Come si progetta per i bambini? Intervista a Irene Guerrieri sul design per l’infanzia
In occasione della pubblicazione del suo nuovo libro “Designing Educational Toys & Spaces”, parliamo con l’esperta di design per l’infanzia, Irene Guerrieri, del ruolo del progettista in ambito educativo
Architetta tra i maggiori esperti di progettazione di giochi e spazi per i bambini in Italia, Irene Guerrieri ci racconta come una “buona progettazione” possa favorire una nuova forma di educazione e stimolare la creatività nei più piccoli.
Intervista a Irene Guerrieri
Come è nato il tuo ultimo libro “Designing Educational Toys & Spaces” e qual è il concetto al centro di questo lavoro?
Il progetto nasce dall’incontro con figure professionali del settore del design educativo e rappresentative di quanto ci si sta muovendo concettualmente, in termini globali, rispetto a queste tematiche. Negli Anni Novanta ebbi la fortuna di conoscere e incontrare Bruno Munari, che ha lasciato un segno indelebile in quello che poi è stato il mio sviluppo professionale; dopo aver approfondito lo studio di diverse figure storiche a me care, tra educatori e progettisti, mi sono avvicinata, durante gli ultimi anni, a Cas Holman, Rosan Bosch e Rasu Watanabe, che mi hanno affascinato per il loro modo di pensare e di concepire il progetto di materiali e spazi destinati ai bambini. È stato un dialogo di confronto e di profondo arricchimento.
Filo conduttore di tutto il mio libro è il concetto che il bambino è felice solo quando produce qualcosa da solo, e che un bravo educatore, come un bravo progettista, deve “muoversi alla periferia”, mettendogli a disposizione “le cose” che gli servono per invitarlo a progettare in autonomia, trovare soluzioni che sviluppino la creatività e stimolino l’immaginazione, costruire il suo gioco ed il suo habitat, scegliendo dove stare e cosa fare.
Chi è il “bravo progettista” per i bambini?
Dietro ogni oggetto destinato all’infanzia c’è un progettista che si immerge nel mondo percettivo dei bambini, che non si limita a ridurre nella taglia prodotti nati per adulti, ma piuttosto crea materiali che tengano conto delle loro reali esigenze, che li aiutano a crescere, ad acquisire autonomia e a trovare soddisfazione nell’utilizzo. Questa visione idilliaca del progettista per bambini non corrisponde sempre alla realtà, così che l’industria del giocattolo troppo spesso si limita a miniaturizzare modelli adulti (automobiline, casette, bambole…) molto sofisticati e completi in tutti i dettagli, che non lasciano spazio all’immaginazione e all’apporto creativo personale.
Quale strada si dovrebbe seguire allora?
Il designer che si rivolge all’infanzia deve partire da un dialogo interiore con il proprio “io bambino”, dall’ascolto delle sue esigenze, per riattivare quella capacità innata nei più piccoli di mettere in relazione i dati acquisiti dall’osservazione del mondo in modo fantasioso e divertente.
Il pensiero montessoriano, che affonda le sue radici nel metodo scientifico, si basa soprattutto sull’umile e attenta osservazione del bambino nel suo agire quotidiano e su un’accurata raccolta e analisi dei dati che emergono da questa osservazione, metodologia di lavoro che assomiglia molto a quella del bird watching, e che potremmo quindi definire una sorta di child watching, che si traduce nell’acquisizione di informazioni preziose per l’elaborazione di nuovi prodotti a “misura di bambino”.
Quali caratteristiche deve assolutamente avere un oggetto destinato all’infanzia?
Il gioco è sicuramente uno dei momenti di apprendimento e di formazione più importanti nella crescita di ogni bambino. Nulla è più serio del gioco, sostiene Munari, ed è infatti questa la strada attraverso la quale i bambini conoscono sé stessi, la realtà circostante e perfino i concetti astratti. Questo presupposto deve accompagnare ogni buon progetto per l’infanzia sia che si tratti di giocattoli, di arredi, di accessori o di abbigliamento. Tutti i prodotti ideati per i bambini, se lasciano spazio a fantasia, movimento e immaginazione, contribuiscono sensibilmente alla loro educazione, stimolando lo sviluppo cognitivo e sociale. Da qui, l’importanza di proporre oggetti il più possibile “aperti”, che permettano il completamento “progettuale” da parte del bambino stesso.
Portando l’attività ludica anche al di fuori del gioco in sé…
Anche negli oggetti per il nutrimento, ad esempio, si può implementare questo aspetto: una posata a cui normalmente associamo l’unica funzione di imboccare, può diventare un oggetto creativo che trasforma il momento del pasto in un’attività ludica di soddisfazione. Un oggetto “aperto” è un prodotto capace di stimolare creatività e inventiva, che lascia aperte possibilità di utilizzo invitando alla scoperta e al problem solving attraverso l’esplorazione. Contrariamente a un oggetto “chiuso”, l’oggetto “aperto” non propone un’unica soluzione di impiego, ma si appella alla creatività di chi lo sta maneggiando.
Quali sono gli elementi chiave da considerare nel design di spazi per bambini? Hai esempi di spazi educativi ben progettati che hai descritto nel libro?
Gli elementi chiave da tenere conto nella progettazione sono: apertura, interazione, immaginazione e gioco. Un importante contributo per quanto riguarda il design contemporaneo di spazi per l’infanzia è quello di Rosan Bosch, a cui va attribuita la progettazione di molte scuole, ormai distribuite un po’ in tutto il mondo, con un nuovo concetto di spazio legato all’educazione. Il suo approccio non tradizionale alla progettazione degli ambienti scolastici si basa sul principio che gli spazi debbano comunicare in un’area aperta e condivisa, mescolando arte, architettura e gioco.
In che modo?
Gli ambienti di Rosan Bosch stimolano il pensiero innovativo e l’apprendimento, ponendosi in contrasto agli spazi scolastici convenzionali. Le aule vengono sostituite da grandi spazi aperti che favoriscono l’interazione e il lavoro di gruppo, in cui arredi simili a grandi giocattoli fungono da divisori che supportano la flessibilità nell’apprendimento e le attività creative degli studenti. Il lavoro individuale non è escluso dal processo di apprendimento ma è calato in una visione in cui sono centrali lo scambio e la partecipazione globale.
Nel tuo libro presenti anche l’innovativo lavoro di Rasu Watanabe, puoi spiegarci in cosa consiste?
Rasu Watanabe porta con sé la sua esperienza spaziale legata al terremoto del 2011 in Giappone, da cui ha maturato il concetto di un “gioco di architettura” per bambini legato al tema della trasformazione. Rasu ha studiato un sistema ecologico per educare i bambini attraverso esperienze spaziali trasformabili, utilizzando pochi e semplicissimi elementi di base, legati ai concetti di linea e punto, così cari ad ogni architetto. Attraverso il suo Cacapo invita il bambino a progettare il proprio spazio in cooperazione e condivisione con i suoi coetanei, alimentando spirito immaginativo e attitudine alla trasformazione: ogni spazio è modificabile seguendo le esigenze di crescita individuale. Rasu vuole comunicarci, nel suo prodotto, che l’esperienza spaziale fa parte della vita di ogni uomo, e che, sviluppare autonomia e immaginazione fin da bambini nella costruzione di uno spazio, risponde ai desideri di un’attività ludica tanto divertente e creativa quanto di crescita e apprendimento, soprattutto se condivisa e realizzata in cooperazione.
Come possono i progettisti integrare al meglio i principi della buona progettazione nelle loro pratiche quotidiane?
Ci sono alcuni criteri, sia concreti che astratti a cui ogni progettista e buon educatore deve fare riferimento. Tra questi sono da considerare: la soddisfazione, il piacere, l’autonomia, lo sviluppo, l’esplorazione, l’apprendimento, la giocabilità, il divertimento, la leggerezza, la praticità, la facilità, la sostenibilità. Quest’ultimo aspetto, la sostenibilità del prodotto, è uno dei temi centrali del design contemporaneo, sia negli oggetti per adulti sia in quelli dedicati ai bambini. La scelta di materiali riciclati e/o riciclabili e la selezione di prodotti che possano avere un lungo ciclo di vita sono ormai considerate grandi punti di forza in ogni progetto, in quanto contribuiscono a educare i bambini fin da piccoli al tema della sostenibilità e a limitare l’impatto sull’ambiente.
Chi dovrebbe leggere questo libro?
Consiglio vivamente la lettura di questo libro a tutti i progettisti e i creativi, nonché agli educatori e i pedagogisti, con il fine di riflettere su quanto si può ancora fare e proporre in termini di progettazione di giochi e spazi, per migliorare un pochino i nostri modi di vivere partendo proprio dall’educazione.
Alessia Di Clemente
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