Moda, arte e società nei ritratti del Pollaiolo: c’è una nuova “dama” da attribuire al pittore?
Con suo fratello Antonio, Piero del Pollaiolo condivise nella seconda metà del Quattrocento una fiorente bottega artistica. A lui si devono alcuni celebri ritratti di donna, preziosi per qualità tecnica e minuzia descrittiva. Ora emerge un nuovo capolavoro
Il Ritratto di giovane donna oggi attribuito a Piero del Pollaiolo (Firenze, 1443 – Roma, 1496), conservato al Museo Poldi Pezzoli di Milano, è diventato un simbolo del fascino esercitato dal Rinascimento fiorentino. Un dipinto che ha conosciuto una notevole fortuna a partire dalla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, quando fu acquisito da Gian Giacomo Poldi Pezzoli, divenendo una delle opere più amate della collezione, fino a diventare vera icona del Museo aperto al pubblico nel 1881.
Piero del Pollaiolo e i ritratti di giovane dama
I diversi ritratti di giovane donna, particolarmente comuni in area fiorentina, si ricollegano alla tradizione della medaglistica imperiale antica e avevano lo scopo di ricordare il matrimonio. Gli artisti rappresentavano la parte superiore del corpo, enfatizzando le vesti, i tessuti e i gioielli, che diventano spesso i protagonisti di queste opere. Quelle di Pollaiolo – oggi conservate tra il Museo Poldi Pezzoli, la Galleria degli Uffizi di Firenze, la Gemäldegalerie di Berlino e il Metropolitan Museum of Art di New York – rappresentano una delle massime espressioni di questa tipologia ritrattistica fiorentina della seconda metà del Quattrocento. Questi dipinti sono stati esposti e studiati da Aldo Galli e Andrea di Lorenzo, curatori della mostra Le dame dei Pollaiolo. Una bottega fiorentina del Rinascimento (Museo Poldi Pezzoli di Milano, dal 7 novembre 2014 al 16 febbraio 2015) che hanno ricostruito la vicenda dei due fratelli Antonio e Piero Pollaiolo, due personalità artistiche diverse, ma ugualmente straordinarie. Se per lungo tempo Antonio del Pollaiolo è stato ritenuto un artista geniale e poliedrico a discapito del fratello Piero, ritenuto poco più che un gregario, oggi grazie alle ricerche di Aldo Galli la situazione appare radicalmente diversa. Alla sua mano sono stati attribuiti numerosi dipinti: raffinato pittore, Piero del Pollaiolo utilizzava tecniche a olio come i fiamminghi, mentre si è rilevata la poliedricità di Antonio nel modellare sculture in terracotta e bronzo, oreficerie e ricami. Dunque gli studi hanno portato i curatori a discernere la mano di Piero come il talentuoso pittore a cui sono attribuiti i famosi quattro ritratti femminili.
Un nuovo ritratto di dama restaurato: un capolavoro da studiare
Recentemente è stato restaurato e analizzato un dipinto di altissima qualità, tempera e olio su tavola (dimensioni 43,5×25 cm) oggi in collezione privata, che rappresenta una dama vista di profilo secondo un uso che venne reso celebre dai dipinti di dame pollaioleschi. Il dipinto, visto con la luce radente, prima del restauro, evidenziava alcuni piccoli sollevamenti di preparazione e colore disposti a cresta lungo la venatura del legno e alcuni lievi affossamenti che potrebbero far pensare a cedimenti dello strato pittorico. L’immagine radiografica ha una buona radiopacità e denuncia un impasto ricco di bianco di piombo, peraltro riscontrato anche alle analisi chimiche. Le analisi microstratigrafiche hanno rivelato l’uso di pigmenti e preparazioni in gesso e colla animale di origini antiche. Solo nella parte dell’azzurro del cielo è stata rilevata la presenza di blu di cobalto (blu di Thenard), pigmento introdotto per uso artistico a partire dal 1804. Del resto, anche gli altri ritratti femminili di Pollaiolo hanno sofferto di ridipinture e ritocchi, che hanno sollevato dibattiti sull’attribuzione. L’esame con Riflettografia in IR del dipinto non ha rilevato pentimenti significativi, il disegno è perfettamente corrispondente all’immagine visibile fatta eccezione per il profilo del naso che sembrerebbe lievemente spostato. Grazie a un’attenta pulitura condotta in più fasi è stato possibile recuperare la delicata cromia originale liberandola dalle riprese debordanti eseguite in passato, permettendo di restituire una migliore leggibilità del dipinto e dei suoi dettagli come la collana di perle e all’orecchio.
Una nuova dama da attribuire a Piero del Pollaiolo?
Proprio dalla comparazione stilistica di quest’opera con quella conservata a Berlino si evince la comune impostazione della figura, che emerge dalla balaustra decorata. Il volto della donna, perfettamente di profilo, appare dolce e vago, con la carnagione lievemente ravvivata sulle guancia sinistra, mentre sono accennate con grande delicatezza le ombre della palpebra e della narice; i capelli biondi, lavorati con una materia pittorica densa e certosina, sono raccolti e trattenuti dai cordoncini di una garza bianca che si tende anche sull’orecchio, ricoprendolo. E proprio il trattamento pittorico denso dei capelli, così come la resa dei tessuti e del gioiello pare rimandare alla mano di Piero del Pollaiolo, vero maestro nel far emergere l’aspetto materico. Il busto, ritratto di tre quarti, fa risaltare gli elaborati dettagli delle maniche in velluto di color rubino dell’abito della dama: il ricco motivo a broccato in filo d’oro che decora spalla e braccio della manica sinistra è dunque leggibile, nella sua continuità, anche sull’avambraccio destro.
Il taglio della figura e la sua disposizione a tre quarti richiamano da vicino quelli della Dama di Berlino e rispondono probabilmente a una medesima volontà di mettere in rilievo la raffigurazione del bacino, forse in funzione allegorica. L’abito è aggiornato rispetto al modello indossato dalla Dama di Berlino e rispecchia un’evoluzione dei costumi ben documentata nella Firenze del secondo Quattrocento inoltrato.
La moda del Quattrocento fiorentino nelle dame del Pollaiolo
La struttura della gamurra indossata dalla dama del nostro dipinto richiama del tutto quella della dama del Poldi Pezzoli, sia nell’alternanza tra veste monocroma e maniche in velluto dai broccati elaborati, sia nella scomparsa dell’imbottitura sulle maniche a favore di una maggiore linearità di taglio; infine nel disegno delle scollature, che sembra farsi più profondo sulla schiena e si apre sul petto quel tanto da mettere in luce la linea sottile della camicia e soprattutto la collana di perle e il monile, offerto allo spettatore in tutto il suo significato distintivo e allegorico. Anche l’acconciatura appare aggiornata, e se la garza che trattiene i capelli della nostra Dama non appare particolarmente sottile o raffinata, certo è che il disegno dello chignon e l’ausilio fornito dai cordoncini di una veletta tesa sull’orecchio sono del tutto simili a quelli, delicatissimi, della Dama del Poldi Pezzoli. Se i dettagli di posa, vestiario e acconciatura sembrano porre la Dama del nostro dipinto a metà strada tra quella di Berlino e quella di Milano, si noterà che questi stessi elementi la allontanano dalle Dame di Firenze e di New York, decisamente più tarde. Le dame di questi ultimi due dipinti sono vestite con una giornea priva di maniche sovrapposta a una cotta dal tessuto sottile e preziosamente ricamato. Il ritratto in esame è di altissima fattura ma di difficile documentazione. La fisionomia particolarmente connotata della dama sconsiglia d’altronde di leggerla come un soggetto ideale o letterario, quanto piuttosto come un soggetto reale. La tecnica pittorica densa e meticolosa conferma di essere in presenza di un vero capolavoro, che non solo testimonia la fortuna di un genere pittorico, ma rivela una nuova opera da inserire nel corpus dei fratelli Pollaiolo.
Federico Poletti
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati