Principi di Persia
Negli ultimi anni, l’arte contemporanea iraniana ha attratto l’attenzione di molte gallerie e case d’asta. Si tratta infatti di un settore ricco di artisti attivi sia sul territorio sia all’estero e che combinano tradizione e modernità, riuscendo in tal modo a solleticare un ampio ventaglio di “gusti”.
Questa estate l’Iran ha avuto la sua prima asta d’arte contemporanea a Teheran, che ha registrato un grandissimo successo con i 73 lotti venduti e un totale di $ 1,7 milioni, attirando sia il pubblico locale che numerosi collezionisti internazionali. L’asta era stata organizzata da Alireza Sami Azar, ex direttore del Museo d’Arte Contemporanea di Teheran, in collaborazione con Christie’s e il suo dipartimento mediorientale. In catalogo, opere di artisti affermati ed emergenti, che non hanno suscitato reazioni da parte della censura. Sì, perché purtroppo anche le arti sono soggette a regole da parte delle autorità: ad esempio, sono assolutamente vietati i nudi. Ma le arti visive vengono considerate dallo Stato un settore con un’audience ristretta e quindi meno vincolata di altri settori, come il cinema.
La prima asta che ha coinvolto l’arte dell’Iran è stata quella di Christie’s, che nel 2006 ha inaugurato la sua sede di Dubai, permettendo agli artisti di integrarsi con il mercato internazionale. Le cifre a sei zeri non sono sconosciute per gli iraniani: nel 2008 Parviz Tanavoli con l’opera The Wall (oh, Persepolis) ha raggiunto i $ 2,5 milioni e detiene ancora oggi il record per gli artisti mediorientali.
Nel comparto del contemporaneo son da tener d’occhio, oltre all’acclamata Shirin Neshat, Farhad Moshiri, la quale si fregia del record d’asta per un artista iraniano contemporaneo ($ 175.000) e lavora con importanti gallerie, tra cui Perrotin di Parigi; e Afshin Pirhashemi, che nel 2011 ha raggiunto i $ 130.000 da Christie’s Dubai per l’opera Heading towards New York, il miglior risultato per un artista persiano under 40.
Le opere degli artisti residenti in Iran incontrano ancora numerosi ostacoli per entrare nel mercato internazionale. Secondo le normative, in seguito alla Rivoluzione Islamica, i beni e i servizi di origine iraniana non possono essere importati negli Stati Uniti. Inoltre, le banche statunitensi non possono trasferire denaro alle banche iraniane. Tutto ciò costringe gli artisti a non risiedere più nel proprio Paese di origine. Lunga è ancora la strada per sviluppare un collezionismo internazionale di arte iraniana, sostenuto attualmente dal mercato di Dubai, che riesce a fare da ponte verso l’esterno.
Martina Gambillara
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #10
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