Not so quiet please!
La galleria Giovanni Bonelli è lieta di ospitare nei propri spazi la mostra NOT SO QUIET, PLEASE!
Comunicato stampa
“Ovunque siamo ciò che sentiamo è soprattutto rumore. Se lo ignoriamo, ci disturba. Quando lo ascoltiamo, lo troviamo affascinante (…)”
John Cage, Silence, 1961
Era il 1952 quando il pianista David Tudor eseguì per la prima volta il brano intitolato 4’33’’ -poi rinominato Silent Piece- di John Cage. L’opera, che destò immediato scandalo, consisteva in una esecuzione silenziosa del pianista che rimase immobile per 4’33’’ davanti al pianoforte mentre la folla si scaldava e si agitava sempre più intorno a lui. L’intento di Cage era dimostrare che il “silenzio assoluto” non esiste proprio perché il rumore -anche nei contesti solitamente silenziosi- fa parte della vita e solo l’Ascolto ci permette di apprezzarne le “sfumature” sonore. Quest’opera rientrava in una più ampia indagine di Cage sulla natura del suono -e del silenzio- che lo porterà a rivoluzionare la musica contemporanea introducendo, tra gli altri, concetti quali “il caso”, “l’improvvisazione”, “i rumori ambientali” e a sperimentare per la prima volta la musica elettronica.
La galleria Giovanni Bonelli è lieta di ospitare nei propri spazi la mostra NOT SO QUIET, PLEASE! con opere di David Casini, Nicola Di Caprio e Jacopo Mazzonelli. Gli artisti coinvolti appartengono a tre differenti decenni ma hanno in comune un approccio solo apparentemente “silenzioso” alla musica e una impostazione decostruttivista rispetto alle sue differenti componenti.
Nei lavori di Nicola Di Caprio (1963), batterista ancora attivo che vanta anche incursioni nella videoarte, si trovano riferimenti visivi diretti al mondo delle percussioni -molto caro a John Cage- ad esempio nell’opera su carta Charleston trio, dove due dei tre fogli che compongono l’opera sono neri -come un intervallo o un “silenzio”, interrotto solo da alcuni “rumori di fondo” dati da spruzzi di vernice- mentre sul foglio centrale è raffigurata la silhouette del charleston (l’elemento della batteria) che si staglia su fondo oro, creando una efficace illusione ottico-percettiva. Decisamente più complessa, e più vicina al mondo dadaista che tanto affascinava anche Cage, è la semantica dell’opera Sasa Na Kisha: costituita da un trittico a parete di fronte al quale è posizionata una scultura dalle fattezze africane su un piedistallo color blu elettrico. Il titolo in lingua swahili significa “di tanto in tanto” e rimanda ad una indicazione di tempo in una partitura, un ritmo da seguire, ma il riferimento alla cultura africana rientra nella ricerca di un linguaggio primigenio assoluto che già ai primi del XX secolo in arte era stato individuato da Picasso in questa cultura e, successivamente, sarà ripreso negli anni Settanta anche in campo musicale. In un'altra opera una scritta in vernice nera su uno specchio riporta le parole I Zimbra, omaggio al singolo omonimo del gruppo americano Talking Heads del 1979 (album Fear of Music) -prodotto grazie a Brian Eno- dove una poesia dadaista dei primi del Novecento di Hugo Ball veniva ritmata trattandone le parole -rigorosamente inventate- come fossero una neo-lingua africana.
La musica è la chiave di lettura, rigorosamente personale, che prevale anche negli enigmi visivi di David Casini (1975) in mostra. Le opere selezionate sono come scrigni che contengono un mondo interiore minimo costituito da elementi sia metallici o minerali che organici (ricorre la frutta candita) che creano una coesistenza di temporalità differenti proposte secondo logiche associative di magrittiana memoria. I riferimenti alla musica -presenti nei titoli di tutte le opere- sono dati da piccoli ritagli o collage di copertine di album musicali particolarmente significativi per l’artista. Ad esempio nell’opera intitolata Anima latina è presente la copertina del vinile omonimo, del 1975, di Lucio Battisti mentre in Get Loose Now, singolo del 1989 dei 2 Live Crew, sono ritagliate come silhouettes in metallo le sagome delle quattro figure in copertina. Più decostruito invece il riferimento musicale nell’opera intitolata Orange Rolls, Angel’s Spit -titolo di una canzone del 1992 del gruppo Sonic Youth- dove il retro della copertina dell’album è qui rappresentato da pupazzetti tridimensionali -le cui foto erano sulla copertina- disposti su una lastra di vetro, chiaro riferimento al Grande vetro di Marcel Duchamp. Suggestioni visive, dunque, che rimandano a ritmi ascoltati e riascoltati nel corso degli anni, e che si riverberano negli occhi di coloro che ammirano i lavori di Casini cercando di leggerne le varie componenti tridimensionali lasciandosi sedurre dalla rigorosità delle linee, che rimandano a Piet Mondrian per l’attenta valutazione dei pesi delle diverse parti, associata ad una serissima giocosità degli accostamenti, figlia di un surrealismo di nuova generazione.
Jacopo Mazzonelli (1983), laureato in conservatorio, ha un approccio più concentrato sullo specifico lessico musicale e sulle potenzialità espressive degli strumenti -e delle loro parti- intesi come sculture autonome.
Nelle opere del ciclo Abracadabra l’artista interviene scomponendo le varie parti della tavola armonica di un pianoforte per ri-assemblarle in un quadro dove i differenti tipi di legno costituiscono una sorta di “paesaggio sonoro”. L’installazione non produce suono ma la parola Abracadabra, punzonata sul legno, è un vocabolo inintelligibile, tipico della magia mistica antica, ancora oggi usato -senza traduzione- in moltissime lingue come fosse una vibrazione arcana, una sorta di suono “puro” e universale.
Una delle pareti principali della galleria è dedicata alla sua grande installazione dal titolo Finis composta da rulli originali per pianola meccanica ancorati al muro -quasi a poter idealmente continuare oltre la parete- come elementi di uno strumento immaginario più ampio, del quale ci è data visione parziale. Da lontano l’installazione ricorda, con le sue estremità circolari nere, il succedersi delle note su un pentagramma invisibile sul muro ma, avvicinandosi, la sensazione diventa quella di una scala (metaforica) verso un altrove che vede su ogni gradino la scritta “finis” che decreta, appunto, la fine del suono, il silenzio dopo l’esecuzione. Sarà lo spettatore stesso -seguendo l’idea di Cage- a riempire di “rumore” quello spazio acustico lasciato dall’installazione di Mazzonelli rendendola così, ogni volta, unica.
Come suggerito dal titolo, che ironizza sul motto “Quiet, please” utilizzato in sale da concerto e teatri per indurre al silenzio, la mostra si rivela tutt’altro che silente e si presta a molteplici letture arricchite dalla personale esperienza musicale di ogni visitatore.
Opere di: David Casini, Nicola Di Caprio, Jacopo Mazzonelli
Un ringraziamento alla galleria Studio G7 di Bologna per le opere di Jacopo Mazzonelli.
BIO:
David Casini (nato a Montevarchi nel 1975, vive e lavora a Bologna)
Noto per le sue sculture, spesso concepite come scatole cinesi che creano nature morte a dimensione reale. La musica è un elemento importante nelle sue opere, con copertine di dischi integrate nelle composizioni. Casini sperimenta diverse tecniche e materiali, mantenendo sempre traccia della loro naturalezza. La sua ricerca artistica è un'esplorazione del quotidiano attraverso l'arte. Casini ha esposto le sue opere in numerose mostre personali e collettive in Italia e all'estero. Tra le sue mostre personali più significative: Galerie Valeria Cetraro, Parigi (2022 e 2020), La Portineria, Firenze (2020); Galleria CARdre a Bologna (2019); Edicola Radetzky, Milano (2017). Tra le mostre collettive: L’oro Blu, Museo dei Bronzi Dorati, Pergola PU (2024); RADICI, Palazzo dell’Acqua, Bari (2024); DIADI, Fondazione Nicola del Roscio, Roma (2024); Like an Open Door Leading Us Where We Would Never Have Consented to Go, <rotor> Center for Contemporary Art, Graz (2023); CAR DRDE @ UMBERTO DI MARINO, Galleria Umberto Di Marino, Napoli (2023); Studiolo Lounge #3, Cabinet Studiolo, Milano (2023); Mutazioni ceramiche del codice CZ, Alchemilla Palazzo Vizzani, Bologna (2022); Hidden Displays 1975-2020. Progetti non realizzati a Bologna, MAMbo Museo d’Arte Moderna, Bologna (2021); Everywhere but now, alla 4a Biennale di Arte Contemporanea di Salonicco (2013). Casini ha ricevuto diversi riconoscimenti per il suo lavoro, tra cui il Premio Ducato Prize nel 2019 finalista, Carapelli For Art 2018 come vincitore, e il Talent Prize 2009 come vincitore.
Nicola Di Caprio (nato a Caserta nel 1963, vive e lavora a Milano)
Il lavoro di Nicola Di Caprio discute ed esplora l'immaginario della cultura popolare attraverso dipinti, collage, disegni, installazioni, sculture, ready-made, fotografie, performance, concerti, azioni, GIF animate. Il suo lavoro tende a mescolare la vita contemporanea fluida con la simbologia dei codici popolari; particolare attenzione è rivolta al mondo della musica popolare (rock, jazz, elettronica, world music, free form) come fenomeno sociale ed antropologico. Per il suo lavoro Di Caprio ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali: Premio "Miglior GIF Animata", 16° Premio Pasinetti, Venezia (2019); è stato due volte finalista al Sovereign European Art Prize (2008 e 2011). Tra le più recenti mostre personali ricordiamo: Certe cose non trovano mai ricètto, Casa degli artisti, Milano (2023-24); Face The Face, Hoepli Libreria Internazionale, Milano (2023); MO, Galleria Sabato Angiero, Napoli Saviano (2023); De (GIF)flagration Vol.III, SometimeStudio Art Gallery, Paris (2019); Héros Juste Pour un Jour, Philomuses, Paris (2017); Rosicchiando Cavi Elettrici, City Art, Milan (2016); Silence is Sexy, Buia Gallery, New York (2005). Tra le mostre collettive: Verbivori, Galleria Giampaolo Abbondio, Todi (2021); SurFashion, Galleria Vik, Milano (2019); Da Woodstock alla Luna, XXI Dromos Festival, Parco dei Suoni Riola Sardo, Oristano (2019); De(GIF)flagration Vol.II, XIV Acusmatiq Festival Mole Vanvitelliana, Ancona (2019); Rumore Rosso, MAC Lissone (2016). Tra i progetti musicali in corso ricordiamo: SUDO, Tempo Fluido e Diastema.
Jacopo Mazzonelli (Nato a Trento nel 1983, vive e lavora a Verona)
Mazzonelli realizza sculture, installazioni e performances che indagano l’ampia zona di confine tra arti visive e musica. La sua ricerca si avvale di tecniche e metodologie mutuate da diverse discipline. Lavorando sull’interpretazione e sulla visualizzazione della dimensione sonora, l’artista si confronta con strumenti che destruttura, trasforma e ricompone. Al centro del suo interesse è il “gesto musicale”, le indagini sulla percezione del ritmo e del divenire del tempo. Ha tenuto mostre personali in Italia e all’estero. Nel 2017 il MART – Galleria Civica di Trento gli ha dedicato un’ampia mostra personale - To be played at maximum volume - corredata di una monografia a cura di Luigi Fassi e Margherita de Pilati. Suoi lavori sono già in importanti collezioni tra le quali: AGI-Verona; Caldic Collection, Rotterdam, Unicredit Art Collection; VAF-Stiftung Collection; MART Collection, Rovereto; Fondazione Francesco Fabbri, Treviso. Tra le principali esposizioni ricordiamo: Sonografia, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna (2018); To Be Played at Maximum Volume, Mart - Galleria Civica di Trento (2017); VI Vaf Prize - Posizioni Attuali dell’arte Italiana, Schauwerk, Sindelfingen e Stadtgalerie, Kiel (2014); La Correzione, con Silvia Giambrone, Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento; Difference and Repetition, Galleria Giovanni Bonelli, Milano; Jce Biennal d’Art Contemporain, Le Beffroi, Montrouge, Museu de l’Empordà, Figueres, The Art Building, Vrå, Amadeo De Souza-Cardoso Museum, Amarante; Isorhythm, con Giulio Paolini, Galleria Studio G7, Bologna. In collaborazione con il compositore Matteo Franceschini, dal 2017 realizza una fitta serie di progetti performativi dei quali, insieme alla pianista Eleonora Wegher, è anche interprete diretto. Nel 2023, è stata pubblicata per Manfredi Edizioni una monografia de-
dicata al suo lavoro, un progetto della Fondazione Vaf-Stiftung a cura di Daniela Ferrari.