La storia di Peggy Kleiber, una “fotografa per caso” ora da riscoprire
15mila scatti che raccontano, tra le altre cose, una preziosissima Italia rurale. In occasione della mostra al Castello di Postignano, conosciamo meglio la fotografa svizzera Peggy Kleiber
Una donna normale, che ha fotografato tutta la sua vita per diletto, senza desiderio di fama né di successo. Quali soggetti? Familiari, amici, viaggi in un’Italia ancora rurale e autentica. Dopo molti anni, decide di pubblicare una selezione dei suoi scatti migliori in un libro, Rue Neuve 44. Cronaca della vita familiare 1963-1983, che regala esclusivamente ad amici e parenti.
I primi passi di Peggy Kleiber
Parliamo di Peggy Kleiber, nata nel 1940 a Moutier, un paesino della Svizzera francese in una famiglia numerosa, colta e stimolante. A diciannove anni s’iscrive all’Università di Ginevra per studiare letteratura, e nel 1961 si trasferisce ad Amburgo, dove frequenta una scuola di fotografia. Da allora la sua Leica M3 diventa una vera e propria compagna di vita, accompagnando Peggy in tutte le tappe della sua esistenza, tra poesia, musica, letteratura e insegnamento.
Peggy Kleiber e l’Italia
Dal 1958 Peggy comincia a viaggiare in tutta Europa, ma si dedica soprattutto al nostro Paese. Ritrae Roma negli Anni Sessanta con le piazze deserte all’ombra delle grandi basiliche, e poi esplora i paesini e le campagne in Umbria e in Toscana, sempre attenta a cogliere il dettaglio del quotidiano. Poi frequenta la Sicilia, dove incontra il sociologo e poeta Danilo Dolci, che aveva conosciuto in Svizzera. Ignora i templi e le chiese barocche di Agrigento o Palermo, ma rivolge la sua attenzione verso angoli più segreti e nascosti, come Aci Trezza, Partinico o Capo d’Orlando. “Se Roma, indubbiamente, rappresenta il vertice ineguagliabile della classicità, e quindi della Cultura” scrive Silvia Mazzucchelli “dove l’elemento umano può, e anzi deve, essere diluito nel paesaggio urbano, dall’altra parte, a contraltare, emerge un Sud mitico, selvatico perché non del tutto affrancatosi dallo stato di natura”. Ed a quel Sud che Peggy si interessa, sempre attenta a sottolineare il dato umano della fotografia, l’istante di un gesto, un’azione, un dialogo.
La fotografia secondo Peggy Kleiber
“Come in un diario, Kleiber annota i momenti degni di essere ricordati, un taccuino d’appunti presi con la fotocamera, per non dimenticare i luoghi visitati ed i volti delle persone incontrate” sottolinea Mazzucchelli. “Grazie al suo talento naturale, ignaro e diretto” aggiunge Arianna Catania “entriamo in punta dei piedi nelle sale d’attesa delle stazioni, nel brusio dei giochi dei bambini, nella delicatezza dei gesti familiari, respirando un’atmosfera che si rivela estremamente familiare”.
Gli ultimi anni di Peggy Kleiber
Dagli Anni Settanta, Peggy si dedica all’insegnamento, senza però abbandonare la sua passione. In quarant’anni ci ha lasciato 15mila scatti – catalogati e chiusi in due valigie – che dimostrano una seria e profonda cultura dell’immagine fotografica. Un archivio segreto riscoperto dalla sorella (dopo la morte di Peggy avvenuta nel 2015), e riordinato da Arianna Catania, curatrice – insieme a Lorenzo Pallini – della mostra Peggy Kleiber. Tutti i giorni della vita (fotografie 1959-1992), presentata nel 2023 al Museo di Roma in Trastevere: una selezione delle immagini è esposta al Castello di Postignano, nell’ambito della rassegna Un castello all’orizzonte, fino al 3 novembre 2024. “Con un delicato bianco e nero” conclude Catania “Peggy Kleiber traccia una geografia dei sentimenti che attraversa generazioni diverse, cogliendo lo straordinario nell’ordinario”. Come Vivien Mayer, anche Peggy Kleiber è uscita dall’oblio fortuitamente, ma la qualità delle sue opere documenta l’indubbio talento di questa “fotografa per caso”, degna di essere riscoperta.
Ludovico Pratesi
[lepuntateprecednti id=”i dimenticati dell’arte”]
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati