Appena fuori dalla medina di Marrakech, in Marocco, c’è un luogo tra il favoloso e l’onirico che da cento anni fa sognare il mondo. È il Jardin Majorelle, un rigoglioso (e silenzioso) giardino di cactus cinto da basse mura, al cui interno sorge un piccolo edificio di un vivissimo blu dalle linee cubiste. Raccogliendo l’eredità dei giardini moreschi e arabi, e facendola incontrare con un’architettura Art Déco – e un controllo quasi maniacale, tutto europeo –, il labirintico giardino deve il suo nome a un artista francese nato a fine Ottocento, che vi si dedicò per tutta la vita.
La nascita del Jardin Majorelle di Marrakech
Sviluppatosi su una superficie di novemila metri quadri, il Jardin Majorelle è stato creato su progetto del pittore orientalista francese Jacques Majorelle (Nancy, 1886 – Parigi, 1962), figlio del celebre ebanista Art Nouveau Louis Majorelle. L’artista comprò il terreno in lotti progressivi, commissionando negli Anni Trenta una villa all’architetto Paul Sinoir – poi dipinta di un blu cobalto oggi noto come “blu Majorelle” – e concentrandosi principalmente sul giardino. Majorelle creò qui, nel corso di quarant’anni, un “laboratorio botanico” dove piantò numerosi esemplari di piante esotiche da tutto il mondo, con particolare attenzione ai cactus.
Il Jardin Majorelle, Yves Saint Laurent e Pierre Bergé
Caduto in disgrazia dopo la morte dell’artista, anche per via della costosa manutenzione, il giardino fu acquistato nel 1980 dal designer Yves Saint Laurent (che ha qui un suo memoriale) e dall’industriale francese Pierre Bergé, che decisero di trasferirsi nella residenza al centro dello spazio, ribattezzandola Villa Oasis. “Per molti anni, il Jardin Majorelle è stato per me una fonte infinita di ispirazione e ho spesso sognato i suoi colori unici”, commentò Saint Laurent, di cui è anche possibile visitare a Marrakech il grande museo progettato dallo Studio KO e aperto nel 2017.
Il Jardin Majorelle oggi: il turismo e il Museo Berbero
Punto tra i più turistici della città, da prenotare con anticipo e solo in un preciso slot orario, il Jardin Majorelle è oggi una location molto apprezzata come spazio living (anche grazie a servizi come il caffè e la boutique) e culturale. E non solo per la bellezza intrinseca e un po’ straniante del giardino, che pure sembra aver poco a che fare con l’identità della grande città marocchina che si estende al di fuori. All’interno della Villa Oasis è infatti ospitata una collezione di opere di Majorelle e un Museo Berbero, inaugurato nel 2011 all’interno dell’ex studio del pittore (al posto del vecchio Museo di Arte Islamica). Qui sono conservati oltre seicento manufatti raccolti dai due milionari francesi tra le comunità berbere (o amazigh) marocchine, distribuite tra le montagne del Rif, l’Oceano Atlantico e il Sahara. Il museo cattura, in quattro sezioni arricchite da materiali audiovisivi, brandelli della straordinaria creatività della popolazione amazigh, nativa del Nord Africa e ancora oggi attiva parte dell’identità locale: la lingua berbera è infatti ufficiale in tutto il Paese, e, nonostante l’impatto coloniale dell’egemonia araba, da una ventina d’anni è tornata a essere insegnata a scuola.
Giulia Giaume
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