La stagione fatata. L’infanzia raccontata in una mostra a Spoleto

Parte dal saggio scritto dal curatore Saverio Verini il percorso espositivo a Palazzo Collicola che racconta l’essere bambini e la traduzione dell’infanzia che gli artisti hanno dato

È passando tra due mostri sacri, Bands of Colors n. 95 (1971) di Sol Lewitt e Spoleto Circles (1972) di Richard Serra, parte della collezione permanente del museo, che si accede alle sale espositive al piano terra di Palazzo Collicola. Questo spazio, ancora in fase di cicatrizzazione dalle ferite inferte dal terremoto del 2016, fa rivivere al pubblico, con l’aiuto del direttore e curatore Saverio Verini, un’“Infinita Infanzia”. È questo il titolo della mostra che parte dal saggio di Verini “La Stagione Fatata”, edito da Castelvecchi nella collana Fuoriuscita, che racconta il potenziale inesauribile della stagione dell’infanzia e la traduzione che gli artisti ne hanno dato.

L’infanzia nella mostra a Spoleto

L’infanzia, spesso idealizzata come un’età̀ dell’oro, è qui rappresentata in tutta la sua complessità̀. Viene esplorata la tematica del gioco, che emerge come una lingua universale per scoprire la realtà̀, quella della scuola, campo di battaglia tra norma e disobbedienza, gli istinti, le pulsioni e i bisogni primari che mettono tanto in luce la natura più̀ selvaggia dell’uomo-bambino ma che spesso si traducono nella prima e più̀ pura esplorazione dei sensi e del corpo. Le diverse visioni degli artisti in mostra, pur provenendo da spazi e tempi anche molto diversi, trovano un raccordo nella comune interiorizzazione delle memorie infantili e nel confronto con la loro attuale condizione di adulti. 

namsal siedlecki group show 2014 2024 veduta dellinstallazione a palazzo collicola courtesy lartista e magazzino roma photo giuliano vaccai La stagione fatata. L’infanzia raccontata in una mostra a Spoleto
Namsal Siedlecki, Group Show, 2014-2024, veduta dell’installazione a Palazzo Collicola. Courtesy l’artista e Magazzino, Roma. Photo Giuliano Vaccai

L’infanzia nell’arte e secondo Collodi

Non solo sensazioni, ma anche immagini quasi archetipiche dell’infanzia come quella di Pinocchio, a cui è dedicata una stanza della mostra: un’icona, pienamente italiana e internazionale insieme, che incarna le molteplici tensioni e pulsioni dell’età̀ infantile. La storia scritta da Collodi nasconde, come tante altre narrazioni solo in apparenza destinate ad un pubblico giovane, un lato oscuro e complesso, un intricato intreccio di pericoli e tentazioni. Questa macabra oscurità̀ è spesso stata abbracciata da alcuni artisti che hanno esplorato proprio le zone d’ombra delle fiabe tradizionali rintracciando un mondo cupo, grottesco e amaro, che sovverte le aspettative dei racconti fiabeschi convenzionali. 

luca bertolo il fiore di anna 2 2019 veduta dellinstallazione a palazzo collicola courtesy lartista e spazioa pistoia photo giuliano vaccai La stagione fatata. L’infanzia raccontata in una mostra a Spoleto
Luca Bertolo, Il fiore di Anna #2, 2019, veduta dell’installazione a Palazzo Collicola. Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia. Photo Giuliano Vaccai

Le opere in mostra a Spoleto

È il caso di Lupus in Fabula (2005-2024), rilettura della celebre storia dei Fratelli Grimm Il lupo e i sette capretti dell’artista Myriam Laplante. La narrazione di Laplante parte dal momento culminante della storia quando il lupo, sazio dei sette capretti, giace a terra, apparentemente innocuo nel suo aspetto di fantoccio, permettendo all’osservatore di anticipare, anche solo immaginificamente, la mossa dell’eroe (che sarà̀ invece compiuta, in un secondo momento, dall’artista stessa mediante performance).I giocattoli, come le fiabe, nonostante il loro esser portatori di magia e fantasia, possono anche nascondere un lato tristemente malinconico e ingannatore. È il caso della serie CeMento (2019) di Elena Bellantoni, L’installazione consiste in oggetti apparentemente ludici e da spiaggia, come secchielli e gonfiabili, che essendo realizzati in cemento, vengono privati della loro leggerezza e del carattere giocoso. Quest’opera fa parte di una ricerca più ampia che considera il cemento come mesto simbolo della storia italiana recente, rappresentando sia l’immagine dello sviluppo economico del Paese che la distruzione di ambienti naturali e la speculazione edilizia.

Gli artisti della mostra Infanzia infinita a Spoleto

Capitolo dopo capitolo, sala dopo sala il tema dell’infanzia si dimostra incredibilmente flessibile e in grado di coniugare non soltanto media artistici differenti ma anche la letteratura e il cinema attraverso opere che fanno parte sia della collezione permanente di Palazzo Collicola, (Standing Mobile (1974) di Alexander Calder), ma anche prestiti o opere realizzate per l’occasione. È il caso di Autoritratto come Pinocchio (2024) di Marta Roberti, omaggio non convenzionale all’opera di Collodi realizzato appositamente per la mostra o Group Show (2014-2024) di Namsal Siedlecki, una serie di panetti di argilla cruda che, poggiati a terra, recano le tracce dei morsi del suo ideatore restituendo il più̀ semplice e istintivo dei gesti infantili.


Il concept della mostra Infanzia Infinita

L’infanzia, davvero infinita, lo diventa in opere come gli Early Works del duo Vedovamazzei (Stella Scala e Simone Crispino), reincarnazioni di opere rinascimentali viste da bambini e riprodotte in grande formato dagli artisti, che ne hanno conservato tutta l’espressività, comprese le “sgrammaticature”. Early Works (Raffaello all’età di 7 anni), 2021 è un’opera manifesto, inizio del percorso e che, irriverente, risulta visibile già attraverso le porte aperte della mostra. Quest’opera, come la mostra tutta, non solo ci introduce ad una riflessione profonda sul rapporto tra infanzia e storia dell’arte ma ci ricongiunge alla purezza di un’età̀ perduta suggerendoci che il tornar bambini spesso altro non è che la più̀ facile forma di resistenza alle convenzioni della vita adulta. 

Asia Simonetti

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