A Roma lo spettacolo-evento dedicato a Philip Glass
Il 27 e 28 marzo va in scena alla Nuvola di Roma “Dancing Glass”, uno spettacolo unico dedicato al compositore statunitense e creato da quattordici protagonisti della scena internazionale di musica, danza e arte visiva, capeggiati dalla coreografa Lucinda Childs
Un protagonista assoluto della scena musicale contemporanea, benché ognora discreto e fedele a un basso profilo che è qualità intrinseca e non superficiale maschera sociale, l’ottantasettenne Philip Glass è compositore noto quale iniziatore della cosiddetta minimal music ma anche quale facilitatore di un dialogo fecondo fra le arti performative, di cui è esemplare testimonianza la collaborazione con Bob Wilson nel creare quella pietra miliare della storia dello spettacolo novecentesca che è Einstein on the Beach (1976). Capolavoro cui partecipò come coreografa e performer Lucinda Childs che, da allora, non smise più di collaborare con il compositore, statunitense come lei. E proprio la coreografa, Leone d’Oro alla carriera della Biennale Danza 2017, è la curatrice, insieme al musicista Oscar Pizzo, di Dancing Glass, spettacolo-evento che vuole omaggiare il musicista e che debutterà in anteprima mondiale il 27 marzo alla Nuvola di Roma. Il progetto, realizzato da Change Performing Arts e MP3 Dance Project di Michele Pogliani, è commissionato e coprodotto da EUR Spa per EUR Culture, EESTI Kontsert / Tallinn Estonia e CSIAF China Shanghai International Arts Festival, Teatro Comunale di Bologna, in collaborazione con Il Maggiore (Centro Eventi Verbania), il Conservatorio di Musica di L’Aquila, Pomegranate Arts e Dunvagen di New York.
I protagonisti dello spettacolo Dancing Glass
Musica, danza e video per far vivere sul palcoscenico dodici dei venti Piano Etudes composti da Philip Glass nel corso di oltre vent’anni – dal 1991 al 2012 – e pubblicati in album completo nel 2014. Sedici gli artisti internazionali coinvolti da Lucinda Childs e Oscar Pizzo: dal Brasile la coreografa Cassi Abranches e l’ensemble musicale di Roberta Cuña Valente; dal Giappone il coreografo Shintaro Hirahara e Mana Yoshinaga, virtuosa del kotò, strumento tradizionale nipponico. I musicisti Philip Miller, sudafricano, e il turco Kudsi Erguner, massimo esponente della tradizione musicale Sufi; la virtuosa del kannel, strumento tipico dell’Estonia, Anna-Liisa Eller, e il pianista italiano Jacopo Petrucci, cui è demandata l’esecuzione, rigorosamente dal vivo, degli Etudes. La musica di Glass è interpretata nelle coreografie originali ideate, oltre che da Abranches e Hirahara, dal performer sudafricano Llewellyn Mnguni e dalla stessa Lucinda Childs, e danzate dai giovani ballerini di MP3 Dance Project; ma è anche protagonista di creazioni di video-arte realizzate dall’artista iraniana-statunitense Shirin Neshat, dal giapponese Hiroshi Sugimoto e dagli italiani Anagoor e Fabio Cherstich.
Le voci degli autori dello spettacolo Dancing Glass
Franco Laera, direttore di Change Performing Arts, ideatore e coproduttore del progetto, parlando del lavoro compiuto da ciascuno degli artisti coinvolti, spiega come “l’intento artistico comune a ogni creazione è duplice: si vuole, da un lato, testimoniare il successo che la musica di Glass ha avuto in ogni continente, continuando tuttora a ispirare le nuove generazioni di artisti, dall’altro, far risuonare le radici multiculturali delle creazioni del compositore che trovano eco nel patrimonio musicale di tutto il mondo, dall’Asia all’Africa, passando per il Sud America”. Obiettivi a cui, per la coreografa e danzatrice Lucinda Childs, si aggiungono motivazioni personali: la lunga collaborazione con il compositore, conosciuto in occasione della messinscena di Einstein on the Beach e da allora diventato un compagno di lavoro affine e fedele. Childs sottolinea, poi, come la scelta di portare in scena proprio gli Etudes sia stata dettata dalla spiccata peculiarità di ciascuno, qualità che li rende particolarmente adatti a essere coreografati. Il giapponese Shintoro Hirahara, al proposito, racconta come ha approcciato i due Etudes che gli sono stati affidati, il n. 1 e il n. 19: “L’Etude n. 1 ha molto dell’essenza giapponese e lo strumento musicale che abbiamo utilizzato è il kotò, suonato da Mana Yoshinaga. Penso che la musica evochi l’unicità dei paesaggi giapponesi e che i movimenti incorporino le arti performative tradizionali del Giappone. L’Etude n. 19, invece, ha un sentore malinconico. Mi immaginavo l’Italia e il Giappone in quanto punti di inizio e di fine della Via della Seta. Volevo descrivere questo rapporto come un dialogo fra qualcuno che non può vedere. Per esprimere questa idea ho usato il corpo e alcuni drappi di tessuto.” Nello spettacolo, poi, alla danza è affiancata la video-arte, con le opere realizzate anche da artisti italiani: il giovane Fabio Cherstich, che rivela di aver prescelto i paesaggi del profondo Nord, in prossimità del Circolo Polare Artico; e il collettivo Anagoor che propone un video costruito con immagini raccolte nel 2018 durante un viaggio fra il nord dell’Iran e la Turchia, in prossimità del confine con la martoriata Siria. Attraversando la zona che, nel 2023, è stata colpita da un devastante terremoto: “un padre e un figlio ci fecero il dono di una danza” – rivela l’attore-autore Marco Menegoni – “questo video è la testimonianza di quella danza ed è anche una preghiera”.
Laura Bevione
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati