Double Take
In concomitanza con la preview della 60. Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, A plus A Gallery ha il piacere di annunciare l’apertura della mostra “Double Take” a cura degli studenti di School for Curatorial Studies Venice, che nel 2024 festeggia i vent’anni di attività.
Comunicato stampa
Nello slang inglese, con il termine 'Double Take' ci si riferisce all’azione di guardare una seconda volta ciò che a un primo sguardo era sfuggito, così da poter notare qualcosa di insolito, che altrimenti sarebbe passato inosservato.
La soglia di attenzione media si è abbassata. Deep-scrolling, bombing pubblicitario e propaganda subliminale online stanno progressivamente modificando tempi e modalità di consumo dei contenuti, che vengono ingeriti senza assimilazione. Nella cosiddetta epoca dell’iper-informazione, la sovraesposizione informativa sta generando un fenomeno di distrazione di massa.
È ciò che Shoshana Zuboff definisce come ‘capitalismo della sorveglianza’, riferendosi alla matrice di controllo della diffusione incontrollata di informazioni, nuova forma di capitale sfruttabile.
Nel panottico digitale del nuovo millennio, fondato non tanto su limitazioni esplicite quanto sull’automonitoraggio dell’individuo in rete, si va intessendo una rete di controllo sempre più fitta, di cui anche l’arte subisce le ripercussioni: assoggettata all’imperativo del ‘politically correct’, la produzione artistica subisce una perdita di contenuti. Gli artisti si autocensurano o cercano nuove modalità e forme di espressione artistica.
A partire da queste riflessioni, la galleria si converte in un ufficio di sorveglianza ipotetico, in cui le opere sfidano il limite di ciò che è consentito dire, muovendosi tra l’ambiguità e la doppiezza, nel tentativo di aggirare immaginari dispositivi di controllo.
In mostra, opere che tramite codici e rimandi visivi riflettono sull’impossibilità di una comunicazione esplicita e rendono necessario un secondo sguardo per essere comprese, ossia richiamano a un double take. A integrazione delle opere, la mostra prevede anche una sala di ricerca, in cui viene esposta la documentazione storica di casi emblematici di censura che hanno interessato la storia della Biennale, fra cui le fotografie originali delle proteste del ‘68 di Graziano Arici.