Ai Weiwei resta ai domiciliari e diserta la Biennale di Kochi-Muziris, la prima mai tentata in India. Si apre domani: chi ci sarà? Per l’Italia il solo Stampone
È successo, per la Turchia, con Istanbul; ed è capitato, in Cina, a Shangai. Non c’è piazza o mercato dell’arte di fresca emersione che non avverta la necessità di legittimare la propria posizione fissando i paletti di un confronto tra i linguaggi locali e quelli della scena internazionale. Come? Attraverso una Biennale, naturalmente. Non poteva […]
È successo, per la Turchia, con Istanbul; ed è capitato, in Cina, a Shangai. Non c’è piazza o mercato dell’arte di fresca emersione che non avverta la necessità di legittimare la propria posizione fissando i paletti di un confronto tra i linguaggi locali e quelli della scena internazionale. Come? Attraverso una Biennale, naturalmente. Non poteva non arrivare il momento, allora, di un grande evento espositivo in India: apre i battenti il 12 dicembre la Biennale di Kochi-Muziris, tentacolare città portuale nel sud del Paese. Appuntamento che, in realtà, sembra arrivare un po’ in ritardo: perché la grande fase di crescita dell’arte indiana si è esaurita con la metà degli Anni Zero, assestandosi oggi su quell’altalena di emozioni che contraddistingue un po’ tutti i mercati; perché i maestri in arrivo da quelle latitudini sono ormai stati abbondantemente sdoganati, e non solo nei nomi di Subodh Gupta e Anish Kapoor: perché se gli accademismi del nonagenario Syed Haider Raza volano da Christie’s a 3milioni e mezzo di sterline significa che la considerazione per il sistema India è più che alta.
Tempismo a parte la faccenda era nell’aria, doveva accadere ed accadrà: tre mesi di apertura per un evento a cui partecipano, sotto la direzione artistica di Bose Krishnamachari, poco meno di cento artisti in arrivo da oltre venti nazioni diverse. La parte del leone, come nelle aspettative, la fanno le glorie locali: Gupta c’è; e con lui Rohini Devasher, avvistata recentemente a Milano chez OttoZoo; ed una vasta selezione di artisti già da tempo in orbita Saatchi, come Justin Ponmany o il pakistano Rashid Rana. Ininterrotto e ineludibile il legame tra l’India e Londra: capita allora di trovare in mostra la street-art di Mathangi Arulpragasam, ai più nota con lo pseudonimo di M.Y.A.: stella del disco-pop britannico, capace di duetti con Madonna e nomination all’Oscar per la colonna sonora di The Millionaire.
Ricco il cartellone degli ospiti stranieri: e diversi i big chiamati ad esporre in una delle quattordici sedi disseminate per la città. Ecco Santiago Serra e Alfredo Jaar; ma anche Cyprien Gaillard ed Ernesto Neto; di Ai Weiwei annunciati due video, ma il dissidente dell’arte non sarà presente di persona: un nuovo provvedimento restrittivo da parte del governo di Pechino gli impedisce di lasciare la Cina, nonostante la sua partecipazione alla Biennale di Kochi fosse stata data per scontata. Quanto all’orgoglio italico, se si vuole riconoscere a Jannis Kounellis l’esclusività del passaporto greco, l’unica presenza rimane quella di Giuseppe Stampone.
– Francesco Sala
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