Dal 5 al 7 giugno il MACRO – Museo dell’Arte Contemporanea di Roma ha ospitato Critical Fashion, progetto per mettere in luce il potenziale della sfera educativa nello sviluppo di una moda critica, utilizzando come mezzo di espressione opere curatoriali e artistiche all’avanguardia. Il convegno è diventato un territorio fertile per la discussione di pratiche sperimentali e concettuali di spicco, grazie alla curatela della storica dell’arte e curatrice Dobrila Denegri.
La moda critica al MACRO di Roma
Dal 2002 al 2008 Denegri ha curato numerose conferenze, incontri e mostre al MACRO, e oggi decide di tornare qui con un’idea che lei stessa definisce coraggiosa: “la moda critica è il titolo da me scelto per questo convegno. Più che una definita zona di studio e insieme di practices reali, rappresenta un campo in continua evoluzione. Dalla sostenibilità all’inclusività e alla considerazione di nuove tecnologie. Gli stessi partecipanti ai talk hanno offerto una loro definizione sul termine. Matthew Linde ha parlato di moda poco educata, una specie di moda che non si può dominare attraverso l’applicazione di regole”.
L’attivismo per una moda critica e distintiva
La curatrice ha riunito figure internazionali in un unico luogo per offrire nuovi punti di vista sulle modalità con cui approcciare la moda, attraverso il valore aggiunto dell’arte, le esperienze curatoriali e il sistema educativo. Durante l’organizzazione di questa conferenza, Denegri si è accorta dell’esistenza di una sorta di struttura rizomatica, come se tutte le discipline coinvolte lavorassero nelle loro aree senza connettersi tra di loro: “la sfida, quindi, è stata quella di riunire ognuna di esse qui a Roma, con l’obiettivo di districare questo groviglio di variegati approcci e formalizzazioni. Nell’ambiente educativo si tende molto ad assecondare progetti artistici estremamente concettuali, i quali però una volta fuori dagli schemi accademici non trovano piena accoglienza e valorizzazione a livello industriale”. Di conseguenza, tutto ciò che è interessante trova difficoltà a prosperare: “si è parlato di come queste pratiche possano essere sostenute, di come si possa cambiare l’approccio nelle scuole in loro favore attraverso nuove metodologie di insegnamento della moda, e infine di come contesti quali musei d’arte contemporanea possano diventare degli spazi di accoglienza e fioritura per la codificazione e lettura di queste pratiche. Lo stesso MACRO, attraverso il loro progetto di Immaginazione Preventiva, sta dimostrando come tutto questo sia possibile”.
Lo stilista Yuima Nakazato al convegno “Critical Fashion” al MACRO di Roma
Lo stilista giapponese Yuima Nakazato ha fatto vedere come nell’industria della moda ci siano figure che praticano questo approccio ad altissimi livelli e portano un cambiamento strutturale nel pensare e produrre moda, impegnandosi allo stesso tempo a dare spazio ai giovani. Insieme a un gruppo di sostenitori, sta creando una fondazione che mira ad aiutare coloro che escono dalle scuole a diventare i nuovi Alexander McQueen o Yohji Yamamoto, mediante un periodo di formazione e lancio verso la strada per il successo che conferisce un’identità da protagonisti e portatori del nuovo.
Il futuro della moda secondo Dobrila Denegri
I praticanti emergenti sono una forza che va sostenuta, perché in grado di muovere il sistema. Altrimenti, il rischio è di rimanere bloccati in meccanismi obsoleti e convenzionali: “è tutta una questione di cambiamento di paradigma, attitudine e mindset”, diceDobrila Denegri, “per me è stato più interessante ed emozionante vedere proprio questi giovani, parte integrante di questa idea di moda futura. Uno di loro ha detto che, attraverso le tipologie di programmi molto innovativi che spingono al di fuori dei soliti canoni, ha capito che un fashion designer non è colui che produce vestiti ma colui che dà vita a un nuovo paradigma del come dobbiamo affrontare il mondo anche attraverso i vestiti. C’è una grande differenza”. E in un momento in cui la finanza sembra appropriarsi della moda, “dobbiamo liberare i nostri spazi da una pressione economica che, seppur necessaria, non dovrebbe rappresentare il parametro primario durante il processo di creazione per non soffocare la libertà di esperimento ed espressione”. Ci sono molti paradossi. Si desidera l’innovazione, ma al momento del suo arrivo non si è sempre pronti ad accoglierla come dovuto.
Verso una moda critica. Il report del convegno al Macro di Roma
Per arrivare a una moda critica reale, un punto di vista internazionale e multilivello è fondamentale. Deve trattarsi di una sinergia di aree operative, da quelle culturali ed educative fino a quelle produttive: “questo è un progetto che voleva partire con la seguente citazione: ‘Experiments in Art and Technology (E.A.T)’. Per me ha rappresentato una delle più belle pagine dell’arte. Una grande industria americana di telecomunicazioni decise di aprire le porte ai creativi dell’epoca, unendo alcune delle figure che hanno determinato un cambiamento sostanziale dell’arte negli Anni ’60 e ’70. Billy Klüver fu l’ingegnere dietro questo progetto di collaborazione. Quindi mi sono chiesta, possiamo trovare un nuovo Billy Klüver nell’industria della moda? Finché non si accoglie una piena idea di collaborazione tra diversi tipi di intelligenza”, continuaDenegri, “si perde quello sguardo umanistico. In base alla mia esperienza, credo che le idee più progressive nell’educazione provengano dalla costruzione di team interdisciplinari. Non so se riusciremo a ottenere questo, ma l’intenzione è quella di creare una sorta di think tank basato sugli stessi principi di questo convegno, realizzando in vista del prossimo anno un progetto più grande e con maggior sostegno istituzionale”.
Giulia Bracaloni
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