Morto Steve Albini. Mostro sacro della musica indie americana e produttore di Nirvana e Pixies
Il mondo della musica dice addio a un suo protagonista. Stiamo parlando di Steve Albini, figura centrale per la scena alternativa statunitense nonché frontman delle band storiche Big Black e Shellac. È morto per un arresto cardiaco a 61 anni
Nonostante ognuno di noi sia inevitabilmente consapevole della durata inesorabile della vita esistono alcuni personaggi che, grazie al proprio carisma e al grosso apporto culturale coltivato nel corso del tempo, vengono immaginati come immortali. È questo il caso di Steve Albini (Pasadena, 1962 – Chicago, 2024), figura leggendaria del panorama underground statunitense fautrice delle sferzate più incisive per lo sviluppo della musica contemporanea.
Chi era Steve Albini
Sperimentatore a 360 gradi, nonché cantante, chitarrista, tecnico del suono e producer, Steve Albini (all’anagrafe Steven Frank) nasce in California agli albori degli anni ’60 da una famiglia di immigrati torinesi. Trasferitosi a Chicago per formarsi come giornalista musicale, nei primissimi anni ’80 comincia a militare nella scena locale Punk Hardcore diventandone un punto di riferimento. La stretta vicinanza a una realtà simile lo porta istintivamente a far convogliare tutta questa energia carica di genuinità e di nichilismo in progetti musicali da realizzare concretamente. Nel 1982 forma così una delle band più influenti per la sottocultura musicale non solo di quegli anni ma anche delle due decadi a venire, ovvero i Big Black: un impetuoso e brutale esperimento sonoro, durato solo cinque anni, che racchiude in sé tutto ciò che all’epoca iniziava a essere identificato come No wave (soprattutto nel circuito newyorkese), Noise, Industrial e Post Hardcore.
Steve Albini: da Big Black a Shellac
Un’esperienza che, nonostante la sua brevità, ha saputo lasciare due pietre miliari per tutti gli amanti dei sottogeneri di cui sopra (e non solo), Atomizer e Songs About Fucking. Forgiatasi attraverso l’assimilazione di suoni sporchi, stridenti e ossessivi, l’identità musicale di Steve Albini lo porta a fondare band altrettanto note quali i Rapeman e, successivamente i più longevi Shellac (che, fatalità, si stavano apprestando al tour di presentazione dell’ultimo disco, To All Trains, la cui pubblicazione è prevista per venerdì 17 maggio). Parallelamente anche il suo carattere combattivo e controcorrente, a difesa dell’onestà intellettuale e della musica non commerciale, inizia a prendere una forma sempre più marcata riflettendosi soprattutto nella sua carriera da produttore.
La fama di producer di Steve Albini
Il marchio distintivo di Steve Albini, fatto di sonorità profonde e spigolose, lo si riconosce anche nei numerosi lavori discografici che ha prodotto. Tra questi è impossibile non menzionare opere iconiche quali Surfer Rosa dei Pixies (1988), Rid of Me (1993) di Pj Harvey, e In Utero dei Nirvana (1993). La lunga lista degli artisti con i quali Albini ha collaborato in qualità di audio engineer include praticamente la maggior parte degli esponenti di spicco della musica alternative undergorund: dagli Slint ai SunnO))), passando per Fugazi, Mogwai, Neurosis, The Jesus Lizard, Melt Banana e perfino gli italiani Zu e Uzeda. Per tutti questi motivi, la scomparsa di Steve Albini – avvenuta a 61 anni per un arresto cardiaco – lascia un vuoto assordante per la cultura contemporanea: un frastuono inaspettato e sincero proprio come la sua musica.
Valerio Veneruso
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati