Leandro Erlich / Armando Testa
Nelle sedi di San Gimignano due nuove mostre personali.
Comunicato stampa
ARMANDO TESTA
Lord Finger
Inaugurazione sabato 13 luglio 2024 via del Castello 11, dalle ore 16.00 alle ore 20.00
Fino al 18 agosto, da lunedì a domenica 10/13- 14/19
Galleria Continua è lieta di ospitare nei suoi spazi di San Gimignano la mostra di Armando Testa (1917-1992) dal titolo “Lord Finger”. Il titolo della mostra chiarisce da subito il forte interesse per quello che l’artista ha definito una splendida ed emozionante architettura: il dito.
L’esposizione raccoglie opere di diversa tipologia che coprono un arco temporale che va dalla fine degli anni ‘60 agli inizi degli anni ‘90. Fotografie, sculture, opere su carta e su tela, che declinano in tutte le sue infinite possibilità espressive il tema del dito. L’idea che ispira questa specifica produzione artistica è quella di “[…] prendere un oggetto dei più comuni e fargli succedere qualcosa, stravolgerlo in modo da toglierlo dalla sfera degli automatismi e ridargli vitalità”. Una provocazione e insieme una sfida creativa.
In occasione di un’intervista, alla domanda perché avesse scelto proprio il dito come soggetto delle sue opere, Armando Testa rispose: “Beh, se vogliamo restare nel banale, perché il dito è un elemento grafico che io ho usato tantissime volte, attaccato alla mano o staccato e a sé stante, in molti miei disegni pubblicitari. Ma, a ben vedere, la ragione è un'altra. Perché il dito per me ha anche dei valori simbolici, oltre che anatomici. Il dito serve a indicare, a precisare e anche a toccare. Il dito è una specie di corpo a sé nel соrро umano. Con le dita si possono fare delle bellissime figure, delle ombre, addirittura delle recite. E poi, se ci rifletti bene, l'idea del dito non è mica venuta a me per primo. Pensa a tutto il surrealismo, pensa a Man Ray, a Max Ernst”.
Pensiamo quindi alle fotografie che ritraggono il dito, con la bombetta, tra le macchine come un vigilantes o sorgere dalla terra come un germoglio, di chiare influenze dada e surrealista. Oppure alla scultura “Il tempo”, un albero bronzeo a forma di mano i cui rami sono rappresentati da mani di dimensioni sempre più piccole collegate le une con le altre a simboleggiare l’eterna relazione tra gli essere umani e la costante ricerca di dialogo. La serie de “Il cerchio si stringe” gioca invece sull’incontro tra il pollice e l’indice, che danno vita a una cornice dalle dimensioni variabili, veritabile spazio vivo nella tela e buco di osservazione privilegiato.
Spesso protagoniste sono il pollice e l'indice: “Al medio succedono troppe poche cose. Mentre il pollice è autorevole, robusto, un commendatore. E l'indice è avventuroso nella sua forma e sempre coinvolto in tutto”, dichiara l’artista.
Talvolta giganti, talvolta serrate in un pugno, altre volte abbracciate in danze di ben dichiarata matissiana memoria, o antropomorficizzate in una parte per il tutto che le trasforma in corpi umani, ed ancora sgranate in un finto procedimento fotografico o graffittate bianco su nero, le dita di Armando Testa si declinano e si animano in plurime forme dando vita a un ritratto a tutto tondo del genere umano.
Armando Testa (Torino 1917-1992) ha lasciato un segno indelebile nella storia della cultura visiva contemporanea. Ca’ Pesaro, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, la cui collezione permanente conta ormai 17 sue opere, gli rende omaggio con una mostra monografica che ripercorre la sua carriera, sempre a cavallo tra arte e pubblicità. Armando Testa inizia a lavorare giovanissimo, a soli 13 anni. La sera frequenta la scuola tipografica Giuseppe Vigliardi Paravia, dove viene colpito dall’insegnamento di Ezio D’Errico, che lo inizia alla pittura astratta.
Nel 1937, a soli vent’anni, vince il suo primo concorso con la preparazione di un manifesto dal disegno geometrico ed essenziale, per l’azienda milanese di colori e inchiostri tipografici da stampa ICI. Nel 1946 fonda a Torino lo Studio Testa, e ottiene i primi incarichi da importanti committenti come Pirelli, Borsalino, Carpano e Martini & Rossi. All’inizio degli anni Cinquanta dirige la scuola di pubblicità grafica in Piazza Vittorio Veneto a Torino, dove tra i suoi allievi spicca Michelangelo Pistoletto. Tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70, Testa crea immagini e animazioni filmate che entreranno a far parte dell’immaginario collettivo italiano e della storia della pubblicità. Dal manifesto per il Digestivo Antonetto (1960) al Punt e Mes (1960), arrivando ai manifesti realizzati per marchi come San Pellegrino (1979) o Simmenthal (1963). Gli anni ‘60 sono quelli dei caroselli: indimenticabili i personaggi creati per la Lavazza, Paulista, Caballero e Carmencita (1965), così come gli sferici abitanti del Pianeta Papalla per la Philco (1966) o l’ippopotamo blu della Lines (1966), fino alle bionde visioni della birra Peroni (1968), solo per citarne alcuni. Testa si dedica anche all’ideazione di manifesti per eventi e istituzioni culturali come il Festival dei Due Mondi di Spoleto (1984) o il Teatro Regio di Torino (1989) oltre ai manifesti realizzati per campagne sociali, come quelli per Amnesty International (1979) o la Croce Rossa (1981). Realizza anche i loghi per enti come il Salone del Libro, il Festival Cinema Giovani di Torino e il Castello di Rivoli.
Accanto alla sua produzione cartellonistica, si dedica ad ironiche e giocose ricerche fotografiche sul cibo, sugli animali e sulle dita, spaziando ed esplorando diversi linguaggi e materiali, ma tenendo sempre fede all’essenzialità. La pittura, la sua vera passione e fonte d’ispirazione, non lo abbandona mai, ed lì che si esprime libero da vincoli commerciali e tematici.
Numerosi i riconoscimenti in Italia e all’estero, solo per citarne alcuni: dal 1965 al 1971, è invitato a tenere la cattedra di Disegno e Composizione della Stampa presso il Politecnico di Torino, e nel 1968 riceve la Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione per il suo contributo all’Arte Visiva, mentre nel 1989 diviene “Honor Laureate” presso la Colorado State University di Fort Collins. Nel 1978 lo Studio Testa diventa l’Armando Testa S.p.A., e la società apre diverse sedi in tutto il mondo. Istituzioni italiane e straniere dedicano ad Armando Testa esposizioni che ne esplorano l’attività artistica, e tra le mostre a lui dedicate dopo la sua scomparsa, ricordiamo: Palazzo Strozzi a Firenze nel 1993, Museo di Rivoli e Castel Sant’Elmo nel 2001, MART nel 2017, i Musei Reali - Sale Chiablese a Torino nel 2018. Le sue opere sono presenti in alcune importanti raccolte museali, come il MoMA di New York, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, il Museo d'Israele di Gerusalemme, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell'Università di Parma, e in molte altre. A Torino, dove l’artista è morto il 20 marzo 1992, è stata inaugurata in piazza XVIII Dicembre la scultura pubblica Sintesi ‘59.
LEANDRO ERLICH
“Un volo notturno dietro una finestra murata”
Inaugurazione sabato 13 luglio 2024 via Arco dei Becci 1, dalle ore 16.00 alle ore 20.00
Fino al 18 agosto, da lunedì a domenica 10/13- 14/19
Galleria Continua ha il piacere di ospitare nello spazio dell’Arco dei Becci di San Gimignano la personale dell’artista argentino Leandro Erlich dal titolo “Un volo notturno dietro una finestra murata”. Nel testo critico sulla mostra Nicolas Ballario scrive: “mi fa pensare che Leandro Erlich non abbia alcuna intenzione di rinunciare alla tensione del volo, ma che allo stesso tempo voglia scippare alla violenza questa possibilità e dunque riesce nell’ossimoro di riportare il cielo nel regno della terra. È una magia che riesce solo all’arte e Erlich ci invita a rinunciare a ogni istanza di certezza.”
Enfant prodige dell’arte contemporanea, Erlich espone per la prima volta all’età di diciotto anni al Centro Cultural Recoleta di Buenos Aires. Nel 2018, dopo una laurea in filosofia, partecipa a una residenza artistica al Museum of Fine Arts di Houston, Texas, dove concepisce due delle sue opere più celebri: “Swimming Pool” e “Living Room”. La consacrazione a livello internazionale avviene nel 2016 quando prende parte alla 49° Biennale di Venezia in rappresentanza dell’Argentina. Da allora si sono susseguite mostre personali in tutto il mondo, tra queste la grande retrospettiva al Palazzo Reale di Milano nel 2023.
Erlich si muove con estrema agilità tra linguaggi diversi, non solo installazioni, ma anche sculture, video e persino pittura, “mi piace pensare senza confini”. Afferma. “Ogni medium dovrebbe rimanere, appunto, un medium, non un obiettivo. Tutto ciò che mi permette di esprimere al meglio la natura di un’idea o che favorisce l’incontro con il pubblico è lo strumento adatto per realizzare l’opera. Penso che sia questo il motivo della natura multidisciplinare del mio lavoro”.
I dispositivi visivi, estetici e partecipativi creati da Leandro Erlich paiono sempre porre la verità e la realtà al limite estremo del loro stesso ambiguo paradosso ma, attraverso il loro dinamico e intimo eclettismo formale e strutturale, ritrovano un senso nella loro risorsa più forte: attivare quei nuovi ed imprevisti processi connessi ad una diversa osservazione di cose o situazioni abituali. Questa prospettiva rimanda a luoghi, storie, memorie, aspirazioni, desideri avvicendandoli in un ripensamento, criticamente complessivo, dell'apparenza. L’intenzione dichiarata è quella di consentire all’osservatore di passare dalla contemplazione alla partecipazione in una continua interpretazione di senso.
Erlich si serve di alcuni elementi ricorrenti per costruire le proprie opere. In questa mostra: la finestra di una casa, gli oblò di un aereo, piuttosto che piccole e impalpabili nuvole intrappolate in teche di vetro. Realizzate attraverso la sovrapposizione di una serie di lastre di vetro su ciascuna delle quali è riportata una stampa digitale ad inchiostro ceramico, “The Clouds”, sono tra le opere più poetiche e iconiche dell’artista. “Quelle nuvole in teca ci suggeriscono che “ per un po’ ” può essere meglio di “ per sempre “: le nuvole sono appunto il contrario della società umana, perché a differenza nostra non cercano stabilità e appena si accorgono di essere diventate riconoscibili cambiano aspetto, si dividono, si spostano per diventare cornici e confini. Erlich quindi scansa l’idea della performance a ogni costo e mette sotto vetro un simbolo della contraddizione e lo fa in maniera illogica e irrazionale, non dando risposte e anzi ponendo domande e instaurando dubbi, lontano da ogni forma di certezza e di autoritarismo (…)”, afferma Nicolas Ballario.
“Night Flight” cattura la veduta di un paesaggio notturno dall’oblò di un aereo in volo. “Questa di Erlich è una mostra aerea”, dichiara Ballario. “Lo vediamo da quel finestrino dal quale si può scorgere un paesaggio notturno. E tanto più sento parlare di Erlich come artista delle illusioni, quanto più mi convinco invece che le sue siano realtà, individuali e quotidiane. Certo c’è un contrasto, forse addirittura un conflitto perché siamo convinti di volare con i piedi ben piantati a terra, ma la verità è che finalmente quelle immagini viste dal finestrino non sono semplicemente una tratta aerea, ma la rappresentazione vivente dello spazio che ci troviamo a condividere con gli altri, sono patrimonio di tutte le persone che nel momento della visita sono in galleria, o fuori per i vicoli di San Gimignano e del mondo”.
Leandro Erlich gioca con la percezione delle cose; agendo sul ribaltamento delle nostre conoscenze ci insegna a guardare oltre i perimetri imposti come nel caso di “Blind Window”, una finestra murata sospesa a mezz’aria. Nel testo di Ballario si legge: “(…) chiude una finestra, ma per la prima volta una serie di mattoni impilati non costruisce un muro, anzi lo abbatte. Smonta i confini e allarga il nostro sguardo, riuscendo nell’impresa onirica di un’architettura che anziché proteggere espone. È una nuova concezione del mondo, anzi un nuovo mondo che ricorda il barone rampante di Calvino, l’adolescente che a dodici anni sale su un albero deciso a non scendere più, e in quella fuga racconta al mondo una nuova civiltà possibile. Senza sovrastrutture, dove la voglia di prevaricare, di essere protagonisti e di performare a ogni costo è sostituita dal desiderio di volare”.
Leandro Erlich è nato in Argentina nel 1973. Vive e lavora a Buenos Aires e Montevideo. Le sue opere pubbliche includono: “La Democracia del Símbolo”, un intervento congiunto presso il monumento dell'Obelisco e il Museo MALBA che nel 2015 affascina la città di Buenos Aires; “Maison Fond” che celebra la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a Parigi (Nuit Blanche, 2015), opera tutt’ora in mostra permanente alla Gare du Nord; “Bâtiment”, una delle sue più celebri installazioni, realizzata per Nuit Blanche (Parigi 2004) poi riprodotta nei paesi di tutto il mondo (Francia, Regno Unito, Australia, Giappone, Argentina, Ucraina, Austria); “Ball Game” commissionata nel 2018 dal CIO per commemorare le Olimpiadi estive della gioventù a Buenos Aires; “Port of Reflections” esposto al MMCA (Seoul, Corea, 2014), al MUNTREF (Buenos Aires, 2016) e al Neuberger Museum of Art (New York, 2017); “Palimpsest” in mostra permanente alla Triennale d'arte Echigo-Tsumari (Kinare, Giappone, 2018).
Erlich ha ricevuto numerosi premi, tra cui: The Roy Neuberger Exhibition Award (New York, 2017), la Nomination per il Prix Marcel Duchamp (Parigi, 2006), l'UNESCO Award (Istanbul, 2001), El Premio Leonardo (Museo Nacional de Bellas Artes , Buenos Aires, 2000), el Fondo Nacional de las Artes (Buenos Aires, 1992).
Il suo lavoro è stato esposto in numerose mostre personali: El Museo del Barrio, New York (2001); MACRO Museo d'Arte Contemporanea di Roma (2006); Centre D'art Saint Nazaire, Francia (2005); PS1 MoMA, NY (2008); MOLAA, Long Beach (2010); Barbican Centre, Londra (2013); 21st Century Museum of Contemporary Art, Kanazawa, Giappone (2014); MMCA, Seoul, Corea (2014); MALBA, Buenos Aires (2015); ZKM, Germania (2015); Fundación Telefónica, Madrid, Spagna (2017); Neuberger Museum of Art, New York (2017); MORI Art Museum, Tokyo (2017/2018); HOW Art Museum, Shanghai (2018); MALBA, Buenos Aires, Argentina (2019); CAFAM, Pechino, Cina (2019); KAMU, Kanazawa, Giappone (2020); Voorlinden Museum, Olanda (2020); The Sea World Cultural Center, Shenzhen, Cina (2021); MFAH The Museum of Fine Arts, Houston, USA (2023); Palazzo Reale, Milano (2023), per citarne alcune.
Tra le mostre collettive ricordiamo: Nuit Blanche de Paris (2004); Palais de Tokyo, Parigi (2006); Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Spagna (2008); Fundación PROA, Buenos Aires (2009, 2013); Centre Georges Pompidou, Parigi (2011); Centquatre, Parigi (2011); MOT, Tokyo (2013); Shanghai Art Festival (2013); Spiral Garden, Tokyo (2017); Maison de l'Amérique Latine, Parigi (2018); Power Station of Art, Shanghai (2018). Tra le numerose biennali a cui ha preso parte: Biennale Mercosur (1997); 7° Biennale dell'Avana (2000); 7° Biennale di Istanbul (2001); 3° Biennale di Shanghai (2002); 1° Biennale di Busan, Corea (2002); 26° Biennale di San Paolo (2004); Biennale di Venezia (2001/2005); Triennale d'arte Echigo-Tsumari, Giappone (2006/2018); Palais de Tokyo, Parigi (2006); Biennale di Liverpool (2008); Biennale di Singapore (2008); 2° Biennale di Montevideo, Uruguay (2014); XIII° Bienal de Cuenca (2016); Bienal Sur, Buenos Aires (2017); Triennale di Echigo-Tsumari, Giappone (2018); Triennale di Setouchi, Giappone (2019); 1° Biennale Internazionale di Jinan, Cina (2020); Biennale di Bangkok, Tailandia (2020); Biennale di Chengdu, Cina (2021); Biennale di Macau, Macao (2021); Samoca Bienal Sur, Arabia Saudita (2023);
Il lavoro di Erlich è presente in molte collezioni private e pubbliche, tra cui: The Museum of Modern Art, Buenos Aires; Il Museum of Fine Arts, Houston; Tate Modern, Londra; Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Parigi; 21st Century Museum of Art Kanazawa, Giappone; MACRO, Roma; Il Museo di Gerusalemme; FNAC, Francia; Ville de Paris et SCNF, Gare du Nord, Francia, Towada Art Center, Giappone.