Lo strano caso di Ales, società di successo del Ministero della Cultura
Quando le privatizzazioni fanno bene. Dalla crisi, alla crescita esponenziale. Dal chiudere in rosso nel 2007, a un profitto 2022 che è 15 volte i ricavi di quell’anno, la parabola positiva di Ales Spa
Correva il 2007. Erano trascorsi 14 anni dalla cosiddetta Legge Ronchey con la quale si creavano i Servizi Aggiuntivi.
Il Colosseo avrebbe registrato, per l’anno in corso, 4.441.453 visitatori; la Rocca di Gradara avrebbe occupato il 29° posto nella top 30 dei musei più visitati – classifica che sarebbe stata chiusa dalla Pinacoteca di Brera, con i suoi 203.411 visitatori. Nel loro complesso, i 30 musei più visitati dell’anno avrebbero raccolto un totale di 19.373.103 visitatori.
ALES S.p.A. nata esattamente 10 anni prima, e che allora contava la partecipazione azionaria di Italia Lavoro S.p.A. (oggi ANPAL), avrebbe chiuso l’esercizio commerciale registrando, in conto economico, un totale di valore della produzione pari a 14.380.152 euro, tra i quali molti contributi in conto esercizio, che non sarebbero valsi a far chiudere in attivo la differenza tra costi e valore di produzione.
Da allora, il mondo della cultura sarebbe notevolmente cambiato.
I miglioramenti nei Musei italiani grazie alla crescita di ALES
Nel 2022, ad esempio, il Colosseo aveva più che duplicato i visitatori del 2007, e la top 30 dei Musei aveva accolto, complessivamente, circa 29 milioni di visitatori, quasi 10 milioni in più di quindici anni prima.
Numeri importanti, ma ancor più importanti erano stati i numeri di ALES S.p.A., la quale, dopo la cessione delle quote di Italia Lavoro S.p.A., era divenuta società in house del Ministero della Cultura. Quell’anno avrebbe registrato un valore totale della produzione pari a 95.740.475 euro, con una differenza ricavi-costi che avrebbe raggiunto il valore massimo di tutto il periodo considerato: 13.304.037 euro. In 15 anni, il fatturato superava i costi per lo stesso importo che 15 anni prima rappresentava l’intero ricavo annuo.
I numeri del successo di ALES in Italia
Va detto che, nel tempo, anche ALES ha subito numerosi cambiamenti: come si apprende dal sito web, infatti, nel 2014 la società riceve un importante incarico per il supporto del Grande Progetto Pompei. Nel 2015, gestisce il progetto per il miglioramento delle condizioni di fruizione pubblica della Galleria degli Uffizi, nel 2016 incorpora la Arcus S.p.A. – Società per lo Sviluppo dell’Arte, della Cultura e dello Spettacolo – e nello stesso anno le viene affidata anche la gestione delle mostre e degli eventi culturali presso le Scuderie del Quirinale. In tale occasione, acquisisce l’Azienda Speciale Palaexpo, che ne era precedentemente incaricata.
Tutte operazioni e acquisizioni, queste, che hanno portato la società in house del Ministero a registrare, in quel 2022, un utile di 7.404.617 euro, confermandosi come una delle principali società italiane del settore culturale.
Tra il 2021 e il 2022 ALES S.p.A. ha registrato un incremento dei ricavi di circa 24 milioni di euro, e il totale costo per il personale è passato dai 12 milioni del 2007 ai circa 70 milioni del 2022, con un’occupazione diretta di 1970 dipendenti, di cui 5 dirigenti, 22 quadri, 1.583 impiegati, 112 operai e 248 interinali.
Il grande fatturato di ALES S.p.A. è da ricondurre principalmente al cosiddetto core business aziendale, e pertanto ai servizi tecnico-specialistici, per il supporto e la realizzazione di attività di conservazione, fruizione e gestione del patrimonio culturale. In particolare, si tratta di attività di supporto alla conservazione dei beni archivistici e librari, e del patrimonio culturale presso strutture centrali e periferiche del MIC, nonché di monitoraggio di impianti di sicurezza, o di comunicazione e promozione del Patrimonio.
Le riflessioni sul successo di ALES nel Mondo della Cultura Italiana
Quello di ALES S.p.A. è dunque un caso di indubbio successo e tutti dobbiamo essere felici per la gestione in attivo di una società in house di un nostro Ministero. E ancor più sapendo che si occupa di Cultura.
Certo, sarebbe utile una valutazione comparata con gli altri operatori di mercato, che permetta di comprendere come mai, in un settore che è così remunerativo, si contino così pochi soggetti privati di dimensioni pari a quelle di ALES.
Si tratta infatti di un’anomalia piuttosto particolare: all’evidente redditività del settore, infatti, andrebbero sommati altri valori aggiunti invitanti. Come la capillarità su tutto il territorio nazionale, la grande influenza occupazionale che l’ingresso in tale settore potrebbe comportare, l’importante dote di capitale umano e cognitivo, la visibilità e la desiderabilità sociale delle attività.
Un’altra indagine da fare riguarda la diffusa disillusione che aleggia tra i numerosissimi studenti e laureati nelle discipline umanistiche, quando si lamentano della scarsità di lavoro nel settore culturale e della tutela del patrimonio. Sono molti infatti i musei non ancora serviti da ALES, e che giacciono, probabilmente proprio per mancato slancio imprenditoriale nei giovani, in una condizione di bassa appetibilità, tanto per i cittadini, quanto per i turisti. La cultura, del resto, è un tesoro italiano. Come l’ironia.
Stefano Monti
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