Decolonizzazione e arte contemporanea. Se ne parla in una grande mostra a Vienna 

Dall’Africa all’India passando per il Medio Oriente e l’Europa, al MUMOK di Vienna un percorso all’insegna della rilettura artistica del Sud Globale da un punto di vista decoloniale

Il Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig Wien (MUMOK), ospita Avant-Garde and Liberation. Contemporary Art and Decolonial Modernism, una mostra di riflessione sul ruolo che le avanguardie non europee hanno avuto nel processo di decolonizzazione. Oltre venticinque artisti dall’Asia meridionale, dall’Africa, dall’Europa e dall’America, attraverso una molteplicità di linguaggi (pittura, fotografia, installazione, video, tessuto), spiegano i loro legami con l’arte del Sud Globale contro le attuali forme di razzismo, fondamentalismo e neocolonialismo. 

Il modernismo decoloniale in mostra a Vienna 

La saldatura fra vecchi e nuovi movimenti di liberazione passa anche per l’impegno degli artisti, la cui voce è stata importante per risvegliare la coscienza civile dei popoli colonizzati, ma anche per portare all’attenzione di quella occidentale vergogne sociali quali lo sfruttamento o il razzismo. La mostra mette in primo piano le spinte liberatrici, cioè i movimenti e i protagonisti del modernismo decoloniale che vengono invocati ancora oggi quando si tratta di combattere le attuali minacce alla libertà, alla dignità personale e alla giustizia. I riferimenti artistici al modernismo decoloniale abbracciano un periodo che va dagli albori del XX Secolo agli Anni Settanta, e aprono ampie e interessanti finestre sull’ancora poco conosciuta arte africana, asiatica e nordamericana del Novecento, ricca di riferimenti alla letteratura, alla poesia e ai movimenti di resistenza civile. 
La maggior parte delle opere è di grande formato, ma le scelte di allestimento le pongono all’adeguata distanza l’una dall’altra permettendo ai visitatori di apprezzarne ogni singolo dettaglio, aiutati anche dalla sobrietà degli spazi, completamente “white cube”. 

Moffat Takadiwa, The Occupation of Land, 2019. Courtesy of the artist and Nicodim Gallery, Los AngelesBucharest. Photo Lee Tyler Thompson
Moffat Takadiwa, The Occupation of Land, 2019. Courtesy of the artist and Nicodim Gallery, Los AngelesBucharest. Photo Lee Tyler Thompson

Dall’India agli USA, fra poesia e attivismo 

In termini geografici, la mostra attraversa uno spettro che va dall’Asia meridionale al Medio Oriente, dall’Africa alle Americhe, spesso seguendo il punto di vista dei vari movimenti artistici e civili ormai storicizzati. Ad esempio, in India, il misticismo, la ricerca di Dio e la contemplazione della natura che caratterizzano la poesia il pensiero di Rabindranath Tagore sono oggi parte integrante nella creatività di artisti contemporanei quali Vivan Sundaram e Atul Dodiya, insieme alla scultura radicale di Ramkinkar Baij, risalente agli Anni Trenta del Novecento, e all’arte di resistenza non violenta ispirata all’azione di Gandhi. Negli Stati Uniti, in risposta al razzismo sistemico e alla violenza contro la comunità nera, artisti afroamericani come Fahamu Pecou, ​​Leslie Hewitt e Cauleen Smith stanno recuperando l’eredità dell’Harlem Renaissance, del Panafricanismo e dell’era del Black Power; ad esempio, Sojourner di Cauleen Smith attraversa gli Stati Uniti per visitare una serie di siti importanti per una narrazione alternativa e creativa della storia nera. Sebbene l’approccio possa apparire spirituale, è più futuristico (afrofuturismo e jazz radicale) che religioso. Elemento chiave del film è la radio, dalla quale scaturiscono parole di critica, ispirazione e filosofia che fungono da voce narrante e creano momenti di ascolto condiviso in varie scene. 

L’identità contemporanea africana nella mostra al MUMOK 

In Nord Africa, artisti come Mohamed Bourouissa e Yto Barrada stanno rileggendo le idee di teorici anticoloniali come Frantz Fanon (nato nella Martinica francese da una famiglia di schiavi africani) che teorizzò la nascita di una nuova società svincolata dai concetti di razza e di classe sociale, così come l’opera scultorea dell’artista libanese Saloua Raouda Choucair. Allo stesso modo, nell’Africa subsahariana, Omar Ba e Moffat Takadiwa stanno riscoprendo intellettuali anticoloniali come Cheikh Anta Diop e musicisti come Thomas Mapfumo, i cui progetti rappresentavano la liberazione africana negli anni Sessanta, proprio come l’architettura d’avanguardia contemporanea di Accra o Abidjan, della quale Jojo Gronostay propone una rilettura. Serge Attukwei Clottey si rifà alla prima generazione di fotografi africani in studio come Seydou Keïta e Malick Sidibé in Mali, ed è interessato al modo in cui gli africani rappresentano se stessi, sia nei social media di oggi, da cui spesso trae i suoi motivi, sia nell’era della decolonizzazione delle società africane dopo la metà del XX Secolo. Mentre l’artista affronta questioni di ecologia e distribuzione delle risorse, nonché la circolazione di merci, rifiuti e opere d’arte nelle sue opere Afrogallonist, create riciclando i contenitori di plastica gialla comunemente usati in Ghana, i suoi dipinti ruotano attorno all’idea dell’identità e delle mode nella cultura visiva africana. 

Il legame tra passato e presente 

Mantenere un saldo collegamento con le radici storiche è un’esigenza vitale per gli artisti del cosiddetto “Sud del mondo”, e ciò corrisponde alla missione fondamentale di qualsiasi museo. Il MUMOK si pone come istituzione culturale dove affrontare e discutere questioni di emarginazione ed esclusione attraverso l’arte e le sue radici storico-sociali. Come ha scritto Walter Benjamin, la sequenza degli eventi storici non può essere raccontata semplicemente mettendoli in fila, “come fossero i grani di un rosario”; le epoche devono invece essere poste in correlazione l’una con l’altra, in modo da ricostruire le cause, gli effetti, e le saldature fra l’una e l’altra. La mostra Avant-Garde and Liberation va appunto nella direzione di creare un percorso artistico, storico e politico che affronta pagine troppo a lungo rimaste incollate nell’ideale libro della storia del Novecento, pagine con le quali le coscienze occidentali devono ancora finire di fare i conti. Una mostra fra arte, storia, sociologia e spiritualità, per raccontare il cammino di popoli che hanno già percorso molta strada e sono intenzionati a percorrerne altrettanta. 

Niccolò Lucarelli 

Vienna // fino al 22 settembre 2024 
Avant-garde and Liberation. Contemporary Art and Decolonial Modernism 
MUMOK  
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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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