La moda non è più quella del 1985, quando Domenico Dolce e Stefano Gabbana fondavano il marchio Dolce&Gabbana che quindi si avvicina a compiere i suoi primi 40 anni. E non si tratta solo di creatività, che comunque è sempre diversa essendo cambiati i protagonisti, ma della struttura del fashion system. Oggi i più grandi brand sono nelle mani di altrettanto grandi gruppi del lusso, che li acquistano e a volte li rivendono, antecedendo la finanza a tanto altro. Eppure alcune eccezioni esistono, e Dolce&Gabbana è tra queste: i fondatori, nonché direttori creativi della Maison, non hanno venduto nulla a nessuno e sono ancora lì, come quarant’anni fa. Ciò è stato possibile anche, e soprattutto, per il loro modo di comunicare attraverso i vestiti; mutato nel tempo e vincente specialmente per l’abilità di captare quando era il momento giusto per essere massimalisti o quando bisognava sottrarre in favore di un minimalismo autentico e coerente con le proprie radici. Le stesse da cui parte la prima mostra dedicata al marchio italiano, visitabile dal 7 aprile al 31 luglio 2024 in esclusiva mondiale presso Palazzo Reale a Milano, per poi diffondersi su scala globale, come anticipato dall’assessore alla Cultura del capoluogo lombardo Tommaso Sacchi. Un evento che ha richiesto investimenti davvero ingenti da parte del brand milanese: si parla di cifre ben superiori al milione di euro, non poco per una mostra.
La mostra di Dolce&Gabbana a Milano
Intitolata Dal Cuore alle Mani: Dolce&Gabbana e curata da Florence Müller insieme a un comitato scientifico composto da Monsignor Alberto Rocca (Direttore Pinacoteca Ambrosiana) e da Franco Cologni (Presidente Fondazione Cologni per i Mestieri d’Arte), l’inedita e complessa retrospettiva lavora sia sull’intreccio tra cultura e moda sia sulle già citate radici di Domenico e Stefano, attraverso l’output di un raffinato processo creativo che attinge anche dal barocco siciliano, dai mosaici bizantini, dall’opera lirica, dalle divinità olimpiche greche e dai film italiani come Il Gattopardo. Un viaggio che racconta le fonti di ispirazione del duo, tradotte negli abiti e nelle personalità dei creativi, e che non è legato solo alla Sicilia: il marchio ha sede a Milano, e ha scelto quest’ultima come città in cui sfilare durante le Fashion Week ed è da qui che parte la mostra.
I codici di Dolce&Gabbana
Se si parla di Dolce&Gabbana, sono imprescindibili l’esaltazione dell’Italia in quanto ideale fatto di sogni e aspirazioni, e l’autentico lavoro artigianale e sartoriale, che enfatizza la genesi degli abiti: nella sala n. 145 di Palazzo Reale è stata ricreata una sartoria al cui interno artigiane e artigiani sono all’opera. Proprio “dal cuore alle mani”, affinché il visitatore possa entrare nel vivo della creazione di un abito, dai pizzi fino ai bottoni e senza tralasciare chi lavora nei backstage del settore moda, in una rappresentazione trasparente e, quindi, democratica. Come l’iniziativa Milano Museo Card (dal costo di €15 per entrare in tutti i musei civici della città) che consente di visionare la mostra allo stesso costo del biglietto.
Il percorso espositivo della mostra di Dolce&Gabbana
Il percorso espositivo prende avvio dagli spazi esterni di Palazzo Reale con una serie di opere d’arte digitale realizzate da visual artist contemporanei, tra cui Felice Limosani, Obvious Art, Alberto Maria Colombo, Quayola, Vittorio Bonapace e Catelloo. Il percorso prosegue al piano nobile con una sequenza di dieci sale che esplorano l’essenza della casa di moda. Ad accogliere i visitatori, i dipinti ispirati al Grand Tour delle collezioni Alta Moda di Dolce&Gabbana firmati da Anh Duong. La seconda sala è dedicata all’arte della lavorazione del vetro veneziano: l’allestimento si snoda tra specchi e lampadari pensati per riflettere i dettagli di ricami e cristalli che arricchiscono gli abiti lì presenti. La terza sala è un tributo a Il Gattopardo: gli ambienti della versione cinematografica di Luchino Visconti del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa sono rievocati mediante un setting immersivo che riproduce la scena del ballo. Al tema della devozione è dedicata la quarta sala: sotto l’egida del Cuore Sacro, lo spazio presenta un contemporaneo sancta sanctorum, uno scrigno che custodisce una selezione di creazioni di Alta Moda e Alta Gioielleria che alternano il fascino del nero Sicilia all’oro. Invece, fondamentale nella comprensione del marchio e della mostra è la quinta sala, che fornisce uno scorcio sulla pratica laboratoriale che è il fulcro dell’Alta Moda, dell’Alta Sartoria e dell’Alta Gioielleria della Maison. Questo spazio riproduce gli ambienti della sartoria e dei laboratori della casa di moda, accogliendo veri sarti e artigiani tutti i venerdì dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 18.
I riferimenti culturali di Dolce&Gabbana
Il percorso prosegue tra proiezioni di opere d’arte rinascimentali, una speciale installazione decorata a mano da maestri pittori della maiolica e del Carretto Siciliano, l’omaggio a Giacomo Serpotta, maestro del periodo barocco che si dedicò alla lavorazione dello stucco, e altri riferimenti che prendono posto nel grande puzzle quale è questa mostra, pensata per narrare le ispirazioni del marchio. Anche se, una narrazione scritta dei passaggi da un tema all’altro sarebbe stata utile nella comprensione del genio di Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Ma, forse, la decisione di affidarsi unicamente a opere d’arte e a vestiti, tra cui un abito corsetto in tulle ricamato a piccolo punto e impreziosito da cristalli, paillettes e frange, e delle corazze create tramite stampa 3D in poliuretano termoplastico con chiusure metalliche laterali e verniciate a mano con effetto “allustratura”, rendono la passione che accomuna i due stilisti alla base di ciò: l’amore per la moda, quella vera fatta di abiti costruiti con cura e pensati con una certa dose di cultura e devozione per l’arte tutta.
Giulio Solfrizzi
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