La ruggine del tempo nella mostra di Beatrice Gelmetti a Venezia

L’artista trasforma la ruggine in una metafora visiva del tempo. La sua mostra a Venezia esplora la tensione tra memoria e progresso, sfidando le nostre percezioni

Nel cuore di Venezia, la Marina Bastianello Gallery ospita un progetto che indaga il tempo e la memoria. La personale di Beatrice Gelmetti, dal titolo evocativo La ruggine non dorme mai, invita lo spettatore a riflettere sul passaggio inesorabile del tempo e sulla nostra capacità di resistere alla stagnazione.
In un’era di rapidi cambiamenti come la nostra, Beatrice Gelmetti ci pone di fronte a interrogativi profondi sul ruolo della memoria. Come la ruggine che lentamente ma inesorabilmente trasforma il metallo, il tempo altera la nostra percezione del passato e del futuro ma è proprio in questo processo di erosione che l’artista trova spunti per una riflessione sulla continuità e sul rinnovamento.

La ruggine nel tempo dell’arte

Gli antichi greci avevano due termini differenti per indicare il tempo: Kronos e Kairos, il tempo lineare e quello opportuno. Mentre Kronos, il tempo inesorabile, lascia la sua impronta rugginosa su ogni superficie, Kairos, il momento propizio, emerge come un bagliore dorato tra le scaglie ossidate, ricordandoci che anche nella decadenza si celano istanti di trasformazione e rinascita. Gelmetti sfrutta il processo di ossidazione, facendo suo il modo con cui questo agente di cambiamento altera non solo la materia, ma anche la nostra percezione di essa. La ruggine, spesso vista come segno di deterioramento, viene eletta a simbolo della persistenza delle cose e quindi un mezzo per indagare la trasformazione e la rinascita. L’artista traccia così un parallelo affascinante tra l’inevitabilità della ruggine e l’accumularsi delle esperienze umane. Come la ruggine modifica gli oggetti metallici, così le nostre esperienze si stratificano, alterando la nostra identità e plasmando la nostra memoria. E così la stratificazione sottile e misurata delle pennellate di Gelmetti suggerisce un processo di costruzione e decostruzione. 
Attraverso le sue opere, l’artista invita infatti lo spettatore a riflettere su come il tempo ci segni, ci trasformi, lasciando tracce visibili e invisibili. La ruggine, nella sua pratica artistica, è la vulnerabilità al passaggio del tempo, ma anche della bellezza che può emergere dal cambiamento. 

Beatrice Gelmetti, La Ruggine non muore mai, installation view at Marina Bastianello Gallery, Venezia, 2024
Beatrice Gelmetti, La Ruggine non muore mai, installation view at Marina Bastianello Gallery, Venezia, 2024

La mostra secondo il curatore Francesco Liggieri

Come spiega il curatore della mostra Francesco Liggieri, “La ruggine diventa una manifestazione visiva del concetto di “tempo che lascia traccia”, assimilabile alla filosofia di Henri Bergson che vede il tempo come un flusso continuo piuttosto che una serie di momenti distinti. Inoltre, le sue opere esplorano l’idea di “memoria involontaria” di Marcel Proust, in cui i ricordi emergono inaspettatamente attraverso stimoli sensoriali. Vogliamo “sfidare” gli spettatori a confrontarsi con la natura impermanente del ricordo, incoraggiandoli a riflettere su come il passato influenzi il presente e il futuro”. La mostra, che si svolge dal 10 settembre al 9 novembre 2024, affronta anche il tema dell’obsolescenza evidenziando come gli oggetti, così come le idee, siano soggetti al decadimento e al superamento. “La ruggine è un simbolo di “obsolescenza materiale” ma Gelmetti espande questo concetto anche a livello concettuale, esplorando come le ideologie e le tradizioni possano diventare obsolete in un mondo in costante evoluzione nel bene e nel male)”, precisa il curatore.

Le opere di Gelmetti in mostra

Le opere in mostra si muovono tra due poli: momenti di intima riflessione (“acustica”) ed esplosioni di energia dinamica (“elettrica”). Questa dualità rispecchia non solo il percorso creativo dell’artista, ma anche la natura stessa della memoria – a volte quieta e contemplativa, altre volte dirompente e trasformativa. Gelmetti ci invita a esplorare il concetto di “ruggine” non come mero deterioramento, ma come processo di trasformazione. Le sue opere diventano ponti tra passato e futuro, interrogandoci sul ruolo delle generazioni precedenti e delle figure che plasmano il nostro presente.
La divisione degli spazi in realtà nasce da necessità pratiche, impiegare al meglio gli spazi della Marina Bastianello gallery: “abbiamo deciso di trasformare le due parti in sezione “acustica” ed “elettrica” perché l’ispirazione del concept è nata dall’omonimo album di Neil Young del 1979, Rust Never Sleeps”, come precisa il curatore Liggieri. Questo riflette anche le diverse dinamiche della società contemporanea, caratterizzata da una continua tensione tra “tradizione e modernità”.

Gelmetti, la riflessione sull’esistenza umana

In un mondo sempre più veloce e digitalizzato, la mostra ci ricorda l’importanza di fermarci a riflettere sulle tracce che il tempo lascia su di noi e intorno a noi. Come la ruggine che rivela la storia di un oggetto, le nostre esperienze e memorie formano strati su strati, creando una patina unica e irripetibile.  
Credo che la riflessione sulla resistenza umana”, come precisa Liggieri, “nasca dal mettere in evidenza la capacità dell’individuo di adattarsi e persistere nonostante le sfide poste dal tempo e dal cambiamento. La ruggine, nel suo duplice ruolo di distruzione e conservazione, simboleggia la resistenza dell’uomo di fronte all’inevitabile decadimento”.
In un’epoca in cui l’effimero sembra dominare, questa mostra ci invita a considerare ciò che resta, ciò che resiste al tempo. Non per nostalgia, ma per trovare nuove strade verso il futuro, ancorate alla profondità della nostra esperienza collettiva.

Lucia Antista

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Lucia Antista

Lucia Antista

Laureata in Filologia moderna, vive a Milano, occupandosi di arte, fotografia e teatro per Libreriamo. Giornalista pubblicista, al limite della grafomania, collabora con varie testate e quando può scrive sul suo blog Luce fu.

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