L’umanità nell’era contemporanea. Ecco come è andata la Biennale Danza 2024
Con il titolo 'We Humans' la rassengna internazionale di danza contemporanea a Venezia giunge alla sua 18esima edizione, e propone un cartellone interamente dedicato al concetto di umanità
L’edizione 2024 della Biennale Danza di Venezia mira a indagare l’umanità, sia concettualmente che in relazione ai tragici eventi contemporanei. Nel ricco palinsesto di eventi curati dal coreografo Wayne McGregor spiccano mostre dedicate alle artiste che hanno scritto la storia della danza e spettacoli dai vocabolari diversi, passando dall’empatica formalità all’intelligenza artificiale, dalla tradizione afro e orientale a performance dove l’arte visiva prevale sul movimento.
Biennale Danza 2024. Il Leone d’Oro Cristina Caprioli
Cà Giustinian ospita fino al 3 agosto la mostra Iconoclasts – Donne che infrangono le regole alla Biennale Danza, curata da Wayne McGregor assieme a Elisa Guzzo Vaccarino. Questi, attingendo dall’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia, hanno tracciato un appassionato excursus su quelle coreografe, danzatrici, autrici che, ospiti a Venezia, hanno contribuito a ridefinire i canoni dell’arte della danza, passando da Isadora Duncan al Leone d’Oro 2024, la coreografa e danzatrice italiana (ma da anni residente in Svezia) Cristina Caprioli.
Un talento multiforme il suo, come testimonia l’installazione Flat Haze, ospitata in una delle Sale d’Armi dell’Arsenale di Venezia: due fasce, poste ad altezze diverse, di sottilissimi fili semi-trasparenti, resi cangianti dalla luce che proviene dall’esterno. Durante la giornata questa iridescente installazione diviene spazio performativo: al mattino la prima a danzare è la stessa Caprioli, di nero vestita, mentre una collega, sul fondo, pronuncia un testo riguardante il significato della danza, per poi unirsi alla coreografa in un duetto complice e divertito. I movimenti morbidi e sinuosi alludono a un’esplorazione mossa, quasi animalesca, dello spazio i cui limiti costringono a ridefinire i confini del proprio corpo.
La qualità di artista visiva di Cristina Caprioli è evidente anche nell’assolo Deadlock, di cui è ideatrice non solo dei movimenti ma dello spazio scenico (dominato dall’oscurità e delimitato, in alto, da flessuose strutture curvilinee) e del video in bianco e nero proiettato sulla struttura. Creato per la danzatrice Louise Dahl, algida e precisissima eppure ipnoticamente fascinosa, Deadlock è uno spettacolo concentrato e accuratissimo, in cui la precisione del dettaglio e la (quasi) scientifica esecuzione dei movimenti non allontanano il pubblico ma, al contrario, lo immergono in un microcosmo fra realtà e sogno, fra vita reale e vita immaginaria.
Alan Lucien Øyen alla Biennale Danza 2024
Scrittore, regista e coreografo norvegese, Alan Lucien Øyen ha creato per la coppia di danzatori Mirai Moriyama e Daniel Proietto uno spettacolo che s’interroga sulle possibili vite cui abbiamo rinunciato. L’affiatamento dei due danzatori contraddistingue la performance che pecca per la sovrabbondanza di parole (un testo composito che rimanda a svariate storie e situazioni), di riferimenti e di segni (come le coperte termiche e le svariate maschere antropomorfe), quasi che l’autore non abbia saputo realizzare una sintesi del lavoro in collaborazione con i due performer.
Sankofa Danzafro e Nicole Seifer alla Biennale Danza di Venezia
Fondata nel 1997 dal coreografo e danzatore Rafael Palacios, Sankofa Danzafro è una compagnia colombiana che unisce l’intento di esplorare e preservare il patrimonio culturale della comunità afro-colombiana con la volontà di confrontarsi con tematiche contemporanee. Il loro energico e incalzante spettacolo è un omaggio all’opera più nota del romanziere colombiano Manuel Zapata Olivella, incentrata proprio sulla diaspora africana in Sud America.
Accompagnati in scena da alcuni musicisti, i generosi interpreti ripropongono in momenti corali, alternati ad assoli, rituali propri della religione Yoruba. Una tradizione atavica preservata e rinnovata, mentre sul futuro riflette Human in the Loop, ideato dalla coreografa svizzera Nicole Seifer. Un quadrato delimitato da una linea bianca e due danzatori, Clara Delorme e Gabriel Obergfell, in uno spettacolo creato da una coreografa in carne e ossa e dall’Intelligenza Artificiale. Un lavoro che è una sorta di riflessione pratica sul futuro dell’arte della danza, e non solo. Cosa distingue la coreografia disegnata da un umano da quella generata dall’A.I.? Quali sono le differenze fra un danzatore umano e un cyborg? Quest’ultimo possiede davvero maggiore libertà come a un certo punto viene affermato? Seifer pone domande tutt’altro che peregrine, tentando una proiezione neanche così distopica di cosa potrebbe essere il futuro prossimo.
La prima produzione solista di Shiro Takatani alla Biennale Danza 2024
Il giapponese Shiro Takatani, co-fondatore del collettivo artistico Dumb Type con cui già fu ospite alla Biennale Arte, porta a Biennale Danza la sua prima produzione solista con protagonista la performer Miyu Hosol. Non una coreografia vera e propria bensì una raffinatissima installazione performativa di poco più di un’ora. Un piano inclinato sul quale sono sparsi sassi chiari, un tavolo sul quale viene versato del riso a comporre, poi, varie immagini ma su cui vengono sfogliati antichi volumi di cartografia.
Tavolo che, capovolto e sollevato, diviene schermo per immaginifiche visioni ma anche per immagini tragicamente reali. Ci sono, ancora, una scala variamente movimentata e usata, lastre metalliche rettangolari e una sfera dorata che rotea al centro del palcoscenico. Una performance sostanzialmente estranea a quella tradizionalmente considerata come danza, e nondimeno costruita secondo quell’accurata analisi e consapevolezza dello spazio che definisce il lavoro del coreografo.
I coreografi di Biennale College
Come ogni anno, Biennale Danza offre l’opportunità ai talenti emergenti della coreografia di sviluppare un progetto, mettendolo in scena con i giovani danzatori selezionati per il College loro destinato. I selezionati per questa edizione sono stati Javier Ara Sauco ed Enrique López Flores del duo spagnolo Recuerdo Número 7 e la coreografa canadese Dorotea Saykaly. E se più convenzionale ci è parso il lavoro dei primi, intitolato This was meant to find you, più interessante ci è parso Lethe – a search for the waters of oblivion, installazione che lentamente si trasforma in performance che coinvolge il pubblico a rivedere (e inventare) una modalità di fruizione dello spettacolo.
Laura Bevione
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