Giorgio Andreotta Calò / Valentina Medda / Le affinità immaginate
La memoria collettiva della Sardegna, il suo paesaggio, insieme alle conseguenze sociali ed ecologiche dei processi estrattivi, sono al centro del lavoro condotto nell’isola da Giorgio Andreotta Calò. Insieme alla mostra “The Last Lamentation”, momento apicale del progetto dell’artista Valentina Medda e a “Le affinità immaginate”, perle dalla collezione del MAN.
Comunicato stampa
La memoria collettiva della Sardegna, il suo paesaggio, insieme alle conseguenze sociali ed ecologiche dei processi estrattivi, sono al centro del lavoro condotto nell’isola da Giorgio Andreotta Calò: un’indagine svolta tra il 2013 e il 2018, che ha portato alla creazione di un corpus fondamentale nel percorso dell’artista. Oggi, una parte di queste opere trova collocazione ideale al museo MAN grazie al Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura, completando e integrando la precedente acquisizione di Produttivo.
Nel 2019, infatti, l’artista dona al MAN una parte dell’installazione ambientale Produttivo, composta da carotaggi estratti durante le campagne minerarie della Carbosulcis.spa, società che fino al 2018 è stata impegnata nello sfruttamento del bacino carbonifero del Sulcis, area nel sud-ovest dell’isola. Con un procedimento simile alle indagini geognostiche, Giorgio Andreotta Calò analizza la stratificazione e l’identità del luogo sviscerandone gli aspetti socio-culturali. Una analoga radice semantica è condivisa dalle opere del progetto in girum imus nocte, che testimoniano un comune processo di ricerca e di interazione con il territorio sardo e la sua storia. Il titolo, tratto dal palindromo latino “in girum imus nocte et consumimur igni” (“andiamo in giro di notte e siamo consumati dal fuoco”), allude alla carica simbolica dell’installazione filmica omonima che, con le sculture Pinna Nobilis e Dogod, crea un insieme coerente in cui i singoli elementi esaltano i reciproci significati.
Il fulcro della installazione è costituito dal film che documenta la marcia compiuta dall’artista insieme a un gruppo di minatori e pescatori del Sulcis nella notte del 4 dicembre 2014 (giorno di Santa Barbara, protettrice della comunità dei minatori). Il cammino diventa rito in una prospettiva escatologica che riconosce il ruolo sociale dei lavoratori, accentuando il valore della loro presenza. La marcia rituale dalla miniera fino all’isola di Sant’Antioco, dal tramonto all’alba, è enfatizzata dal bastone che accompagna il tragitto, diventato poi parte integrante dell’opera presentata in mostra. L’uso della pellicola 16 mm risulta, nella sua fragilità, funzionale al senso complessivo del racconto, evocando la componente alchemica di trasformazione della materia che accomuna tutte le opere esposte.
La metamorfosi del cranio di una creatura a metà tra cane (Dog) e divinità (God) è al centro di Dogod, i cui elementi costitutivi, provenienti dallo stagno di Cirdu, a Sant’Antioco, sono stati assemblati per poi realizzare la fusione a cera persa in bronzo bianco qui esposta. Al Sulcis rimanda anche la scultura Pinna Nobilis, prodotta dal calco di un esemplare dell’omonima specie di bivalve endemica del Mediterraneo, anch’esso recuperato a Punta Trettu durante la lavorazione del film.
I lavori in mostra, tra i più emblematici e rappresentativi della ricerca di Giorgio Andreotta Calò, accompagnano il visitatore in profondità: negli abissi della terra, ma anche nell’essenza del metodo dell’artista. In questo modo, paesaggio e storia vengono assimilati dalle opere, diventandone termine essenziale.
Biografia
Nato a Venezia nel 1979, Giorgio Andreotta Calò vive e lavora a Venezia.
Ha studiato scultura all’Accademia di Venezia e alla Kunsthochschule di Berlino. Tra il 2008 e il 2010 è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam. Nel 2011 il lavoro di Calò è stato presentato alla 54.ma Biennale di Venezia diretta da Bice Curiger. Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l’arte contemporanea promosso dal Museo MAXXI. Nel 2014 vince il Premio New York, promosso dal Ministero per gli Affari Esteri Italiano. Nel 2017 è uno dei tre artisti invitati a rappresentare l’Italia nel Padiglione curato da Cecilia Alemani alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte alla Biennale di Venezia. Nel 2018, con il progetto Anastasis, vince il bando Italian Council promosso dal Ministero della Cultura, per la realizzazione di un’installazione monumentale presso l’Oude Kerk di Amsterdam. Nel 2019 gli viene dedicata una mostra personale presso Pirelli Hangar Bicocca. Le sue opere sono parte di numerose collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.
Il progetto è sostenuto dal PAC 2022-2023 - Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
THE LAST LAMENTATION
Valentina Medda
A cura di Maria Paola Zedda
MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro
28 marzo-16 giugno 2024
Inaugura il 28 marzo la mostra The Last Lamentation al Museo MAN di Nuoro, momento apicale del progetto artistico di Valentina Medda, a cura di Maria Paola Zedda, realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (XI edizione, 2022), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, frutto di una coproduzione che dalla Sardegna si dirama fino al Belgio, a New York e alla Slovenia e che vede capofila ZEIT, insieme al MAN Museo di Nuoro, Sardegna Teatro, Flux Factory (NYC), e VierNulVier (Belgio).
The Last Lamentation è un rituale funebre per il Mediterraneo, osservato dall’artista come luogo di attesa, sospensione e trapasso, incarnazione di un’assenza - deposito di corpi e corpo in sé. Valentina Medda lo attraversa nell’evocazione di un rito diffuso in tutta l’area che si affaccia sulle sue coste: il pianto rituale, indagato alla fine degli anni ‘50 dall’antropologo Ernesto De Martino, ora pressoché estinto nel Sud Italia, ma vivo nelle coste meridionali e orientali dal Libano al Marocco.
La mostra si snoda intorno all’omonima opera video The Last Lamentation, prodotta tra il 2023 e il 2024, destinata alle collezioni del MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna: un lavoro girato in Sardegna e realizzato attraverso un percorso di ricerca nel territorio, che racconta la tragedia del mare attraverso un’ipnotica partitura coreografica, vocale, sonora. Il lavoro rielabora i codici rituali in forme contemporanee e astratte grazie alla collaborazione con Gaspare Sammartano, compositore, Claudia Ciceroni, compositrice e trainer vocalica, Attila Faravelli, per gli aspetti legati al field recording. Qui la relazione tra corpo, pathos, paesaggio si stratifica per sistemi di assenza e presenza attraverso la partecipazione di un coro di 12 donne vestite di nero, in piedi accanto al mare, elemento che per contrasto rende più tangibile la presenza silente dei morti e fa esplodere le loro voci.
La mostra raccoglie inoltre un corpus di opere, molte delle quali esposte per la prima volta, che l’artista ha realizzato già nelle prime fasi di studio e che convergono intorno all’opera video ripercorrendone i momenti di elaborazione: collage, inchiostri su carta, fotografie, disegni e alcuni elementi scultorei.
Dal 2018 Valentina Medda ha in atto una ricerca sul Mediterraneo, che inizialmente l’ha portata a lavorare a Beirut in residenza presso il Beirut Art Residency. Di questa esperienza troviamo tracce nei collage presenti in mostra, che compongono una tessitura che si annoda intorno a un territorio originario, la Sardegna - terra di provenienza dell’artista - per riconnettersi poi con il Mediterraneo. Insieme ai collage, l’evocazione dei fazzoletti che accompagnano il rituale del pianto ispirati dal documentario di Cecilia Mangini sulla tradizione pugliese, si cristallizzano nel processo di solidificazione attraverso la cottura della ceramica, che brucia l’anima del tessuto interno lasciando nella scultura un vuoto, un’assenza. A completare la restituzione della ricerca di Medda, un quaderno d’artista raccoglie visivamente le scene in uno storyboard poetico. Immagini del mare e alcune polaroid lavorate come se questa acqua divenisse pelle, traducono un orizzonte visivo, che è liquido e corporeo insieme.
Il progetto è presentato da ZEIT (capofila), in partnership con MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Teatro di Sardegna, Arts Centre 404 / VierNulVier (Ghent, BE) e Flux Factory (New York) in collaborazione con la Fondazione Sardegna Film Commission e sostenuto da ARS - Arte Condivisa in Sardegna per la Fondazione di Sardegna (sponsor di progetto). I partner culturali sono Careof, BIG Bari International Gender Festival, RAMDOM, Sa Manifattura, Alchemilla.
L’artista è supportata dalla rete europea di larga scala Stronger Peripheries – A Southern Coalition grazie al sostegno di Teatro di Sardegna, Bunker Ljubljana, L’Arboreto Mondaino.
“Il lavoro è concepito come un rituale funebre per il mare” – dichiara l’artista Valentina Medda – “una performance partecipativa ispirata alla tradizione delle lamentazioni funebri in cui un gruppo di donne vestite di nero dà vita a un grido condiviso, un rito che guarda al coro come all’unico linguaggio possibile per raccontare una tragedia contemporanea. Nel piangere per il Mediterraneo e i suoi morti – continua l’artista – il tentativo è quello di ridare voce e corpo attraverso un’azione poetica e politica, a quelle vite considerate sacrificabili, quelle che non meritano nemmeno il lutto, come afferma la filosofa Judith Butler. Il mare è qui estensione del corpo, che perde i suoi confini e si fa liquido, creatura acquea. La domanda su dove finisca il corpo e dove inizi lo spazio ha plasmato, di fatto, tutta la mia ricerca degli ultimi 10 anni, attraverso linguaggi diversi e in modi diversi, mettendo in discussione la distinzione tra la fisicità dell'individuo e la materialità esterna nel tentativo di creare una geografia incarnata e immaginare nuovi corpi ibridi, trovando il filo che lega tutte le materie vibranti, viventi e non”.
Biografia
Valentina Medda è un’artista interdisciplinare sarda che vive a Bologna. Ha studiato fotografia all’ICP - International Center of Photography di New York. La sua pratica artistica si snoda tra immagine, performance e interventi site-specific, indagando la relazione tra pubblico e privato, corpo e architettura, città e appartenenza sociale. Il suo lavoro è stato esposto e gira in contesti artistici e performativi nazionali e internazionali da Bologna, Milano, Cagliari a Parigi, New York, Beirut, Bruxelles e Amsterdam.
È stata artista in residenza presso Couvent de Recollets, Parigi; BAR, Beirut; Cité des Arts, Parigi; Flux Factory, NY; Les bains connective, Bruxelles; MaisonVentidue, Bologna. Nel 2019 è stata invitata al Grand Tour d’Italie, progetto di networking internazionale della Direzione Generale Contemporanea del Ministero della Cultura. Ha ricevuto, tra gli altri, il Fondo Cimetta per la mobilità artistica, Movin up della Regione Emilia Romagna, IAP Mentorship della NYFA - New York Foundation for Arts e Tina Art PRIZE. Il suo progetto Cities by Night Across Borders, è stato selezionato tra i 19 vincitori del programma europeo “Perform Europe”.
Il museo MAN di Nuoro è lieto di annunciare “Le affinità immaginate”, una grande mostra dedicata alla collezione storica che esce dai depositi per un progetto di rilettura e riallestimento. Il percorso è volto alla partecipazione della comunità locale, per attivare una riflessione su temi identitari, ma con lo sguardo sensibile a prospettive universali. Dalla microstoria alla macrostoria dell’uomo: la Sardegna, la sua arte, la sua cultura, rappresentano un caso esemplare di fatti maggiori, un concentrato di eventi che rispecchiano quelli italiani, in una dimensione circoscritta ma fondamentale come tassello di un orizzonte ampio.
Dal verismo di Antonio Ballero al divisionismo del primo Sironi, dal ritorno all'ordine di Ciusa Romagna al realismo borghese di Francesca Devoto, dall'astrattismo di Mauro Manca alle vite straordinarie di Fancello, Nivola e Pintori, dalla prorompente e toccante creatività di Maria Lai, fino alle ricerche delle ultime generazioni. In questo caso, spiccano allestimenti site-specific realizzati per gli spazi del museo nell'ambito di premi vinti grazie ai bandi del Ministero e dove i nomi dei sardi emergenti si alternano ad altri, chiamati ad abitare e a raccontare l’isola.
Una scelta di 100 capolavori su mille opere della collezione permanente punteggiano un percorso ripensato alla luce di nuove indagini e all'indomani della pubblicazione del catalogo edito da Officina Libraria col titolo “100 Capolavori dalla collezione del MAN”. Una ricognizione a 360 gradi fra acquisizioni, donazioni e comodati, permette di leggere in modo differente le connessioni fra soggetti e autori, iconografie e varianti. L'allestimento ispirato a una sorta di macchina del tempo – diversamente dal classico andamento cronologico – crea cortocircuiti, andate e ritorni, flashback e salti nel contemporaneo – al fine di stimolare nel visitatore possibili affinità, eredità di stile o di contenuto. Importanti sono i tributi a Costantino Nivola (scelto da Adriano Pedrosa curatore della prossima Biennale di Venezia per la sua mostra dedicata agli esuli nel mondo) oltre a Jorge Eielson (in linea con le celebrazioni internazionali per il centenario dalla nascita), e a Guido Strazza maestro dell’astrazione italiana dal dopoguerra in avanti, legato alla Sardegna per i natali materni e per una forte amicizia intellettuale con Maria Lai. Strazza ha concesso in donazione al MAN tre opere monumentali esposte ora per la prima volta.
La collezione del MAN festeggia in questa occasione i suoi 25 anni di vita; nata insieme al museo, nel 1999, è diventata rapidamente una delle più significative testimonianze dell'arte in Sardegna, dall'alba del secolo fino ai giorni nostri. Tutte le opere del fondo hanno un valore storico e sociale, oltre che artistico, nel caso di esemplari che hanno avuto un rilievo particolare sullo sfondo dell'isola, della sua identità e dei suoi mutamenti. Immagini tipiche della tradizione, connesse all’antropologia dei luoghi, ai costumi, ai riti, si alternano a ricerche estetiche informate ai movimenti e alle sperimentazioni in corso da Roma a Venezia a Milano, e che hanno segnato l'evoluzione dell'arte in Italia tanto quanto l'esperienza degli artisti sardi approdati nei centri più vitali della penisola, dove hanno studiato e intrecciato le proprie origini con i modi delle correnti d'avanguardia.
In parallelo alla mostra sulla collezione, il MAN inaugura tre importanti progetti d’arte contemporanea, frutto dei bandi promossi dal Ministero della Cultura, Italian Council e PAC, Piano per l’arte contemporanea. Tre mostre in tre spazi del museo che andranno ad armonizzare idealmente con le opere storiche della raccolta, per temi condivisi, dall’iconografia del pianto rituale a quella del lavoro operaio nelle miniere. Seguono comunicati di approfondimento.
Giorgio Andreotta Calò. in girum imus nocte
A cura di Elisabetta Masala, il progetto è sostenuto dal PAC 2022-2023 - Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
Micol Roubini. La montagna magica.
Il progetto è realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito dell’11ª edizione dell’Italian Council (2022); promosso e prodotto da Lo schermo dell’arte, con il contributo di nctm e l’arte.
L’opera entrerà a far parte della collezione del MAN di Nuoro.
Valentina Medda. The Last Lamentation.
Performance, Video, Installation. Progetto vincitore del bando Italian Council 2022. Co-finanziato da Stronger Peripheries, co-prodotto da Zeit Art Research, Milan (IT) Viernulvier -Gent (BE), Flux Factory NYC (US), MAN Nuoro, Bunker Ljubljana (SI), Sardegna Teatro, Cagliari Cultural partners Ramdom Lecce, Careof Milano, acquisizione Mambo Bologna. Curato e realizzato in collaborazione con Maria Paola Zedda.