Willem de Kooning e l’Italia. Mostra da non mancare alle Gallerie dell’Accademia di Venezia
Il primo progetto espositivo che approfondisce i due periodi che de Kooning passa in Italia, nel 1959, all’apice del successo, e nel 1969, quando si accosta alla scultura
Willem de Kooning (Rotterdam, 1904 – New York, 1997) è stato classificato in modi diversi: espressionista astratto, esponente dell’action painting o semplicemente della Scuola di New York, anche se le sue astrazioni, a differenza di quelle di Jackson Pollock o Mark Rothko, sono quasi sempre supportate da figure, oggetti o luoghi. In ogni caso sia l’Espressionismo astratto sia l’Action painting non sono mai stati movimenti rigidi, piuttosto atteggiamenti critico-creativi che hanno frantumato ogni aspetto dello schema figurativo, sia formale sia geometrico, adottando la carica dirompente dell’azione pittorica mediante il linguaggio segnico e la materialità cromatica. È proprio questa caratteristica di de Kooning a spiccare nell’esposizione, Willem de Kooning e l’Italia, alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, in una rassegna che riunisce circa 75 opere, dalla fine degli Anni Cinquanta agli Anni Ottanta.
De Kooning e i paesaggi tra Italia e Springs
Con la scelta curatoriale che presenta in contemporanea disegni dipinti sculture per favorire una narrazione completa e coerente del percorso dell’artista, questo è il primo progetto espositivo che approfondisce i due periodi che de Kooning passa in Italia, nel 1959, all’apice del successo, e nel 1969, quando si accosta alla scultura, e il profondo influsso che entrambi hanno avuto sul suo lavoro.
A Roma trascorre quattro mesi, dove entra in contatto con l’arte classica italiana e con il lavoro degli artisti italiani suoi contemporanei, creando una notevole quantità di opere in bianco e nero su carta, contraddistinte da metodi sperimentali: dipinge sul pavimento, mescola smalto con pietra pomice, strappa e fa collage con la carta. Tornato a New York, de Kooning lavora a grandi dipinti astratti che rivelano una nuova luminosità e una struttura più aperta. Verso la fine degli anni Cinquanta abbandona il caos urbano di Manhattan e si trasferisce nella frazione di Springs, Long Island, dove vive dal 1963 fino alla sua morte nel 1997. Stimolato dalla luce, dall’acqua del litorale di Springs, dai paesaggi ammirati in Italia, produce un gruppo di astrazioni per imprimere sulla tela precarie visioni naturalistiche. Come in Screams of Children Come from Seagulls del 1975. Con le impronte cromatiche tra il grigio puntellato, il blu brillante, il rosa carne a richiamare il mare, la sabbia e la luce costiera di East Hampton: il vitalismo del segno qui è accentuato, ma senza l’urto drammatico delle masse e del colore di altre opere.
In A Tree in Naples de Kooning semplifica il proprio vocabolario visivo ricorrendo a poche pennellate robuste ed estroverse che evocano le cromie presenti in natura. In Door to the River, le estese pennellate rosa giallo bianco marrone grigio configurano una sorta di rettangolo che rimanda a una porta posta al centro della tela: l’opera non ha né i tracciati dell’insistente rielaborazione tipici dei primi dipinti, né l’agitazione coloristica dei lavori successivi. In Villa Borghese, del 1960, le ampie aree di colore suggeriscono corrispondenze naturalistiche: luce solare gialla, cielo e acqua blu, erba e fogliame verdi. In mostra questi tre lavori sono esposti insieme per la prima volta.
L’oscillazione tra astrazione e figurazione
Tutto il percorso artistico di Willem de Kooning si distingue per il suo oscillare tra astrazione e figurazione. Nella mostra alla Sidney Janis Gallery, nel 1953, presenta una serie di donne di grandi dimensioni: figure turbate brutali, arcaiche, aggressive, grottesche che s’impossessano dell’intero spazio della tela. Il ghigno sui loro visi e gli occhi scuri dilatati rimandano alle Demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso. Red Man with Moustache, del 1971, lo si può collegare a questa serie. Lo spazio, con una figura scultorea, è configurato mediante fitte pennellate gestuali che comunicano un’estrema vitalità in cui prevale il colore rosso. Come a veicolare passione e rabbia. Come se volesse emettere un grido abissale che necessariamente ricorda la spasmodica deformazione delle figure di Francis Bacon.
La scultura di de Kooning
Notevole la sezione della scultura, che intraprende dopo la seconda esperienza italiana del 1969. I soggetti ricordano la vischiosità del materiale dal quale derivano: l’argilla. In tali opere il gesto affonda e si perde come nelle sabbie mobili. Iniziando a scolpire sul serio a sessantacinque anni non si può non citare Clamdigger del 1972, una delle sue sculture in bronzo più famose. Gli scavatori di vongole che osserva ogni giorno lavorare sulla spiaggia, gli hanno ispirato l’opera che sembra strappata alla melma primordiale. Per questo tipo di scultura de Kooning prima prepara un’armatura di ferro e metallo su cui modella l’argilla bagnata, creando strati che si trasformano in una figura nodosa e tattile con lineamenti un po’ neanderthaliane: una piccola testa, occhi infossati e i piedi allungati.
Fausto Politino
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