Tutti i colori della plastica (riciclata). La OTO Chair al Salone del Mobile di Milano
Fino a non molto tempo fa era considerato impossibile, adesso è una sfida interessante: parliamo del recupero della plastica colorata proveniente dalle lavorazioni dell’industria del mobile per dare vita ad altri arredi di design. Due progetti recenti testimoniano che si può fare, trasformando discromie e imperfezioni in una cifra estetica
Stando all’agenda delle Nazioni Unite, il 2024 potrebbe essere l’anno decisivo nella lotta all’inquinamento da plastica: 175 Paesi si sono impegnati a raggiungere entro la fine di dicembre un accordo per un trattato globale, legalmente vincolante, che riduca la produzione di plastiche dell’80% entro il 2040. Il testo, che saràà discusso a Ottawa e Busan nei prossimi mesi, prevede il passaggio a un’economia che tenga conto dell’intero ciclo di vita del materiale, dalla produzione allo smaltimento. Un approccio circolare che da ormai diversi anni, e in maniera sempre più sistematica, guida la ricerca sul tema della sostenibilitàà nel mondo del design, confermando l’attitudine del settore a prefigurare scenari possibili e a innescare cambiamenti concreti.
La OTO Chair: storia di un progetto iperseriale
Ne è in questo senso un vero e proprio manifesto la OTO Chair, progetto di “iperserialità” in ottica circolare del designer milanese Alessandro Stabile con lo studio Martinelli Venezia, al secolo gli architetti Carolina Martinelli e Vittorio Venezia. La sedia, di sola plastica riciclata post-industriale, segue una filiera ottimizzata che semplifica logistica e assemblaggio: è realizzata in unico passaggio, con uno stampo praticamente piano che utilizza circa un terzo del materiale solitamente necessario; si ordina online; arriva a casa in un imballaggio piatto in polpa di cellulosa riciclata (e riciclabile); e si monta a incastro, senza viti né inserti. Inoltre, la OTO Chair minimizza energie ed emissioni anche nella fase di stoccaggio e distribuzione: un solo metro cubo di spazio può ospitare fino a trentatré sedie nel loro packaging, cinque volte tanto le sedute tradizionali. Dopo il suo debutto ad Alcova 2023, il primo prodotto del brand One To One torna quest’anno al Fuorisalone compiendo un ulteriore passo nel campo della sostenibilitàà. Questa volta il trio di progettisti affronta uno tra i nodi irrisolti del design green, ovvero, come convertire in valore gli scarti di lavorazione della plastica colorata.
OTO Chair: irregolare quindi unica
La criticità è quella di creare prodotti esteticamente appetibili senza l’aggiunta di materiali non rigenerati che rimedino alle imperfezioni e alle irregolaritàà cromatiche intrinseche nei suoi processi di produzione. Una sfida che vede in prima fila la ricerca espressiva del design d’autore e da collezione. Tra gli apripista c’è il designer e maker inglese James Shaw, che da oltre un decennio celebra le imperfezioni tonali degli scarti industriali attraverso eccentriche composizioni scultoree. La modellazione avviene attraverso un processo manuale estemporaneo su “colate” di plastica che il progettista estrude con la sua inconfondibile pistola home made: il risultato sono sedie barocche dalle tonalità pastello, sgabelli e oggetti per la casa multicolori. Un esempio recentissimo è invece il progetto Unico di DWA Design Studio per Pedrali, presentato lo scorso ottobre a Edit Napoli. In questo caso, i materiali che vengono valorizzati sono i pezzi che si ottengono durante la fase di transizione fra due diversi colori nello stampaggio di sedie in plastica colorata. Con sapienza artigiana, i designer Frederik De Wachter e Alberto Artesani lavorano questi sfridi attraverso processi di tornitura e levigatura, dando vita a pezzi sempre diversi dal valore unico.
OTO Chair: un nuovo capitolo
Adottando un approccio simile a quello di Unico, il secondo capitolo della storia di OTO si concentra sugli scarti della sua stessa produzione. Intuendo il potenziale espressivo del caratteristico amalgama di colori degli sfridi, Alessandro Stabile e Martinelli Venezia portano agli estremi la loro valorizzazione: dopo aver recuperato, catalogato e selezionato i pezzi di produzione scartati, i designer di One To One li utilizzano così come sono per comporre esemplari di OTO Chair dalle imprevedibili combinazioni cromatiche. Il risultato, presentato nel garage affacciato sulla Darsena di Design Variations, è Unexpected Colors, una collezione di sedie dalle tinte sfumate e variegate, capace di sottrarre alla discarica circa il 5% di ogni lotto di produzione. Un design a metà tra industria e pezzo unico, che invita ad accettare l’errore e lo trasforma in risorsa. Per un futuro circolare e zero-waste.
Marta Atzeni
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