L’artista dei due mondi. Alfredo Volpi al Centro Pecci di Prato
Un artista a metà tra l’Italia e il Brasile. A Prato la storia dell’arte migrante di Alfredo Volpi che da San Paolo ha coltivato la passione per gli antichi maestri e per la metafisica
Il tema del migrante è una riproposizione continua nella contemporaneità artistica, soprattutto in un’ottica occidentale ed europocentrica, quale erige il bacino mediterraneo come un locus terribilis dell’attualità. Da Ai Weiwei, a Banksy fino ad Adrian Paci, sono numerosi gli esempi di artisti contemporanei che hanno trattato l’argomento.
Il tema della migrazione nell’arte contemporanea
Un punto d’osservazione passista, invero, porta a considerare già nell’epoca romantica un interesse acceso verso i soggetti migratori, dove il carattere eroico o nostalgico suggerito dai pittori poteva felicemente dare sfogo ad elucubrazioni sociopolitiche. Fin dal XIX Secolo, dunque, l’arte visiva ha sviluppato una particolare iconografia sulla migrazione, figlia di un sentimento dell’epoca che iniziava a prender coscienza della globalizzazione in atto, con conseguente intensificazione degli spostamenti di massa. In un periodo post-industriale, la “fotografia” del fenomeno declina lo sguardo sulla trasformazione dell’Europa da colonizzatrice ad area di immigrazione, dunque, nei media, i soggetti assumono fisionomie discostanti a seconda dei periodi di frequenza dei vari flussi, con il forte rischio di stereotipare le raffigurazioni presentate. Di fatto, ad oggi non sono moltissime le proposte che interpellano l’Artista Migrante: una felice eccezione è la mostra del 2019 Chagall, Picasso, Mondrian and Others: Migrant Artists in Paris presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam, intuendo quanto la propria collezione raccogliesse firme di autori espatriati per necessità.
Chi era l’artista Alfredo Volpi
Compensa questo e molteplici altri aspetti, la mostra in corso al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato Alfredo Volpi. Lucca-Sao Paulo (1896-1988) a cura di Cristiano Raimondi, offrendo la prima completa retrospettiva dell’artista italo-brasiliano in un’istituzione italiana. Nato a Lucca nel 1896 ed approdato a São Paulo in tenerissima età, Alfredo Volpi rientra perfettamente in quella disamina di artisti-artigiani promotori di una estetica ibrida tra le culture di appartenenza.
Alfredo Volpi alla Biennale di Venezia
Partendo da autodidatta con un’inclinazione verso il naturalismo, bisogna attendere il secondo dopoguerra e soprattutto la partecipazione alla Biennale del 1950, quando si concede un sostanzioso Viaggio in Italia, per cogliere il momento della maturità dell’artista. L’occasione di tornare in Toscana, terra d’origine, quindi ritrovare dal vivo gli antichi Maestri, Giotto, Margheritone d’Arezzo, come anche nuove suggestioni, da Carrà a Morandi, permise al Volpi una riflessione più acuta verso il sapere tecnico e la restituzione estetica.
La mostra di Alfredo Volpi al Centro Pecci
Eseguite con l’utilizzo della tempera all’uovo, espediente medievale tramandato dal Cennini, le opere pittoriche assumono più concretezza e autenticità, nonostante la sintesi formale: le note banderuole e caseggiati del Volpi, quasi delle scenografie di Wes Anderson, racchiudono quella visione di un mondo unico ed integro, anche in virtù dei contrasti cromatici, dove l’opacità della tempera rende il tutto universale, sia geograficamente sia nel tempo.
La mostra al Centro Pecci, fino al 9 giugno 2024, con oltre 70 opere pittoriche, permette un excursus piacevolmente ascendente della carriera dell’artista, grazie ad un ottimo allestimento mediato perfino, tornando al paragone con Anderson, da un paio di scorci “cinematografici” che riempiono perfettamente gli spazi panoramici delle sale del museo.
Luca Sposato
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