Derive eroiche, poetiche, drammatiche. La mostra di Pippo Patruno a Monopoli  

A un anno dalla sua scomparsa, la Biblioteca “La Rendella” di Monopoli dedica una mostra alla quarantennale attività di Pippo Patruno, artista che ha indagato la parola e l’accumulo con meticolosità

Un percorso di quaranta opere restituisce la produzione saliente di Pippo Patruno (Monopoli, 1955-2023) raccogliendo, a un anno dalla scomparsa, una quarantennale attività in cui si impose il suo efficace minimalismo pittorico.   

La mostra di Pippo Patruno a Monopoli  

La mostra Archivio sentimentale, ospitata nella Biblioteca “La Rendella” di Monopoli, curata da Carmelo Cipriani e Antonella Marino, prende avvio dai lavori affidati a elementi modulari di esperta fattura plastica. Da questa ricerca segnata dall’essenziale sviluppo grafico, Patruno muove verso acute speculazioni sul linguaggio, in particolare sulla parola, soggetto autonomo per tele e tavole, divenuta pura forma da trattare con gli strumenti propri della pittura.  Quindi, con ombreggiature reiterate in sequenziali attenuazioni tonali e sempre perimetrate da rigorosi impianti geometrici. Stessa meticolosità riservava a texture grafiche di lunghi elenchi di nomi scientifici, impaginati su fondi bianchi liberi di esondare dai bordi per indicare tassonomie infinite, impossibili da contenere o elencare.  

L’accumulo come pratica artistica  

Un sapere richiamato dal suo referente grafico, tra le trame di un bisogno esistenziale di ordinare il caos del vivente. Ma, anche, di connettere passato e futuro, senza la pittura questa volta, ma mediante installazioni nelle quali Patruno archiviava, raccoglieva, organizzava, in imballaggi e accumuli regolari, i materiali dell’arte, riviste, dépliant, ma anche il vinile di Woodstock, la prima edizione italiana del libretto rosso di Mao e foto varie, da Jan Palach a militari italiani durante le campagne d’Africa.   

Le “derive” di Pippo Patruno  

Sono le mie derive, eroiche, poetiche e drammatiche”, sosteneva, dalle quali otteneva collage trasferiti dall’originale cartaceo in stampe digitali, disturbate nella leggibilità da una parola perforata, centrale e attivatrice di ulteriori catene di significati. Affastellare reperti cartacei e documenti d’arte, nella sua ultima produzione, assecondava il proposito di spedire tali memorie verso un futuro “remoto”, segnato dunque dall’antinomia a lui cara, nella consapevolezza di tentare un’archiviazione inattuabile.  
 
Marilena Di Tursi  

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Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi, giornalista e critico d'arte del Corriere del Mezzogiorno / Corriere della Sera. Collabora con la rivista Segno arte contemporanea. All'interno del sistema dell'arte contemporanea locale e nazionale ha contribuito alla realizzazione di numerosi eventi espositivi, concentrandosi soprattutto…

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