A Vienna nasce il Museo dell’Azionismo Viennese
Nella capitale austriaca inaugura il primo museo interamente dedicato ad uno dei movimenti artistici più importanti dell’epoca postmoderna. Abbiamo parlato con la sua direttrice e con il suo curatore
Nonostante siano passati sessant’anni dalle sue primissime manifestazioni, l’Azionismo Viennese resta ancora oggi un corpus di studio non del tutto esplorato, con considerazioni critiche figlie, per la maggior parte, di quei travagliati processi storico-nazionali che caratterizzarono il dopoguerra austriaco. A compensare questa carenza, ben venga l’iniziativa di una cordata di collezionisti ad aprire un museo specifico per approfondire e creare nuove connessioni d’indagine su una delle stagioni più controverse e stimolanti del Novecento artistico europea. Inaugurato il 15 marzo, il WAM (Wiener Aktionismus Museum) propone all’interno di un voluminoso (circa 900 metri quadrati) complesso di due piani un propositivo spaccato sull’Azionismo Viennese, i suoi protagonisti e diversi spunti di riflessione tematici sul ruolo artistico e sociale che ebbe il movimento nel suo decennio d’oro, gli Anni Sessanta.
La mostra sull’Azionismo Viennese
Günter Brus, Otto Muehl, Hermann Nitsch e Rudolf Schwarzkogler, i nomi più rappresentativi dell’Azionismo, vengono proposti per la prima volta nella loro autonoma fisionomia artistica, ovvero senza bisogno di confrontare direttamente il loro operato con le altre compagini internazionali, alludendo, tuttavia, molto spesso all’ascendente caratteristico della corrente austriaca verso altri generi artistici, come la performance art e la body art.
“Abbiamo suddiviso la nostra prima mostra museale, WHAT IS VIENNA ACTIONISM?, in un percorso di sette sezioni susseguenti, per permettere al visitatore la scelta di una fruizione libera e personale oppure didattica e cronologica, così da poter rendere piacevole la visita sia ai conoscitori che ai neofiti dell’Azionismo” così illustra la giovane direttrice del WAM Julia Moebus-Puck. Pittura, fotografia, collages, opere in mixed media ed un emblematico video finale, Zerreißprobe (Stress Test) di Günter Brus datato 1970, lasciano intuire la ricchezza scenica dell’esposizione, visitabile fino al 31 Gennaio 2025, costruita appositamente mirando all’inclusività, nonostante la crudezza tipica di questa forma artistica.
Dunque, “che cos’è l’Azionismo Viennese”?
La nascita dell’Azionismo Viennese
Nel tentativo di superare la pittura con presenza fisica e maestosa, un gruppo affiatato di artisti viennesi inizia nei primissimi Anni Sessanta ad incrementare l’utilizzo del colore sulla tela con elementi organici e impetuosa gestualità; alle prove materiche di Hermann Nitsch e Otto Mühl, il primo noto per l’uso del sangue nei suoi quadri astratti ed il secondo per le opere scultore originate dalla spazzatura, si sposano perfettamente le azioni di auto-cospargimento cromatico di Günter Brus (il corpo che diventa tela) e le performance estreme Rudolf Schwarzkogler, il più giovane ad unirsi al movimento e deceduto prematuramente nel 1969, nemmeno trentenne. L’Azionismo Viennese, che nasce in braccio all’Espressionismo Austriaco, ad Egon Schiele, alla filosofia di Ludwig Wittgenstein, alla rivoluzione di Sigmund Freud, non ebbe un reale statuto programmatico e lo stesso termine fu coniato postumo dall’artista e studioso Peter Weibel, tuttavia si annovera l’origine della corrente artistica nel giugno del 1962, con l’evento Die Blutorgel , dove Mühl si “imprigiona” nello scantinato di casa sua assieme a Nitsch e Adolf Frohner, realizzando opere e azioni performanti, tra cui la crocifissione rovesciata di un agnello macellato e sventrato (procurato, opportunamente, già esanime).
“Scavando nell’intimità della materia, proprio come uno psicanalista freudiano fa con la mente, gli Azionisti sono passati dalla materia pittorica ad un’indagine del corpo e della realtà circostante: l’atteggiamento dissacrante e talvolta autolesionista delle loro performance ha un valore catartico, tenta di liberare l’arte dai gioghi accademici e, successivamente, mediante l’utilizzo puntuale della fotografia, di liberare il medium dalla sua univoca azione documentatrice, creando dei veri e propri tableaux photagraphy”. Così parla la chief curator del WAM nonché curatrice della mostra inaugurale Eva Badura-Triska, che non manca di ricordare la crescente azione collettiva del movimento e la presa di posizione politica di alcuni loro interventi: “La grottesca carnevalata di Vietnam-Party del 4 Luglio 1966, dove agli artisti si aggiungono diverse ‘comparse’ invitate appositamente, vuole mostrare sia la bestialità della guerra, sia la pochezza e disincanto borghese delle manifestazioni pacifiste: l’arte, invece, tramite questa azione collettiva con Otto Mühl e compagni che allestiscono, con bende, protesi e corsetti, una pantomima da scenario di guerra, simula la realtà nei suoi aspetti più efferati. Senza dimenticare Kunst und Revolution, tenuta nell’Aula Magna dell’Università di Vienna il 7 giugno del 1968, la summa artistico-politica dell’Azionismo e il primo scandalo istituzionale del movimento”.
Intervista con il curatore del WAM
Sulla medesima linea di pensiero, incalzando l’importanza della “forza-motrice” del movimento, con cui l’Europa accoglieva la rivoluzione culturale sessantottina, ripercuote il tema anche Marcello Farabegoli, curatore del museo incentrato in particolare nel promuovere l’Azionismo Viennese all’estero.
Quali aspetti dell’Azionismo Viennese meritano attenzione?
L’Azionismo Viennese è uno dei contributi più importanti dell’Austria alle post-avanguardie internazionali degli Anni Sessanta. Ha prodotto innovazioni radicali a livello formale, estetico e concettuale. Un aspetto dell’Azionismo Viennese che trovo particolarmente stimolante sono le forti polemiche che questo movimento artistico ha comprensibilmente suscitato all’epoca e che suscita ancora oggi. Non si tratta però di banalità o di “cliché provocatori” che servono solo ad attirare l’attenzione.
Data la tua precedente mansione di curatore della Sammlung Friedrichshof (Collezione Friedrichshof), da cui è stato acquisito il nucleo più consistente delle opere del museo, porti con te un bagaglio di esperienza e conoscenza d’eccezione riguardo l’Azionismo. È un oggetto di studio esaustivo? Quale connessione può avere con il panorama attuale?
Mi affascina l’arte che osa spingersi ai limiti estremi in modo intelligente e autentico. Entrando nel merito dell’Azionismo, ho trovato molto interessanti sia i rimandi alla Wiener Moderne, penso soprattutto ad Egon Schiele, e ancor più i paragoni con le correnti internazionali più o meno parallele al periodo, come Fluxus o l’happening, riferendomi naturalmente ad Allan Kaprow, ma pure ad una Carolee Schneemann. E per restare nel territorio Austriaco, da non dimenticare l’ineguagliabile Valie Export.
Inoltre, l’Azionismo Viennese ha avuto un impatto diretto con la realtà e si insinua, per così dire, fin sotto alla pelle dell’osservatore, quando esso si approccia al suo sostrato psicoanalitico. Gli Azionisti Viennesi sono spesso stati oggetto di polemiche o almeno di opinioni assai contrastanti ed in alcuni casi, come quello della ricezione di Otto Muehl, sono a mio avviso assolutamente necessari una contestualizzazione e un esame critico particolarmente profondi. Ma un movimento artistico che a distanza di decenni è ancora in grado di scatenare vivaci dibattiti deve, a mio avviso, attanagliare l’essenza stessa della nostra esistenza, a prescindere o proprio a causa delle questioni ideologiche che solleva. Al momento sto approfondendo le ricerche per trovare “tracce” di Azionismo Viennese in artisti, specialmente performer, contemporanei spingendomi, se mi permetti questa citazione dell’ultimo film di Cronenberg, fino ai “crimes of the future”.
C’è qualche progetto in corso o futuro che puoi anticipare?
Sto preparando per il Museo Novecento di Firenze una retrospettiva di Rudolf Schwarzkogler che avrà luogo al più tardi il prossimo anno e che curerò assieme ad Eva Francioli, curatrice del detto museo, sotto la direzione artistica di Sergio Risaliti. Oltre a numerosi prestiti dal MuMok – Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig Wien, che sto definendo in queste settimane, naturalmente sarà mia premura portare a Firenze anche alcuni dei pezzi più belli di Schwarzkogler che abbiamo nella nostra collezione al WAM. Inoltre sono in contatto con il Museo Antiguo Colegio de San Ildefonso di città del Messico per definire una mia proposta espositiva in cui, assieme al curatore José Manuel Springer, vorrei mettere l’Azionismo Viennese in correlazione con artisti contemporanei messicani. Per giunta, sento frequentemente alcuni colleghi in Giappone per mostrare musealmente l’Azionismo Viennese assieme al Gutai. Insomma, sto seminando proposte un po’ in tutto il mondo per far germogliare nei prossimi anni diverse mostre ruotanti attorno all’importante collezione del WAM.
Luca Sposato
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