A Milano 8 artisti si misurano sul concetto di ‘arte meccanica’
Atto meccanico, ripetizione e casualità sono al centro della nuova mostra della galleria milanese Viasaterna. Una rassegna intergenerazionale e interdisciplinare di otto artisti
Prendendo spunto e ispirazione dalle prese di posizione dei Futuristi in favore di un’Arte Meccanica e dai risultati delle neoavanguardie del dopoguerra volti a screditare l’autorialità dell’atto artistico, il curatore Giorgio Verzotti ha concepito per i locali della galleria Viasaterna una mostra collettiva che, spaziando dagli Anni Cinquanta ad oggi, ripropone l’attualità di una ricerca basata “sull’atto meccanico, la ripetizione, la casualità divenuta principio attivo, generativo e ordinatore di forma, di linguaggio, di opere”. Il risultato di questa operazione ci restituisce un concerto di assonanze e di corrispondenze tra opere di autori di diverse generazioni, che si susseguono, si direbbe, secondo i ritmi di un ballet mécanique di immagini, di morfologie e di strutture fondate sui principi di automatismo, di serialità, di ripetitività.
La mostra “Meccanica” a Milano
La mostra, intitolata appunto Meccanica, si apre con i tagli, gli aggetti e le fustellature che contraddistinguono le opere di Dadamaino, che si articolano sulle pareti assorbendo, filtrando e quasi macinando lo spazio nella dinamica delle loro superfici, irretendo il nostro sguardo in un gioco di sovrapposizioni, di fessurazioni, di trasparenze.
Ecco poi Niele Toroni riproporci le sue impronte di pennello scansionate secondo un inesorabile ordine geometrico “a quinconce”, che se da un lato si presenta come demistificante nei confronti della mitologia dell’artista demiurgo, dall’altro non può esimersi dal rievocare le basilari sequenze di ancestrali riti agrari e posizionamenti astrologici.
Gli incastri, le intersezioni e gli ingranaggi cromatici dei dipinti “stocastici” di Sergio Lombardo si affidano a combinazioni di forme dettate da algoritmi e modelli matematici: questi metodi generativi, inventati e messi a punto dallo stesso artista, producono delle immagini che trascendendo le facoltà organizzative dell’intelletto umano ci svelano una fonte di creatività decisamente aliena, impersonale e astratta.
Gli artisti in mostra alla galleria Viasaterna
Sovrapponendo, con un evidente dispiego di esibizionismo pittoricistico, strati di colore vibrante, spesso e fluido su tovaglie e tendaggi dai minimali pattern geometrici, Bertrand Lavier opera, come dice Verzotti, un cortocircuito tra arte alta e kitsch: dell’originale disegno vengono ripetuti i colori e rispettati i contorni, inserendo una sorta di tassellatura “artistica” al centro di tele che per il resto mantengono ben visibile la loro provenienza seriale e industriale.
Irma Blank è qui presente con le sue Radical Writings: scie regolari tracciate dal pennello intinto in acquarello azzurro, fitte e parallele, che si dipartono dall’asse mediano del foglio e ne occupano tutta la superficie, evocanti strisce di scrittura continue e liquide tracciate secondo un procedimento ripetitivo dal sapore quasi rituale.
Le sagome “imbottite” di Giovanni Rizzoli, rivestite di tessuto damascato, lasciano trasparire dei trasudamenti cromatici dovuti all’azione di flebo di liquido colorato temporaneamente iniettate al loro interno: infiltrazioni che sembrano riprodurre gli effetti naturali dovuti all’affioramento di ossidi e pigmenti su delle superfici rocciose.
Le urticanti superfici pittoriche di Daniele Innamorato, determinate da precostituite operazioni di addensamento, di copertura con fogli di cellophane e infine di strappo, non ci nascondono tuttavia, nella loro vibrazione materica e cromatica, un residuo di surrettizia e fuggitiva autorialità dovuta ai colpi di mano e agli umorali gesti dell’artista.
Infine la giovanissima Camilla Gurgone ci introduce, grazie anche all’uso di procedimenti basati sull’intelligenza artificiale, in un universo di comportamenti quotidiani e di vissuti individuali ripercorsi attraverso il lascito di minime tracce, riportando in luce infinitesimali residui esistenziali.
Alberto Mugnaini
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