Diego Velázquez in dialogo con Caravaggio e Ribera a Roma
La Galleria Borghese propone un nuovo focus tematico, che mette a confronto diretto tre grandi pittori del Seicento. Si parla di Velázquez, temporaneamente ospitato accanto ai suoi “maestri”: Caravaggio e Jusepe de Ribera
In contemporanea al grande progetto di rinnovamento – che vede fino al 30 giugno il trasferimento di cinquanta opere a Palazzo Barberini, in un’inedita collaborazione tra i due musei – la Galleria Borghese ospita un nuovo focus tematico, che fa seguito a quello su Rubens. Un’occasione per rafforzare i rapporti con i musei internazionali, confermando il suo ruolo centrale nello studio e nella ricerca sui protagonisti della storia dell’arte moderna a livello internazionale. Anche questa volta su tratta di un grande esponente del Seicento: Diego Velázquez (Siviglia, 1599 – Madrid, 1660), con la sua prima opera ad oggi conosciuta: Donna in cucina con Cena di Emmaus, proveniente dalla collezione permanente della National Gallery of Ireland e allestita nella Sala del Sileno, che già ospita i dipinti di Caravaggio. L’obiettivo è proprio quello di instaurare tra i due Maestri assoluti del Barocco un proficuo dialogo, aprendo prospettive inedite di critica e approfondimento.
La mostra sul capolavoro di Diego Velázquez alla Galleria Borghese a Roma
La mostra, dall’eloquente titolo Un Velázquez in Galleria, si compone dunque di un solo, efficacissimo lavoro: Donna in cucina con Cena di Emmaus, dipinto dal maestro spagnolo agli esordi della sua carriera, tra il 1618 e il 1620, quando aveva appena terminato i sei anni di apprendistato presso la prestigiosa bottega di Francisco Pacheco, uno dei pittori più apprezzati della Siviglia del primo Seicento.
L’opera contiene tutte le caratteristiche distintive della prima fase della ricerca dell’artista: la tensione compositiva, lo stile e il soggetto di genere bodegòn, che l’avvicinano ad altri capolavori dell’artista, come la Friggitrice di Uova della National Gallery di Edimburgo, o il Cristo in casa di Marta e Maddalena della National Gallery di Londra.
Il dipinto permette di osservare le abilità pittoriche e compositive maturate da Velázquez in questa prima fase dell’attività, tanto nel poetico ritratto della giovane, colta in un’espressione meditabonda e assorta con lo sguardo perso nel vuoto, le labbra leggermente dischiuse e la camicia sommariamente abbottonata; quanto nella magistrale natura morta, disposta ritmicamente sul tavolo, su cui la luce si rinfrange felicemente mettendo in risalto le diverse qualità materiche degli oggetti dipinti.
Dopo quest’inizio concentrato a Siviglia, Velázquez si trasferì a Madrid nel 1623, dove si affermò dal punto di vista artistico e sociale; per diventare pittore di re con Filippo IV nello stesso anno ed arrivare a ricoprire successivamente rilevanti incarichi diplomatici. Motivo per cui la sua figura è effettivamente vicina a quella di Rubens, che molto probabilmente conobbe alla corte di Madrid nel 1629, alla vigilia della sua prima partenza per Roma. Viaggio, quest’ultimo, durante il quale visitò altri centri perfezionando la sua formazione.
Diego Velázquez in dialogo cin Caravaggio alla Galleria Borghese
Il fatto che all’epoca della Donna in cucina con Cena di Emmaus Velázquez non avesse ancora visitato l’Italia ne conferma la genialità e l’originalità dell’esordio; evidente soprattutto nella capacità di restituire il linguaggio drammaticamente chiaroscurale di Caravaggio, mai visto dal vivo ma assimilato indirettamente attraverso gli esempi disponibili a Siviglia. Tra questi, sicuramente poté studiare le opere di Jusepe de Ribera uno dei primi e più geniali interpreti di Caravaggio. “Non un caravaggista” – per usare le parole della Direttrice della Galleria Borghese, Francesca Cappelletti -“ma un artista che a Roma fece rivivere, subito dopo la fuga e la morte di Caravaggio, il mito del grande pittore lombardo”.
Come ha sottolineato sempre lei stessa, avere nella stessa sala i punti di riferimento e confronto del Velázquez degli esordi, è prezioso per distinguere il realismo di questo pittore da altri linguaggi vicini all’imitazione del naturale. La sala, infatti, oltre alle tele del Caravaggio, ospita Il Mendicante di Jusepe de Ribera e Il Giudizio di Salomone, recentemente attribuito al pittore spagnolo, con acutezza e intelligenza critica, da Gianni Papi.
L’elemento distintivo di questo primo Velázquez risiede nella sua brillante capacità di fondere, in modo armonioso e del tutto naturale, sacro e profano. Il divino entra nella scena di genere letteralmente dalla finestra che si apre sulla Cena di Emmaus; un episodio molto significativo per la fede cattolica, in cui Cristo risorto si rivela ai discepoli, che non lo avevano riconosciuto, nel gesto di spezzare il pane. L’inserimento di un così dirompente elemento sacro in quella che apparentemente potrebbe sembrare una semplice scena di genere, conferisce all’intero dipinto un valore metafisico, amplificato dall’unità stilistica e tonale con cui il pittore mette sullo stesso piano realtà terrena e rivelazione divina. Come se Velázquez volesse trasmettere l’idea della pervasività della fede e della indubitabilità della rivelazione divina.
Ludovica Palmieri
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati