Ecco chi era l’artista Salvatore Scarpitta. Una mostra lo celebra a Roma

Un americano a Roma, Sal lo era veramente. Naturalizzato italiano, studiò in Italia e condivise lo studio con Cy Twombly in Via Margutta. Alla sua arte in movimento è dedicata una grande mostra nella Capitale

Incredibile ma vero. A Roma una retrospettiva dedicata a Salvatore Scarpitta (New York, 1919 – 2007) non c’era mai stata. Fortunatamente la galleria Mattia De Luca ha provveduto a colmare questa lacuna con ‘SAL’ una mostra che, in maniera chiara e coincisa, offre un’efficace panoramica della parabola artistica di questo autore che fu un precursore e un maestro per numerosi artisti italiani e internazionali.

La mostra dedicata a Scarpitta

Come ben mette in risalto l’esposizione romana, che abbraccia il periodo di maggior successo dell’artista, la carriera di Scarpitta si svolse tra Roma e New York , città che lo videro entrambe tra i protagonisti delle rispettive scene culturali in anni decisamente cruciali per la storia dell’arte.
Dopo l’infanzia e la giovinezza negli Stati Uniti, Scarpitta completò la sua formazione artistica in Italia, prima a Palermo e poi a Roma, nel 1940, dove la conoscenza di futuristi, come Pippo Rizzo, e del futurismo incontrò la sua già grande passione per la velocità, le corse in auto e gli sport estremi.

Salvatore Scarpitta, SAL, installation View at Galleria Michele De Luca, Roma, 2024. Photo D. Molajoli. Courtesy Galleria Mattia De Luca
Salvatore Scarpitta, SAL, installation View at Galleria Michele De Luca, Roma, 2024. Photo D. Molajoli. Courtesy Galleria Mattia De Luca

Le opere della mostra di Scarpitta da Mattia de Luca a Roma

A palazzo Albertoni Spinola, la mostra presenta un notevole corpus di opere bendate, realizzate tra il 1955 e 59, in concomitanza delle personali alle gallerie La Tartaruga di Roma e Leo Castelli di New York che, come scrisse lo stesso artista, ormai stanco della pittura, sono lavori “In cui ho letteralmente strappato la tela a olio. La tela a olio mi era diventata talmente ostile che per trovare una certa pace con me stesso ho dovuto strapparla e questi pezzi strappati li ho fatti diventare degli oggetti che chiamavo quadri.” Tali opere, sono testimonianze vive oltre che della vulcanica creatività di Scarpitta anche della sua capacità di stringere rapporti saldi e intensi con i protagonisti del mondo dell’arte, essendo per la maggior parte nati nell’ambito di un’amicizia alla quale poi sono dedicati. Nello specifico: Toga, 1958, è dedicata a Plinio de MartiisTo Cy, 1958, a Cy Twombly con cui condivise lo studio in via Margutta, e To Franz, 1959, a Franz Klein che ricordò sempre con affetto.

Gli amici di Scarpitta: da Cy Twombly a Klein

SAL prosegue con un focus sulla produzione americana di Scarpitta, in cui l’artista, per citare il testo critico di Luigi Sansone: “Oltre a sviluppare ulteriormente il tema delle fasce si orienta in quattro direzioni principali: la geometrica realizzazione di opere con la significativa struttura a X; l’innesto vitale di materiali provenienti dal mondo delle corse automobilistiche nei lavori con le fasce; la costruzione di auto da corsa; la realizzazione di slitte e di strutture da traino ispirate al mondo dei nativi americani.”
In particolare, per quanto riguarda gli XFrames, in cui l’artista gioca con l’idea di modulo propria del minimalismo, la galleria Mattia De Luca presenta Gunner’s mate, 1961, un unicum; in quanto unica opera del ciclo pervenuta intatta, dal momento che tutte erano concepite come lavori modulabili, componibili, ovvero costituiti da più elementi che ognuno poteva organizzare secondo le proprie velleità e che, per questo, furono per lo più smembrati e venduti in pezzi.
Sul crinale tra XFrames opere bendate si colloca Homage au bœuf écorché, 1961. 
Un omaggio al bue squartato di Rembrandt nonché implicito riferimento alla sua formazione classica, della quale riconobbe sempre l’importanza e l’imprescindibilità.

Salvatore Scarpitta, SAL, installation View at Galleria Michele De Luca, Roma, 2024. Photo D. Molajoli. Courtesy Galleria Mattia De Luca
Salvatore Scarpitta, SAL, installation View at Galleria Michele De Luca, Roma, 2024. Photo D. Molajoli. Courtesy Galleria Mattia De Luca

I maestri di Scarpitta

Lungo il corso della sua carriera artistica, Scarpitta sperimentò in moltissime direzioni, ragion per cui le opere esposte più che proporre soluzioni aprono una serie di domande, ad alcune delle quali furono altri artisti a rispondere. Come Senza Titolo 1958, dedicato a Bergman, in cui compaiono i primi tagli, elemento poi sviluppato da Lucio Fontana, artista con cui era in contatto, che acquistò un’opera di Scarpitta e a cui dedicò un lavoro. 
Senza Titolo 1957 Senza Titolo – To Cy 1958 e Dimensione, 1958, invece, si caratterizzano per le estroflessioni, realizzate con almeno un anno di anticipo su Bonalumi, con i cerchioni delle biciclette, smontati, torti ed inchiodati ai telai che, quindi imprimono sulla tela anche il riferimento alla velocità. 
Tovagliolo 1959, dedicato a Naride Menghi, nella cui osteria gli artisti romani erano soliti riunirsi; The Corn Queen, 1959 e Acolytes, 1960, sono opere in cui il colore fa un passo indietro lasciando che a parlare sia la tela bianca bendata, fanno pensare agli Achromone di Manzoni, con cui Scarpitta era in dialogo. 

Il rapporto con Leo Castelli e l’America

Nel complesso, i pezzi che rendono SAL una mostra iconica sono diversi, basti dire che tra le opere dedicate alle auto da corsa la galleria presenta eccezionalmente “Sal’s Red Hauler Special”, 1966/67, che Scarpitta dedicò a Jean Christophe, figlio di Leo Castelli; oltre alla più tarda installazione Incidente of castelli, 1987, che documenta la sua esperienza diretta sulle piste, su cui scese nel 1986 con un suo team – coronando il suo sogno di gioventù – grazie sostegno di Castelli; opera in cui si può ammirare anche un frame tratto dalle sue tarde sperimentazioni video.
Per la serie delle slitte, che sono una viva testimonianza della sua conoscenza ed interesse umana ed etnografica per i nativi americani, con cui strinse anche stretti rapporti di amicizia, SAL annovera Hill Canue, 1990. Lavoro particolarmente rappresentativo nel suo contenere diverse componenti fondamentali della poetica di Scarpitta. Dallo sci, emblema della sua passione per gli sport estremi e di velocità; al bastone con il serpente, metafora della leggenda di Mosè ma anche richiamo alle tradizioni degli indiani d’America, nonché al potere curativo dell’arte nel riferimento a Ippocrate; dalla scala di Giacobbe, rimando alla capacità degli stessi Indiani Navajo di lavorare agilmente ad altezze vertiginose; alla tela tirata della slitta, costruita con delle mazze da hockey. Ancora della serie slitte fanno parte Mr. Hyde e Mrs. Hyde, due opere concepite insieme ma poi separate che, con ironia, riprendono i concetti di maschile e femminile, ricorrenti nella pratica artistica di Scarpitta; così come i riferimenti alle altre arti, in questo caso la letteratura; agli sport e a precedenti correnti artistiche, qui il surrealismo, a cui rimandano sia per la sessualizzazione degli oggetti – i guantoni e le scarpe da box – sia nel ragionare per sineddoche, presentando la parte (gli oggetti allusivi a parti del corpi) per il tutto (il corpo maschile e femminile).
Nel percorso espositivo non mancano le opere arricchite con elementi provenienti dal mondo delle corse ed innestati direttamente sulle tele, come Over the Fence, 1962 e Race Roller 1963.
La mostra si conclude con un’ultima sala, contenuta per dimensioni ma smisurata per significato che, dedicata agli esordi romani di Scarpitta, ne mette in luce le capacità artistiche come pittore tradizionale con Bicicletta 1948 e ne sottolinea ulteriormente le doti relazionali grazie al corpus di materiali di archivio che troverà poi ancor più ampio spazio anche nel catalogo che verrà pubblicato a corredo della mostra.

Ludovica Palmieri

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri è nata a Napoli. Vive e lavora a Roma, dove ha conseguito il diploma di laurea magistrale con lode in Storia dell’Arte con un tesi sulla fortuna critica di Correggio nel Settecento presso la terza università. Subito dopo…

Scopri di più