L’artista-regista iraniana Maryam Tafakory tra cesura e censura al festival di Locarno

Ripensare un’intimità rivoluzionaria e un erotismo politico fatto di repressione e dissimulazione nel cinema iraniano post-rivoluzionario grazie al film “Razeh-del” in concorso al Locarno Film Festival

L’assai attuale selezione del film Razeh-del (“cuore segreto”) dell’artista e regista iraniana Maryam Tafakory (1987) ai Pardi di Domani 2024, Concorso Internazionale al Locarno Film Festival, è ragione e pretesto, soluzione antispreco di necessità e pratiche, mai pensate edulcorate, né tantomeno compiute. Un’esistenza in variazione periodica tra Shiraz e Londra – quella di Tafakory – finanche in principio diasporica, la cui prassi artistica – lontana da un fatto puramente autobiografico e solipsistico – opera collage testuali e filmici, intersecando poesia, documentario, materiale d’archivio e ritrovato, in una commistione di lingua farsi e testo dattiloscritto inglese.

Maryam Tafakory, Razeh-del
Maryam Tafakory, Razeh-del

Il film “Razeh-del” di Maryam Tafakory

Un montaggio compulsivo segue una pratica dissimulatrice in cui corpi, gestualità, interstizi mutilati femminili restituiscono soggettività e invisibilità al cinema iraniano post-rivoluzionario, interrogando la rappresentazione come entità, diversivo e cesura; un contro-archivio femminista radicale, laddove il tatto è uno degli espedienti tramite cui Tafakory riconfigura il binomio divieto-desiderio sotto regime teocratico.

Il film “Razeh-del” di Maryam Tafakory. I temi

La sinossi del sopramenzionato film Razeh-del, spunto ma non epicentro, vede due studentesse nell’Iran del ’98 inviare una lettera al primo giornale femminile iraniano, la cui attesa, antecedente alla pubblicazione, accompagna il pensiero delle protagoniste di girare un film impossibile.  Se intoccabili sono i corpi e puntuale la nemesi, impossibilità del desiderio e illusione di una morale inaggirabile crepano, invece, l’intoccabilità di un patriarcato teocratico che ha fatto dell’oggetto primo della parafilia voyeuristica, il corpo femminile, il portatore di piaghe sociali o, al contrario, di ideologie fondamentaliste.
Investigare la potenza e l’urgenza di un erotismo politico, di una intimità rivoluzionaria, diventa non soltanto quesito e proposta per una crittoanalisi poetica fatta di substrati, afflati, decostruzioni e interferenze dove la censura del capitale resta prerogativa dell’Occidente, contrariamente a quella del pensiero; bensì suolo predisposto a proliferazione di dispositivi coloniali.

Maryam Tafakory, Irani Bag
Maryam Tafakory, Irani Bag

Il film “Razeh-del” di Maryam Tafakory. Cosa resta

In quel che si è obbligati a tacere e non a confessare, laddove il potere normalizzante dei regimi discorsivi offusca la natura sociale del desiderio, l’innocenza di un oggetto di uso comune, una borsa (Irani bag), permette a l’incapacità di queste mani concrete (F. Farrokhzad), di toccare senza toccare, sfiorando il divieto e la carne. Riconoscere nel capitalismo estrattivista un sicario comune, constatare la frattura incorsa fra contratto sociale e contratto sessuale, è atto estraneo alla distrazione e alla connivenza. Rovesciare il re-padre è un crimine, ma un crimine è anche la sua restaurazione.  Così, mentre la redenzione annulla sé stessa, la colpa si costerna della propria insussistenza.

Mariacristina Lattarulo

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