È morto Gaetano Pesce, designer e scultore che ha portato nel mondo il made in Italy
L’artista ligure, nato a La Spezia nel 1939, si è spento all’età di 84 anni a New York. Presto sarebbe stato tra i protagonisti della Design Week, con una mostra e una grande installazione. Tra le sue creazioni più celebri la poltrona “UP”
Di progetti, per la Milano Design Week alle porte, ne aveva diversi. Una mostra di opere inedite, alla Biblioteca Ambrosiana, dal titolo Nice to See You; e una grande installazione monumentale – L’Uomo stanco – allestita in piazza San Pio XI con il patrocinio del Comune di Milano, tra le più attese del Fuorisalone. Anche di questo Gaetano Pesce ci aveva raccontato nell’intervista che uscirà sullo speciale Design di Artribune tra qualche giorno, e presto pubblicheremo online.
Ma il grande designer e scultore nato a La Spezia nel 1939, contrariamente a quanto avrebbe voluto, quest’anno non sarà a Milano. La notizia della sua scomparsa arriva da oltreoceano: all’età di 84 anni, Pesce si è spento in ospedale a New York – dove risiedeva stabilmente – il 3 aprile: “Con grande dolore annunciamo la scomparsa del visionario creatore. Nel corso di sei decenni Gaetano ha rivoluzionato il mondo dell’arte, del design, dell’architettura e degli spazi liminari tra queste categorie. La sua originalità e il suo coraggio non hanno eguali. Nonostante i problemi di salute, soprattutto nell’ultimo anno, Gaetano è rimasto positivo, giocoso e sempre curioso“, annuncia la sua pagina Instagram ufficiale. “Gli sopravvivono i figli, la famiglia e tutti coloro che lo adoravano. La sua unicità, la sua creatività e il suo messaggio speciale vivono attraverso la sua arte”.
Gaetano Pesce, il design e l’arte
La sua incredibile e prolifica attitudine a creare, Pesce l’aveva maturata dapprima in ambito architettonico, laureandosi nel 1965 alla IUAV di Venezia, conoscendo in facoltà anche Carlo Scarpa ed Ernesto Nathan Rogers. Già nel 1959, con altri otto sodali, avrebbe preso parte al Gruppo EnneA (nove in greco), costituito a Padova con Tino Bertoldo, Alberto Biasi, Tolo Custoza, Sara Ivanoff, Bruno Limena, Manfredo Massironi, Milla Muffato, Gianfilippo Pecchini. L’esperienza, che si opponeva alla figura dell’artista-demiurgo riunendo un gruppo di “disegnatori sperimentali”, si protrasse solo per un anno, per poi dare origine, in formazione ridotta, al Gruppo N (fino al 1966). Pesce, però, era già andato oltre.
Negli anni Sessanta aveva cominciato a lavorare nell’ambito del design, collaborando inizialmente con l’azienda C&B (ora chiamata B&B Italia). La sua prima, indelebile firma nel mondo del design industriale l’avrebbe lasciata nel ’69 con le poltrone UP una serie composta da sette modelli, di cui la più celebre è la poltrona UP5, che riprendeva le forme delle antiche statue votive delle dee della fertilità. Arrivò in scia il riconoscimento internazionale, con la partecipazione, nel 1972, alla mostra Italy: The New Domestic Landscape, con la quale il MoMa di New York omaggiava la creatività italiana. Accanto al design, però, Pesce continuò a coltivare la passione per la scultura: oggi le sue opere sono esposte nei principali musei del mondo, dal MoMA di New York al Met di San Francisco, al Victoria and Albert Museum di Londra, al Vitra Museum di Weil am Rhein, al Centre Pompidou di Parigi (che nel 1996 gli dedicò una retrospettiva). Numerosissime anche le mostre personali dedicate al suo lavoro ultradecennale. Un anno fa, la galleria Luisa delle Piane di Milano dedicò un focus alle sue “pelli industriali” (fogli di resina poliuretanica), nate trent’anni fa dal desiderio dell’artista – da cultore dei materiali poveri e plastici qual è stato – di trovare supporti alternativi alla carta, da lui considerata obsoleta, su cui disegnare utilizzando altra resina.
Tra le sue invenzioni entrate nella storia del design, anche la lampada Moloch del 1972, versione macro della celebre lampada da tavolo L1 (1937) di Jacob Jacobsen, e diverse creazioni per Cassina, dal tavolo Sansone (1980) alle dieci sedute componibili Cannaregio (1987).
La visione di Gaetano Pesce sulla società contemporanea
Ma nella storia recente dell’artista non sono mancate le polemiche. Come in occasione del Fuorisalone 2019, quando Pesce presentò una rivisitazione della sua Up5 (nata già nel ’69 come manifesto di espressione politica sulla condizione femminile), per celebrarne il cinquantesimo anniversario: nella forma della Maestà sofferente, monumentale installazione ispirata alle Veneri paleolitiche, l’installazione si presentava, allora, come una poltrona rosa trafitta da frecce, metafora della condizione femminile prigioniera di un mondo governato da uomini. Un lavoro non compreso da tutti, e attaccato con vernice rossa dal collettivo Non Una di Meno, secondo il quale l’installazione incarnava l’idea della donna come mobile.
Il suo approccio ironico, libero e provocatorio l’artista ligure l’ha coltivato nel corso di tutta la sua lunga carriera, mai rinunciando al suo spirito critico e alla possibilità di pronunciarsi sulla società contemporanea, da visionario e sperimentatore indomito. Nel 2011 mise L’Italia in croce, rappresentando lo Stivale come un crocefisso grondante sangue alto sette metri, circondato da panche per la preghiera, una fonte battesimale e candele tricolori. Una provocazione messa in scena al Teatro dell’Arte di Milano per spronare gli Italiani a recuperare e valorizzare quella creatività che li ha resi famosi in tutto il mondo, nell’auspicio di una resurrezione. Del 2016 è invece l’intervento urbano in Santa Maria Novella, a Firenze, con la Maestà tradita, “monumento alla liberazione femminile e del femminile“.
Sempre nel 2016, Pesce presentava anche il suo progetto per il Ponte sulle Stretto, iscrivendosi al dibattito che per decenni ha tenuto banco tra progettisti e urbanisti d’Italia. La sua versione (omaggiata da una mostra al MART di Rovereto lo scorso autunno) fu concepita come un’opera manifesto, uno spazio vivo modellato come sinuosa striscia d’asfalto, sorretta da 18 piloni: “È mia convinzione che l’Italia abbia bisogno di ritornare a realizzare opere originali e innovative, che le portino l’ammirazione del mondo”, diceva. Da architetto, peraltro, ha progettato alcuni edifici iconici e sempre votati alla sperimentazione, come l’Organic Building di Osaka (1993) o la ristrutturazione dell’agenzia pubblicitaria Chiat Day di New York (1994). In Italia realizzò nel 2008 il Pink Pavillon, costruzione sperimentale temporanea destinata ad accogliere laboratori per bambini legati alle mostre in corso in Triennale a Milano, e il Pescetrullo, abitazione realizzata nella campagna pugliese utilizzando casseforme di legno e poliuretano espanso.
Il suo lavoro gli è valso diversi riconoscimenti, come il Chrysler Award for Innovation and Design nel 1993, l’Architektur and Wohnen Designer of the Year nel 2006 e il Lawrence J. Israel Prize del Fashion Institute of Technology di New York nel 2009.
Ha insegnato architettura all’Institut d’Architecture et d’Etudes Urbaines di Strasburgo, alla Carnegie Mellon di Pittsburgh, alla Domus Academy di Milano, al Politecnico di Hong Kong. Nel 2022, la serie UP ha vinto il Compasso d’Oro alla carriera del prodotto.
Dal 1983, Gaetano Pesce ha vissuto e lavorato a New York, nel suo laboratorio di Brooklyn, dando vita alla società Fish Design.
Livia Montagnoli
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