Il grande Erbario Centrale Italiano di Firenze sarà tutto digitalizzato
Con oltre 2 milioni di campioni, quello conservato al Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze è il più grande erbario italiano e tra i più importanti al mondo. Ora, insieme ad altre collezioni italiane, sarà protetto e reso accessibile
Digitalizzare le più importanti collezioni naturalistiche italiane entro il 2025 per studiare la biodiversità, la sua storia e la sua evoluzione. È su progetto del primo centro italiano di ricerca sulla biodiversità, il National Biodiversity Future Center, che ha preso avvio un grande progetto di catalogazione digitale dell’Erbario Centrale Italiano, conservato al Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, e di altre raccolte affini, così da garantire loro un futuro.
L’Erbario Centrale Italiano come archivio della biodiversità
Funzionando un po’ come un “archivio della biodiversità”, le collezioni rappresentano una memoria secolare di ricerche ed esplorazioni e una grande risorsa per lo studio. Ora, con un finanziamento di quasi 7 milioni di euro per 4 milioni e 200mila campioni botanici complessivi, si punta a proteggere e promuovere questo tassello fondamentale del patrimonio naturalistico italiano raccogliendo tutti i dati e le informazioni – rappresentati da piante essiccate ma anche da etichette e documenti correlati – e caricandoli su un network di siti collegati con varie università europee.
Il patrimonio naturalistico italiano
L’Italia ha già avuto, secoli orsono, un ruolo da apripista in materia. È a Pisa che aprirono, nel 1543, il primo Orto botanico universitario al mondo e il primo erbario moderno, entrambi su scorta del medico Luca Ghini. Un momento cardine, che trasformò la botanica da disciplina “stampella” della medicina a scienza autonoma e prestigiosa. Quando nel 1842, su volontà del botanico siciliano Filippo Parlatore, aprì a Firenze l’Erbario Centrale Italiano, questo diventò in breve tempo un centro di primo piano per ricerche e scambi internazionali di campioni. Oggi l’Herbarium Centrale Italicum, per chiamarlo con il nome ufficiale, è il più grande erbario italiano ed è uno tra i più importanti al mondo. Da solo ospita oltre 2 milioni di campioni botanici “tra piante a seme (Erbario fanerogamico) e organismi privi di fiori e semi come muschi, felci, alghe, funghi e licheni (Erbario crittogamico), oltre a un vasto deposito che raccoglie centinaia di migliaia di campioni ancora poco o mai studiati”, ha detto ad AdnKronos Stefano Cannicci, responsabile scientifico del Nbfc per l’università fiorentina.
La digitalizzazione del patrimonio botanico italiano
Questa grande operazione, realizzata dall’università fiorentina insieme all’Università degli Studi di Padova e avviatasi con la catalogazione digitale delle “piante vascolari” (o tracheofite), è una delle più importanti realizzate dagli anni Duemila a oggi in ambito scientifico-naturalistico. Con un beneficio assai più ampio rispetto alla “sola” botanica: lo studio di queste piante, delle loro caratteristiche e della loro evoluzione permetterà infatti di studiare per tutta una serie di scienze comunicanti, come quelle mediche e climatiche. Con un risvolto storico interessante: rendendo accessibili i campioni, si andrà anche a divulgare la storia della loro raccolta e degli studiosi che li hanno collezionati. Si spazia da un giovane Charles Darwin alle pionieristiche scienziate sette-ottocentesche Elisabetta Fiorini Mazzanti, Silvia Zenari e Jeanne Baret, prima donna a fare il giro del mondo (vestita da uomo), e ancora dall’allievo prediletto di Linneo, Carl Thunberg, fino all’antropologo e scrittore Fosco Maraini.
Giulia Giaume
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