Cremona, città laboratorio di una rigenerazione urbana alternativa
Come si rende di nuovo attrattivo il centro storico di una città italiana di 70mila abitanti? In quale modo il patrimonio edilizio può divenire il punto di forza per una rinascita orientata alle giovani generazioni? Cremona scommette sul piano “Giovani in centro”
La rigenerazione urbana? “Non è un marchio che aggiungiamo alla fine di un processo di natura soprattutto materiale per metterci a posto la coscienza”, dichiara senza rischio di fraintendimenti Andrea Virgilio, vicesindaco di Cremona. È lui a fare gli onori di casa in occasione del recente (e affollato) incontro pubblico Pensare la città, momento di confronto che nella patria di Antonio Stradivari ha chiamato a raccolta progettisti, amministratori, studiosi, giornalisti e tecnici attorno all’ambizioso programma di rigenerazione urbana Giovani in centro. All’appuntamento non sono mancati gli architetti coinvolti nei processi che, secondo modalità e tempi distinti, contribuiranno a definire il volto della Cremona del futuro. Presente, quindi, Mario Cucinella, che lo scorso ottobre si è qualificato al primo posto nel concorso internazionale per la realizzazione del nuovo ospedale cittadino, imponendosi su una rosa di finalisti composta da Park Associati, Foster + Partners, Baumschlager Eberle Architekten e OMA – Office for Metropolitan Architecture. Significativo, tra gli altri, l’intervento dell’architetto Stefano Peyretti per Isolarchitetti S.r.l., ovvero lo studio capofila del raggruppamento che a inizio 2024 si è aggiudicato l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura per il recupero dell’ex chiesa di San Francesco (con MCM Ingegneria SRL, Less SRL, Sintecna SRL, il geologo Andrea Ferrarotti e la restauratrice Barbara Rinetti): un’opera, questa, strategica per la reale riuscita del piano Giovani in centro.
Così il Comune di Cremona vuole rigenerare il centro storico
Piccola capitale italiana della musica, internazionalmente nota per il prestigio dei suoi maestri liutai, Cremona è una destinazione pacata, piacevole, “a misura d’uomo” volendo adottare un’espressione che oggi suona vagamente demodé. È una meta che incoraggia chi la visita ad accordarsi ai suoi ritmi lenti per godere della sua placida atmosfera, anche solo per qualche ora. Seppur non oppresso dall’overtourism, con le sue inesorabili ricadute sul tessuto sociale cittadino, negli ultimi anni anche il centro storico cremonese ha registrato alcuni cambiamenti. Al pari di quanto avviene in altre città intermedie italiane, alle prese con l’emorragia di popolazione residente e con la perdita di funzioni di interesse collettivo, fatalmente dislocate in aree periferiche, anche in questo caso alla metamorfosi demografica si sta affiancando una forma di “sfaldamento” della memoria collettiva rispetto ai luoghi. Un tempo punto di riferimento per la vita comunitaria, alcuni manufatti cittadini abbandonati, dismessi o solo parzialmente impiegati hanno finito per rappresentare, per le generazioni più giovani, degli inesplorabili “buchi neri”. Prova ne è l’ex chiesa di San Francesco, un edificio di interesse storico e architettonico, risalente alla seconda metà del XIII secolo, che fu tenuto a battesimo dal “poverello d’Assisi” in persona. Situato nelle immediate vicinanze di piazza Duomo, dalla quale è raggiungibile a piedi nell’arco di qualche minuto, perse negli anni la funzione religiosa per assolvere a un altro ruolo. Insieme al complesso di via Radaelli, è rimasto infatti in uso fino al 1971 come ospedale di Santa Maria della Pietà, subendo tutte le (intuibili) trasformazioni architettoniche necessarie alla quotidianità di un nosocomio. Ebbene, cosa fare oggi dei suoi generosi spazi interni, di fatto sconosciuti da un segmento della popolazione cremonese? E in quale modo si potrebbero riattivare le adiacenti aree pubbliche all’aperto, svincolandole dalla sola funzione di parcheggi?
Progettualità immateriale, capitale umano e rigenerazione urbana a Cremona
La strada che l’amministrazione comunale ha scelto di percorrere non è forse la più agile e, probabilmente, neppure la più ricorrente in questo frangente storico. È tuttavia l’espressione di una visione in cui confluiscono riflessioni legate a discipline come demografia, architettura, politica, economia, ecologia. “Siamo partiti dalla progettualità immateriale”, rivendica il vicesindaco Virgilio. “Chi fa rigenerazione deve provare a captare i flussi di pensiero, espresso o non esplicitato, e i desideri presenti negli spazi pubblici. È nostro compito anche leggere questi flussi e individuare possibili nuove destinazioni per i luoghi esistenti. Nel corso di questi anni abbiamo assistito a tanti abbandoni, da quello delle aree industriali fino a quello più recente dei luoghi del lavoro tradizionali, per effetto della pandemia”, prosegue. Due gli obiettivi che si è imposta l’amministrazione di Cremona, ripensando la città: renderla attrattiva per nuovi potenziali residenti (con particolare riguardo per gli studenti universitari fuori sede) e davvero abitabile per le giovani famiglie, i bambini e gli adolescenti; in parallelo, si punta a estendere la comune percezione del centro storico, portandolo oltre le ridotte porzioni ritenute nevralgiche dalla maggior parte dei residenti. Per farlo occorre ragionare su un modello di urbanistica “alternativo” a quello un tempo prevalente. Un modello, chiarisce Virgilio, che “passa anche per il contrasto dei perimetri: in passato una città si sviluppava sulla base di comparti e perimetri, ma oggi assistiamo alla contaminazione delle funzioni. Un esempio? La casa che diventa anche spazio professionale. In Giovani in centro pensiamo alla cultura come volano per l’inclusione sociale, per questo intendiamo favorire l’aggregazione e lo scambio tra abitazioni, artisti e creativi”. A riflettere questo indirizzo sono le funzioni annunciate per il sito di San Francesco: nei secoli chiesa, convento e ospedale, prossimamente sarà un multiforme spazio per la collettività, dotato di “servizi alla cittadinanza con particolare attenzione alle fasce più giovani, per la scuola di seconda opportunità, e per laboratori, aule musicali, e sedi di associazioni”, chiarisce l’architetto Peyretti.
“Giovani in centro” a Cremona: investimenti e opere
Per raccogliere i frutti di questa strategia occorrerà tempo, ma intanto è al 2024 che si guarda per avvio dei primi cantieri, condotti in concerto con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Cremona, Mantova e Lodi in presenza di vincoli. “Il progetto complessivo terminerà nel 2027 con un investimento di circa 17 milioni di euro, assicurato da Fondi Europei gestiti da Regione Lombardia e da cofinanziamento comunale. I cantieri inizieranno nei prossimi mesi e termineranno entro il 2026”, indica Virgilio. L’operazione riguarda edifici pubblici non più in uso anche da cinquant’anni, come l’ex Ospedale di via Redaelli e la chiesa di San Francesco, ma include anche gli interventi sulle piazze Giovanni XXIII e Lodi; parallelamente sono in “fase di ripensamento e riqualificazione di tanti luoghi, basti pensare all’area Frazzi e palazzo Duemiglia, e agli interventi che interessano il quartiere Po”, conclude il vicesindaco. La “scommessa” di Cremona sulla rigenerazione urbana ci ricorda che la qualità di una città non deriva esclusivamente dall’unicità o dalla bellezza del suo patrimonio architettonico, ma dipende anche dalla sua capacità di accogliere e far germogliare, anziché respingere o annullare, tutto il potenziale della comunità residente. Attuale e futura.
Valentina Silvestrini
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