La terza edizione di Officina Malanotte. Una residenza creativa tra arte e vino in Veneto
Paolo Pretolani, Fabrizio Prevedello, Eleonora Rinaldi e Giorgia Severi sono i protagonisti di Officina Malanotte #3, la mostra-restituzione del periodo di residenza nella tenuta a Tezze di Piave che produce uno dei vini più famosi del Veneto
Come reagenti di una reazione chimico-artistica: così Daniele Capra, curatore della terza edizione di Officina Malanotte, descrive le varie realtà in gioco nella residenza artistica ospitata anche quest’anno dalla tenuta Bonotto Delle Tezze. Arte contemporanea, ricerca enologica e logiche del territorio sono le sostanze che prendono parte alla reazione e che, come veri reagenti chimici, si trasformano dando origine a qualcosa di nuovo.
La residenza Officina Malanotte a Tezze di Piave
Se è vero che affinché avvenga una reazione chimica sono necessarie precise condizioni, nel caso di Officina Malanotte i presupposti sono da individuare nel cuore del progetto. Mentre il suo nome deriva dal Borgo Malanotte, antico nucleo cittadino di Tezze di Piave, ai piedi delle colline del Trevigiano da cui proviene anche il Malanotte del Piave DOCG, tra i vini rossi più iconici del Veneto, l’idea della residenza artistica nasce per coniugare l’attitudine alla ricerca e alla sperimentazione che la famiglia Bonotto porta avanti da anni nella sua antica tradizione vitivinicola a conduzione familiare, con quella tipica del linguaggio artistico contemporaneo. Sebbene il piacere di sperimentare dell’arte e della cantina viaggino simultaneamente, bisogna guardarsi dal cadere nel semplice riferimento alla sempre più frequente connessione tra arte e vino. L’elemento decisivo di questa reazione, per rimanere fedeli alla metafora iniziale, è la sentita connessione con la comunità della Marca Trevigiana e il desiderio autentico di contribuire alla riattivazione culturale del territorio che nutrono Antonio Bonotto, titolare della tenuta insieme a sua moglie Vittoria, con i due figli già coinvolti nel lavoro in vigna e cantina.
La mostra della terza edizione di Officina Malanotte
Alla fine del percorso di arte e convivenza di quest’anno è stata realizzata una mostra in cui le opere concepite dagli artisti risultano disseminate nei diversi spazi della tenuta, dal grande capannone industriale al cortile cinquecentesco della cantina. Paolo Pretolani, Fabrizio Prevedello, Eleonora Rinaldi e Giorgia Severi sono gli artisti coinvolti, i reagenti alloctoni in dialogo con i luoghi, in grado di trasformare spazi familiari e rivelarne le infinite potenzialità, in un duplice modificarsi e contaminarsi secondo le diverse sensibilità espressive. Nel loro lavoro, gli artisti hanno tratto ispirazione sia dagli stimoli interni all’officina, sia dalle suggestioni dei luoghi storici e artistici circostanti, come Villa Maser, con i magnifici affreschi del Veronese, e la suggestiva Tomba Brion, capolavoro architettonico di Carlo Scarpa. Il risultato è sorprendente. Entrati nel cortile interno, si incontrano per primi i dipinti di Eleonora Rinaldi e Paolo Pretolani situati negli spazi dell’ex stalla e del vecchio negozio del materassaio.
L’anarchia del colore di Eleonora Rinaldi
La giovane e brillante Eleonora Rinaldi (Udine, 1994) concentra la sua ricerca sul disegno e sulla pittura su tela. Nell’uso e nella considerazione che l’artista fa dei colori, spesso combinati tra loro in maniera contrastante, con modalità libere e viscerali, si può facilmente leggere l’eco del sentimento primordiale che guidava la mano dei Fauves. Questa tensione anti-naturalistica e anarchica, però, ha obiettivi diversi e non rinuncia all’importanza del disegno e della composizione nello spazio pittorico, dando origine a lavori caratterizzati da una forte carica magica. Le opere realizzate in residenza si distinguono per la presenza del doppio, rappresentato sia attraverso due persone in stretta relazione, sia tramite la dimensione narcisistica dello specchio. Particolare in questo senso è l’interesse che l’artista ha sviluppato di recente per la duplicazione intesa come scoperta di sé in relazione all’alterità.
Il cielo nelle opere di Paolo Pretolani
Sebbene la pittura di Paolo Pretolani (Assisi, 1991) si distingue per una fascinazione verso il mondo animale, rappresentato in modo tanto surreale e bizzarro quanto lirico e delicato, questa volta è altro a catturare la sua attenzione. Il punto di partenza delle opere realizzate in residenza è il cielo e tutto ciò che accade nell’etere celeste: colori familiari delle pareti della stanza si mescolano sulla tavolozza e danno vita a tele in cui soggetti naturali si alternano a manufatti antropici. Così antenne per le telecomunicazioni e ali piumate di cherubini vengono accostate come una coppia di tavolette di un dittico medievale secondo un’iconografia straniante di immagini non risolte, in cui icone quotidiane e icone antiche si ibridano come passato e futuro. Il futuro di cui parla Paolo Pretolani ci appare già come qualcosa di romantico, secondo una particolare riflessione sul tempo che ha a che fare anche con la non-fissità delle sue opere.
Le sculture “brutaliste” di Fabrizio Prevedello
Anche le sculture di ispirazione scarpiana di Fabrizio Prevedello (Padova, 1972), caratterizzate dall’uso variegato e libero di materiali come marmo (spesso di recupero), metallo, cemento e gesso, hanno una storia di errabondaggi fuori e dentro la tenuta. Per Officina Malanotte, Fabrizio ha portato con sé Senza titolo (154), una scultura esposta per la prima volta a Bologna nel 2016 e poi posizionata in tre diversi punti dell’azienda: nel cortile, sulla quercia e, infine, sul muro della nuova cantina. Grazie all’uso di cemento a presa rapida che fissa la scultura alla superficie prescelta, gli effetti di questo peregrinare fanno sì che cresca e si evolva nella sua dimensione e costituzione ogni volta che viene collocata in un nuovo luogo. Anche Senza titolo (286) è una scultura frutto dell’aggregazione di materiali: si tratta di un tripode con piedi di gesso dal forte significato visivo e progettuale.
Il paesaggio nella pratica multidisciplinare di Giorgia Severi
Non lontano dallo spazio dello studio di Fabrizio Prevedello, sulla scala della cantina e nella sala di connessione tra la cantina vecchia e quella moderna, Giorgia Severi (Ravenna, 1984) presenta le sue opere. La pratica artistica di Giorgia Severi è radicata in un profondo interesse per tematiche ambientali, il paesaggio e le interazioni tra natura e presenza umana, che esplora attraverso diverse discipline, tra cui scultura, installazione, frottage, pittura e video. Durante il suo lavoro in residenza, Giorgia Severi porta avanti il suo lavoro sull’archiviazione di habitat e paesaggi che vanno scomparendo e sui loro lamenti cromatici, mettendo “per iscritto” la memoria paesaggistica della tenuta e distillandone i suoi tratti geografici, antropologici e familiari. Severi ha tinto vecchie lenzuola di cotone, fornite dalle famiglie di Tezze, utilizzando pigmenti estratti da elementi del paesaggio come fiori, cortecce e il vino prodotto dalla cantina Bonotto. Parallelamente, Severi ha realizzato un frottage della vecchia quercia, recentemente abbattuta a causa di un fulmine, testimoniando con il suo lavoro la memoria del paesaggio e della sua trasformazione.
Officina Malanotte: arte e territorio
Questa edizione di Officina Malanotte conferma dunque la missione delle precedenti, mostrando quale motore di rigenerazione sia l’arte contemporanea per il territorio. Attraverso la residenza artistica curata da Daniele Capra, gli artisti Paolo Pretolani, Fabrizio Prevedello, Eleonora Rinaldi e Giorgia Severi, come la vite dei vigneti Bonotto Delle Tezze, hanno tratto linfa dalla terra che li ha ospitati, facendo della loro produzione creativa una forma di restituzione culturale a tutta la comunità.
Caterina Rachele Rossi
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