angelo Tommasi raccolgono l’eredità dei Macchiaioli, che del resto non avevano ancora abbandonato le scene: Lega, Signorini, Fattori, Cabianca continuano a dipingere, con risultati anche eccellenti. Ma lo sguardo viene catalizzato da un’opera brutale: Pro patria mori di Fattori. Il soldato è morto e abbandonato, al cadavere si avvicinano dei maiali, e il finale horror è facile da intuire. Si tratta di un’opera profondamente simbolica: a quei tempi erano ormai caduti gli ideali rinascimentali e alta era la delusione di quei pittori patrioti nei confronti della politica estera coloniale che si stava instaurando a cavallo tra i due secoli. Infine, la collaborazione tra gli enti locali e Palazzo Martinengo si manifesta grazie all’importante prestito della serie di incisioni di Fattori provenienti dall’Accademia Carrara di Bergamo.
Marta Santacatterina
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