L’antologia della Fiber Art. In una mostra a Lecce
30 artisti contemporanei si confrontano sulla techne dell’arte tessile in una mostra collettiva al Must, il Museo Storico della città barocca
Le sperimentazioni sull’arte tessile, che affonda le sue radici nell’Arts and Crafts e nell’Art Nouveau, nelle Avanguardie Storiche e nella Bauhaus, sfociando nella Fiber Art, costituiscono il nucleo tematico di “Aracne – Filo per filo, punto per punto, segno per segno”, la mostra collettiva allestita al Must di Lecce. Ideata dalla direttrice Claudia Branca, l’esposizione ripercorre la poiesis e la techne di 30 artisti di livello nazionale ed internazionale, appartenenti a generazioni differenti. La mostra è stata realizzata in collaborazione con il comitato scientifico formato da Massimo Guastella, Lia De Venere, Diego Viapiana, Gabriella Anedi, e con il Laboratorio TASC dell’Università del Salento.
L’arte del tessile
È un confronto tra tecniche e stili eterogenei nell’alveo dell’“arte morbida”, un dialogo ideale sulla Fiber Art, che negli anni ’60 e ’70 del Novecento, ha influenzato l’Arte Povera, divenendo uno strumento del dissenso del movimento femminista. Nelle sale del Must, spiccano l’installazione di Elisabeth Aro, una grande rete da pesca in velluto rosso granata che pende dal soffitto, “Rainbow Opera”, la variopinta installazione di capelli sintetici creata da Shoplifter, l’inquietante “Camicia rossa” sgocciolante di Hermann Nitsch, la magnetica “struttura globulare” di Claudia Losi. Spazio anche per un’incursione sul Futurismo con le rielaborazioni tessili degli anni ‘70 di due opere di Depero e Severini.
Le opere in mostra al Must di Lecce
Ecco, poi, il caustico “Ritratto (di inventore)” in feltro di Vincenzo Agnetti, le vivaci lettere ricamate di Alighiero Boetti, il claustrofobico parallelepipedo di panni infeltriti e compressi di Cèsar. Mirabili sono il “libro cucito” celeste di Maria Lai, l’abito di Nicola Liberatore dedicato ad Eos, dea greca dell’alba e “Lollobrigida” di Joana Vaconcelos: un tripudio cromatico di stoffe e ornamenti che rendono regale anche un vecchio mobile di famiglia. Più cupi e rigorosi appaiono, invece, gli “Abiti mentali” in tele medievali di Franca Maranò, mentre l’esuberanza di Yayoi Kusama trasuda anche nelle cromie vivide e squillanti di “Memory”.
Cecilia Pavone
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