Una nuova visione per la Pinacoteca Agnelli. Intervista a Sarah Cosulich.

L’Istituzione di Torino rilanciata nel 2022 offre un programma di mostre che integra la presenza della collezione permanente, creando un hub internazionale inclusivo e innovativo. Il reportage e l’intervista su Artribune

La Pinacoteca Agnelli è un’istituzione artistica dinamica, rilanciata nel 2022 con una nuova missione contemporanea. Il programma espositivo comprende mostre, installazioni all’aperto e progetti che coinvolgono la collezione permanente. In questa intervista, Sarah Cosulich, direttrice del museo, parla della visione per la nuova Pinacoteca Agnelli e di come sia diventata un hub internazionale. Racconta lo sviluppo di una nuova identità, nata da una riflessione sul contesto specifico dell’istituzione: da ex fabbrica automobilistica a centro culturale, attraverso un approccio partecipativo che attrae un pubblico diversificato.

Intervista alla direttrice della Pinacoteca Agnelli

Può spiegarci le linee progettuali del programma della Pinacoteca Agnelli?
Il nostro programma mira a portare una visione curatoriale organica attraverso tre diversi progetti che si svolgono in tre spazi diversi del museo: Beyond the Collection ha lo scopo di riattivare la nostra collezione permanente, che è il cuore dell’istituzione. Presenta capolavori del XVIII, XIX e XX Secolo, di artisti come Canova, Canaletto, Picasso, Manet, Modigliani e Matisse; le mostre temporanee sono dedicate ad artisti contemporanei pionieristici che, attraverso il loro lavoro, costruiscono collegamenti tra la storia dell’arte e il presente, anche in connessione con la specificità del Lingotto, l’ex fabbrica FIAT che ospita il nostro museo; Pista 500 è il progetto all’aperto sulla pista di collaudo automobilistica sul tetto. Presenta sculture e installazioni in dialogo con il paesaggio circostante e con l’architettura dell’edificio.

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Pinacoteca Agnelli Torino. Photo Federico Barbieri

In che modo contribuiscono a creare un’identità forte per l’istituzione?
Con il nuovo programma inaugurato nel 2022, abbiamo immaginato un centro dinamico per l’arte con un’identità precisa che rispetta la tradizione dell’istituzione, tenendo conto del contesto specifico del Lingotto, del suo patrimonio come sito di archeologia industriale e della storia che contiene. La produzione della fabbrica e il suo immaginario sono elementi fondamentali che ci guidano nello sviluppo di un programma espositivo sperimentale, aperto a un vasto pubblico.

Come è nata l’idea di trasformare la pista in una mostra all’aperto?
Quando il presidente Ginevra Elkann mi ha chiamato a ripensare il programma della Pinacoteca Agnelli, ho pensato che la storica pista di collaudo sul tetto del Lingotto – appena trasformata da FIAT in un giardino pensile – offrisse un’opportunità unica e irripetibile per l’arte. Insieme a Lucrezia Calabrò Visconti, capo curatore della Pinacoteca, abbiamo invitato importanti artisti internazionali che hanno reagito stabilendo connessioni con l’immaginario e le implicazioni di questo sito. Hanno proposto opere scultoree ma anche installazioni di luce, suono e video. Le loro opere sulla pista toccano temi rilevanti del presente e stimolano una riflessione interagendo con il pubblico in modi inaspettati. Da un circuito chiuso, Pista 500 è ora una strada aperta alla città dove l’arte è protagonista a 30 metri dal suolo con una vista incredibile sul paesaggio e sulla città.

La sua carriera ha spesso dato spazio a artiste donne. In che modo si manifesta questo impegno nelle scelte curatoriali?
L’ex fabbrica FIAT è un luogo che implica una forte presenza maschile, se pensiamo alle auto e alla produzione. Anche la narrazione della storia dell’arte è principalmente centrata sugli uomini, come notiamo guardando la collezione permanente della Pinacoteca Agnelli. Comprende capolavori di artisti, tutti uomini che – in questo caso – spesso ritraggono donne. Il programma dell’istituzione riflette il desiderio di riequilibrare questa narrazione. 

Mentre nei progetti espositivi della Pinacoteca Agnelli?
Per le nostre prime mostre, abbiamo presentato importanti artiste donne come Sylvie Fleury con un approccio pionieristico pop femminista. O Lee Lozano, un’artista rivoluzionaria americana attiva negli Anni ’60. Sulla Pista, Dominique Gonzalez-Foerster ha immaginato una carta da parati gigante per la curva parabolica che intreccia migliaia di immagini, include donne rivoluzionarie che hanno cambiato la storia, racconta i movimenti femministi e le lotte dei lavoratori insieme alla storia dell’arte, del cinema e dell’attivismo. Sul tetto presentiamo anche le doppie forbici di bronzo di VALIE EXPORT, che citano un’attività femminile parlando del corpo e dell’architettura attraverso un gesto violento e monumentale. O Louise Lawler, che nella sua installazione sonora imita il cinguettio di diversi uccelli pronunciando i nomi di importanti artisti contemporanei uomini.

Può parlarci delle motivazioni alla base di Beyond the Collection?
Il progetto dedicato alla riattivazione della collezione permanente origina ogni volta da un’opera diversa. Attraverso il coinvolgimento di artisti contemporanei o la collaborazione con altre prestigiose collezioni nazionali e internazionali, Beyond the Collection diventa un punto di partenza privilegiato per nuove narrazioni che possono leggere il patrimonio del museo attraverso temi contemporanei. L’obiettivo è anche sviluppare narrazioni che possano sfidare le interpretazioni tradizionali della storia dell’arte.

Come crede possa arricchire la comprensione della storia dell’arte e della storiografia?
Questi progetti espositivi diventano uno strumento critico per guardare al presente, come nel caso del progetto di Lucy McKenzie in dialogo con Canova, che propone una riflessione sulla costruzione di modelli e simboli, non solo nella statuaria classica, ma anche nella scultura decorativa e nelle vetrine. La mostra su Pablo Picasso e Dora Maar nel 2022 ha indagato le suggestioni reciproche tra i due artisti riportando alla luce Maar non solo come musa, ma come artista e fotografa poliedrica al culmine della sua carriera.

Quali iniziative future avete in mente per promuovere l’inclusività e coinvolgere un pubblico diversificato?
La nostra istituzione è aperta a diversi pubblici, da coloro che sono interessati all’arte storica a coloro che seguono l’arte contemporanea, l’architettura, l’archeologia industriale o anche gli appassionati di auto o botanica. La pista sul tetto con il suo nuovo giardino è stata trasformata da luogo produttivo a spazio da vivere insieme, un sito aperto a diverse discipline e sguardi. Alcune installazioni ci portano a guardare al presente da una prospettiva di inclusività, come l’insegna “Yes To All” di Sylvie Fleury, il neon installato sul tetto dell’istituzione. È un manifesto del nostro nuovo corso. I tavoli da ping pong di Rirkrit Tiravanija, ad esempio, mettono in discussione il concetto di appartenenza nazionale e stimolano la sperimentazione di nuove forme di socialità. L’obiettivo della Pinacoteca Agnelli è essere un luogo di condivisione e una destinazione a tutto tondo. Sviluppiamo mostre e contenuti, ma anche nuove iniziative dedicate ai giovani adulti, alle famiglie e alle scuole. O eventi come presentazioni e cinema all’aperto.

Alessia Caliendo

Intervista tratta da ARTRIBUNE HIGH Journal supported by HIGH
A cura di Alessia Caliendo
Photographer Federico Barbieri
Mua Sara Del Re
Photographer assistant Alba Quinones

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Alessia Caliendo

Alessia Caliendo

Alessia Caliendo è giornalista, producer e style e visual curator. Formatasi allo IED di Roma, si è poi trasferita a Londra per specializzarsi in Fashion Styling, Art Direction e Fashion Journalism alla Central Saint Martins. Ha al suo attivo numerose…

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